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Fermiamo i soliti e protetti furbetti


Un Registro unico regionale dei contributi

a difesa dei cittadini in difficoltà economica


Le regioni e gli enti locali dispongono di ingenti somme e benefici vari da elargire a cittadini bisognosi, ma anche a quelli (numerosi) che non ne hanno diritto. La raccomandazione fa chiudere un occhio agli amministratori, mentre il clientelismo li chiude tutti e due e, soprattutto, gli amministratori non amano essere denunciati pubblicamente.

Assistiamo allo sperpero del danaro pubblico per assistere persone che non ne hanno diritto – e tutti lo sanno – a scapito degli anziani e di coloro che non riescono ad arrivare alla fine del mese a causa di evenienze sociali, spesso non preventivate, per sopraggiunta malattia, per perdita di lavoro e per una vecchiaia con una pensione ridicola al termine di un lavoro logorante.

Il genitore separato, se padre, viene discriminato non solo nella concessione dei contributi, negli esoneri fiscali per i servizi previsti per i figli, nel diritto alla casa popolare, locata (cioè, data in affitto) gratuitamente o a cifre irrisorie, e in tante altre agevolazioni che i politici elargiscono, perché percepiti dalla madre collocataria, compreso il patrocinio a spese dello Stato, alla quale va anche l’assegno per i figli (spesso eccessivamente sproporzionato rispetto ai giorni che il genitore non collocatario tiene i figli sull’arco temporale di 14 giorni), che il padre mensilmente versa, senza che vengano verificate le somme effettivamente percepite dalla genitrice (poiché i figli continuano ad essere collocati presso la madre anche dopo 17 anni dall’entrata in vigore della l. 54 che istituiva l’affido condiviso), sia dai vari enti pubblici e privati, che dai redditi percepiti, ma non dichiarati, cioè dal lavoro a nero (questi principi valgono anche per la verifica che il giudice ha l’obbligo di fare per la conferma dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato).

I politici ignorano questa grave ingiustizia e gli ispettorati del lavoro sembrano inesistenti, come i dovuti interventi delle forze dell’ordine e quelli di tutte le altre istituzioni preposte a controllare ciò. Percepire il patrocinio a spese dello Stato con falsa dichiarazione è un illecito (a volte, anche con risvolti penali) e un danno erariale a cui la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate e la Procura regionale presso la Corte dei Conti non sembrano dare la dovuta importanza, soprattutto dopo sollecitazioni pubbliche fatta dalla nostra associazione.

Ogni regione dovrebbe istituire un Registro unico regionale dei Contributi, a vario titolo elargiti, sia dalla Regione che dagli enti centrali e/o locali.

C’è da chiedersi perché le Regioni e gli enti locali siano ostili a regolamentare e a coordinare la erogazione dei tantissimi contributi, che, a pioggia, vengono assegnati e fanno capo ai diversi assessorati o alle altre istituzioni locali, senza tener conto del fatto che alcuni cittadini percepiscono anche oltre venti mila euro all’anno di finanziamenti e agevolazioni, mentre altri sono costretti a vivere in macchina a frequentare le mense pubbliche, come se fossero dei barboni. Molti dei beneficiari, infatti, non ne hanno nemmeno diritto, perché, di fatto, hanno redditi – si ribadisce, spesso anche non dichiarati – propri e familiari che permettono loro di vivere e anche bene.

Il principio evangelico di non far sapere alla tua mano sinistra quello che fa la tua destra, fatto proprio dai benestanti consiglieri regionali e comunali, era stato formulato per tutelare la riservatezza dell’elemosina per non umiliare il beneficiario, ma non per nascondere a qualsiasi controllo pubblico la gestione delle finanze pubbliche destinate a sostenere i poveri, quelli veri, però.

I contributi sono divenuti un business in mano ai servizi sociali e ai singoli assessorati per condizionare il flusso dei voti nelle competizioni elettorali e gli enti locali non vogliono regolamentare la concessione di contributi e agevolazioni che hanno un forte risvolto anche economico perché verrebbe meno quella discrezionalità foriera di consensi elettorali. Si continua, così, a sperperare il danaro pubblico agevolando le persone senza scrupoli. L’erogazione riservata delle somme riservate per le persone della società più deboli - nascosta anche al genitore non collocatario, in nome di una inesistente privacy – non aiuta la solidarietà sociale, poiché i soldi dati a chi non ne ha diritto non fanno altro che assottigliare le somme a disposizione per aiutare chi si trova in difficoltà esistenziale, soprattutto se anziano, solo e malato. Questa non dovuta elargizione diventa un ladrocinio legalizzato che una società civile non può affatto tollerare e permettere.

L’accesso al Registro unico regionale dei contributi dovrà essere riservato solo a coloro che ha facoltà di distribuire e pagare le risorse pubbliche – e, quindi, di tutti coloro che pagano le tasse – mentre il genitore separato non collocatario dei figli dovrà essere informato, di volta in volta, su tutte le somme ed i benefici concessi all’altro genitore, perché collocatario dei figli. Le somme elargite, essendo un diritto in capo ai figli, inoltre, devono essere versate direttamente al 50% ad ambedue i genitori (visto che, anche quando un genitore non ha più l’affido nè, eventualmente, la responsabilità genitoriale, ha, comunque, per legge, l’obbligo di controllare), quando non più conviventi, così come avviene da parte dell’Inps per l’assegno unico universale.

Non si consiglia, ma si pretende che gli amministratori delle Regione e degli enti locali deliberino che tutti i contributi e le agevolazioni (monetizzate) siano ripartite tra i due genitori non più conviventi, fatto salvo diverso accordo tra gli interessati. Permanendo il rifiuto, da parte delle istituzioni competenti, nell’interpretare l’ambito della privacy in maniera corretta (si ricorda che l’accesso agli atti può essere anche, contemporaneamente, sia documentale che civico), si rende urgente il rispetto del provvedimento (regione ed enti locali e/o istituzioni private) sulla possibilità di accesso ai dati da parte del genitore non più convivente per una giusta applicazione di questa tutela nel rispetto dalla legge e per garantire al genitore obbligato al mantenimento dei figli di conoscere quali siano le somme a disposizione dell’altro al fine di pretendere equità tra i due genitori nello stabilire l’eventuale entità dell’assegno di mantenimento per i propri figli.

Un abuso che è, prima di tutto, un oltraggio all’onesto cittadino ed ai figli, che si vedono sottratta la figura del genitore che non convive più con loro, essendo, tutto questo, una offesa alla abusata democrazia sociale e politica.

L’inadeguata distribuzione dei contributi e delle agevolazioni familiari alimenta la convinzione della intoccabilità dei servizi sociali e dei politici locali che hanno fatto proprio il detto: “al contadino (cittadino) non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere”. La situazione, però, non è più tollerabile.

 

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