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Assegno di mantenimento alla moglie:

la Cassazione ci ripensa


avv. Francesco Valentini*

L’assegno di mantenimento per la moglie è il cavallo di battaglia di molte associazione di genere che si avvalgono anche della collaborazione dei centri antiviolenza, che, troppo spesso, contribuisconoa diffondere la cultura delle rivendicazioni del tutto false, con argomentazioni coerenti, ma non vere. Da qui denunce mirate a smontare la credibilità del marito e gettare architettati dubbi su chi deve decidere, giocando anche sul fatto che difficilmente il tribunale dispone indagini sui redditi effettivamente percepiti dalla richiedente, che, come è notoriamente noto, compresi i giudici e i servizi sociali, lavora a nero e percepisce, per i figli, contributi vari da enti pubblici e privati. Ma, anche questa, è un’altra storia o, meglio, un’altra piaga sociale.

Il coniuge che sa di non dover pagare nessun mantenimento alla ex deve far valere le proprie ragioni tramite il proprio difensore, denunciando il sopruso delle istituzioni e pretendendo giustizia anche quando, come sostengono alcuni mariti, è proprio il legale da lui pagato a dissuaderlo a chiedere il pieno rispetto dei propri diritti.

 

La Cassazione, anche in questi giorni, ha emesso ordinanze che limitano la discrezionalità dei giudici e la facilità con cui, senza riscontro alcuno, si concedono assegni di mantenimento post-separazione che, spesso, costituiscono un vero e proprio indebito “vitalizio”. Vediamo i ripensamenti della Cassazione per eliminare le storture interpretative della legge.

  • L’obbligo, per il marito o ex, dell’assegno di mantenimento (e divorzile) cessa quando la moglie ha un progetto di vita affettiva, anche senza convivenza, con un altro uomo.

L’assegno di mantenimento durante la separazione e, di conseguenza, l’assegno divorzile alla moglie è giustificato dal dovere di assistenza materiale della consorte che, però, termina nel momento in cui la moglie si crea un nuovo assetto familiare. La contribuzione mensile viene meno quando l’avente diritto ha instaurato con un nuovo partner una convivenza stabile e continuata, anche senza coabitazione, ma con un comune progetto di vita. La Cassazione Civ.(sez. I, ord. n. 34.728 del 12.12.2023)ha affermato che la cessazione del diritto della moglie a ricevere l’assegno di mantenimento, durante la separazione e, di conseguenza, anche l’assegno divorziledall’altro coniuge,avviene anche quando la stessa ha unarelazioneaffettiva con altro uomo,con il quale, anche senza la convivenza, condivide solo un progetto di vita. I giudici hanno esteso il concetto di relazione affettiva anche a tutti quei casi, numerosissimi, in cui la richiedente non convive ufficialmente per non perdere il contributo periodico da parte dell’ex-coniuge. Una chiarezza doverosa per stanare le furbette che speculano sull’ex marito.

  • L’assegnazione della casa coniugale alla madre dei figli compensa il divario preesistente tra i due coniugi.

Quando alla moglie viene assegnata la casa coniugale per viverci assieme ai figli, soprattutto se di proprietà del marito o di cui lei è comproprietaria, viene meno il preesistente squilibrio economico con il marito, gravato anche dalle spese per prendere in locazione un appartamento ove abitare, e, di conseguenza, viene meno il dovere per il marito di versare l’assegno di mantenimento o divorzile all’altro coniuge. La Cassazione fa propria la sentenza della Corte d’appello di Venezia che aveva stabilito che «se vi è stato uno squilibrio fra le posizioni economiche dei due coniugi, questo è venuto meno da quando la donna ha ottenuto l'assegnazione della casa familiare come genitore collocatario della prole e l'uomo ha dovuto prendere in locazione un immobile ad uso abitativo»(Cass. civ., sez. I, ord., 28 febbraio 2024, n. 5242).

Sono frequenti i casi in cui i giudici non calcolano, come invece dovrebbero fare, che, nella casa coniugale, assieme ai figli, ci vive anche la madre, che, di fatto, dovrebbe retribuire il marito con la sua parte di canone di affitto. Ciò non avviene mai e, spesso, nella casa ci vivono anche il partner o i partner che si susseguono e, se il marito ricorre al tribunale per escludere la loro accoglienza gratuita su un bene che non è loro, i giudici, solerti, come sempre quando si tratta di una donna, rigettano l’istanza, perché la madre ha diritto, gratuitamente, di portare in casa a dormire chi vuole, senza far pagare ai nuovi coabitanti il rispettivo canone di locazione, essendo la casa dell’ex marito, almeno al 50%.

La Cassazione, con queste ordinanze, sta riportando un po’ di giustizia economica nella coppia separata o divorziata.

  • Il lavoro a part-time, per scelta della moglie, esclude per lei qualsiasi assegno di mantenimento o divorzile

Non ha diritto all’assegno di mantenimento la moglie che continua svolgere un’attività lavorativa a part time, soprattutto se i figli non sono più piccoli, motivato dalla sua bassaretribuzione,poiché può, se lo vuole, sempre aumentare l’orario di lavoro e incrementare il proprio reddito con un lavoro a tempo pieno. I Cassazionisti hanno riconosciuto che la richiedente non aveva diritto all’assegno di mantenimento,anche perché non ha dimostrato che il suo disagio economico non sia ascrivibile alla sua negligenza, perché, pur potendo, non si è adoperata per trovarsi una nuova occupazione e, così, migliorare la propria condizione reddituale ( cfr. Cass. civ., sez. I, ord. n. 5242, del 28.02.2024).

  • I beni ereditari del marito sono ininfluenti per il diritto al mantenimento della moglie separata

Nel calcolo dei redditi di ambedue i coniugi, al fine del riconoscimento del preteso diritto al mantenimento della moglie, non rientrano  i beni che il marito ha ricevuto a seguito di una eredità, mentre, invece, viene calcolata nella determinazione dell’entità dell’assegno di mantenimento  per i figli.

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L’assegno post-separazione per il mantenimento della moglie, oltre ai casi esposti, è una questione scottante, poiché i dati forniti dalla richiedente al giudice per avallare la richiesta sono volutamente incompleti, non viene dichiarato il lavoro a nero e i giudici non svolgono le dovute indagini sulle  denunce del marito. Il lavoro non viene ricercato per poter usufruire di questo inappropriato vitalizio. La moglie non ha diritto all’assegno di mantenimentoanche quando, anche in presenza di disparità economiche con il marito, ha delle entrate sufficienti per mantenersi autonomamente in modo dignitoso; quando la sua mancata occupazione, come già visto, è riconducibile alla inerzia e alla mancata volontà di ricercare un lavoro; quando è stata emessa una sentenza di separazione per colpa della stessa (per es., in caso di tradimento o abbandono del tetto coniugale).

L’assegno di mantenimento deve garantire al coniuge non lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio, ma l’indipendenza economica. L’entità dell’assegno mensile, di conseguenza, potrebbe essere inferiore rispetto al dovuto/preteso quando il marito è benestante.

La giurisprudenza, dopo le due sentenze della Cassazione (Cass. civ. sent. n. 11538/17 e Cass. S.U. sent. n. 18287/18),  ha rivisto i principi della materia. Alcuni giudici, però, molto spesso sembrano ignorare l’orientamento degli Ermellini e continuano a tutelare indebitamente le mogli, riducendo, in molti casi, il marito alla miseria per imposizioni economiche per lui insostenibili ed alimentando la pericolosa conflittualità di cui ne pagano le spese prevalentemente i figli.

L’assegno di mantenimento può essere portato in detrazione nella dichiarazione dei redditi dall’obbligato, mentre la beneficiaria deve dichiararlo come reddito e pagarci l’Irpef.

Nessuno, però, controlla e l’evasione è immancabile.

*avv. Francesco Valentini,tel. +39.347.1155230 - Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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