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L’emarginazione del padre e le baby-gang:

le responsabilità di tribunali e servizi sociali


C’è grande preoccupazione per il fenomeno delle baby-gang, in continuo incremento, poiché una grossa fetta della realtà giovanile è fuori controllo e mette a rischio la sicurezza dei cittadini. Tante sono le analisi e le soluzioni proposte dalla intellighenzia socio-psicologica sostenuta dal consenso politico, che, con poche idee e scarsa cultura giovanile, non ha proposto nulla di veramente serio per risolvere il problema. Ci sono stati tanti espedienti che lasciano il tempo che trovano e il fenomeno, nel frattempo, aumenta e diventa sempre più incontrollabile.

Gli esperti, salatamente pagati con i soldi pubblici per farci ripetere il solito “ovvio”, per spiegare il fenomeno, scomodano, ancora una volta, la scuola e invocano pene più severe, dimenticando che qualsiasi soluzione deve passare, prima di tutto, per la famiglia e che con le manette non si educa. Di questo triste e preoccupante fenomeno giovanile la famiglia ne è la principale responsabile, perché, di fatto, ha rinunciato al proprio ruolo educativo nei confronti dei figli, delegando, in sua sostituzione, la strada, i luoghi di aggregazione e la scuola, che a tutto dovrebbe dare risposta e, in genere, non fa più cultura e formazione nei giovani. La scuola, poi, in molti casi, è in balìa di improvvisatori culturali, scientifici e ad educatori con teorie stravaganti e, spesso, anche improvvisate per coprire la mancanza di professionalità, sia come educatori che come istruttori professionali.

La famiglia, in nome delle libertà dei genitori e poco attenta ai doveri genitoriali, ritiene che i figli, anche quando sono ancora adolescenti, siano in grado di autogestire, senza riferimenti culturali ed affettivi, la propria libertà e la propria esperienza di vita da adolescenti allo sbando. I figli sono sfuggiti ai genitori, poiché in loro non ritrovano un punto di riferimento per muoversi in un mondo in cui, di principi solidi e rispettosi della persona, non ce ne sono molti.

E’ venuta meno anche l’autorevolezza carismatica del padre, in nome di una cultura di genere, che rivendica, giustamente, pari ruoli sociali tra donna ed uomo che, però, ha finito per svuotare la figura paterna di quella funzione di riferimento etico e di quel ruolo educativo che proponeva (garantiva) ai figli regole comportamentali e che vigilava sulla loro crescita.

E’ mancata, dunque, una diversa comune gestione delle genitorialità, lasciando il pericoloso vuoto dell’autoritarismo carismatica del padre, emarginato nella vita dei figli, senza offrire loro un diverso approccio alla vita, che non può essere offerto dal nuovo partner, spesso occasionale e, comunque, con ruolo sempre sostitutivo subìto dai minori e quasi mai accettato.

La madre, lavorando, non ha più tempo per seguire i figli, lasciati da soli dopo la scuola, quando la frequentano.

Con il crollo della famiglia come punto di incontro affettivo e di scontro culturale, i figli sono lasciati in balìa dei giudici e dei servizi sociali, essendo la maggior parte delle famiglie con figli non conviventi, la figura del padre è stata messa alla berlina e il suo ruolo fondamentalmente è stato ridotto a quello di bancomat e non è più quello di riferimento educativo. Non rappresenta più, agli occhi dei figli, un solido punto di riferimento perché gli è concesso di stare con loro saltuariamente e senza certezze per il monopolio del genitore collocatario, che, spesso, li induce a rifiutarlo, nell’indifferenza delle strutture pubbliche preposte alla tutela della bigenitorialità e cogenitorialità per una crescita serena ed equilibrata dei minori.

I tribunali, supportati da impreparati e presuntuosi operatori psico-sociali, burocrati nell’affido dei figli quando i genitori non sono più conviventi, seguono un andazzo nazionale che esclude il padre dalla gestione culturale e affettiva dei figli, relegato a padre bancomat, non garantendo loro la bigenitorialità e la cogenitorialità. La madre, supportata dalle associazioni di genere, dai centri antiviolenza, quasi sempre dai servizi sociali e dai partiti asserviti, contribuisce ad escludere con perverse strategie i padri dalla gestione dei figli, pretendendo, però, il suo ruolo economico e, se viene meno, anche per giuste ragioni, non perde tempo per denunciarlo e farlo condannare penalmente (e/o civilmente). Al tempo stesso, quasi sempre, mette i figli presso di lei collocati (94%) contro il genitore non presente, inducendoli, spessissimo, a rifiutarlo, con l’ignobile silenzio degli assistenti sociali, notoriamente schierati ideologicamente, e con l’indifferenza del tribunale (nonché, molto spesso, anche la Corte d’Appello), che, senza alcuna ragione, quasi sempre, rigetta i loro ricorsi per il rispetto dei decreti di affido.

La mancanza della figura paterna nella formazione dei minori provoca in loro il senso dell’abbandono per la mancanza dei punti di riferimento e per il venir meno di un contesto familiare credibile, garantito dal carisma paterno. Contesto che deve garantire la bigenitorialità significativa e costruttiva. Per fare ciò, però, si deve garantire al genitore non collocatario la possibilità di incidere nella formazione culturale e nella crescita umana dei figli.

L’attuale preoccupante situazione non si risolve se non si permette al padre di fare il padre e si pone termine allo stato di esclusione di questo genitore dalla vita dei figli con provvedimenti spesso iniqui e discriminatori nonchè, di conseguenza, non rispettosi della legge e dei diritti di ambedue i genitori.

La scuola non può supplire la figura dei genitori nella formazione dei minori nelle famiglie non più conviventi e tantomeno può riparare i danni provocati da istituzioni distratte, come i tribunali (e, spesso, anche le Corti d’Appello), e impreparate a svolgere attività che, di professionale, hanno ben poco, come i molti operatori sociali. Il web è un pericolo e non una sostitutiva soluzione della mancata presenza genitoriale.

Ai tribunali, ai servizi sociali, ai genitori poco propensi al rispetto dei loro doveri genitoriali e all’incontrollato mondo mediatico mettiamo un freno per prevenire i loro danni, certi, per tutelare i minori che verranno, chiamiamoli (tribunali, servizi sociali e genitore collocatario), doverosamente, alle proprie responsabilità per i mali provocati attualmente e in passato, perché corresponsabili del triste e pericoloso fenomeno sociale delle baby-gang.

 

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