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Tribunale di Aosta
Difesa dei minori o degli interessi materni?
La difesa dei minori, al tribunale di Aosta, non sempre coincide con la difesa gratuita della madre e il padre viene mazzolato con troppa e illogica facilità. Esagerato? Giudicate voi lettori su quello che accade ai valdostani, non dimenticando che per la Giustizia ingiusta di quel tribunale proprio davanti a quell’edificio si è dato fuoco il primo padre suicida. E non era un pazzo.
Un padre aostano, con grosse difficoltà economiche durante il periodo della pandemia per mancanza del lavoro, non paga il mantenimento dei figli (di cui uno maggiorenne e, con lavori saltuari, poteva considerarsi autosufficiente) perché la madre, che beneficia della casa coniugale, lasciava i figli da soli a casa senza i pasti e senza la merenda, affidando la custodia di una ragazza disabile alla sorellina di pochi anni. Il padre, da loro sollecitato con telefonate a portargli qualcosa da mangiare perché avevano fame e non avevano nulla in casa, andava subito a comprare loro la merenda e settimanalmente, per evitare il verificarsi di queste situazioni, faceva loro la spesa e la consegnava alla madre. La signora che dedicava il suo tempo libero dal lavoro a nero a chattare e cercare nuove conoscenze che poi incontrava nel pomeriggio fuori casa, lasciando i figli a casa da soli incurante del loro bisogno alimentare.
La madre lasciava una figlia diversamente abile alla sorellina di appena otto anni per molte ore, essendo il fratello al lavoro, ed utilizzava la pensione concessa alla figlia non per acquistare abbigliamento e vitto per la figlia inabile e per gli altri figli ma per sé. Al padre, le due figlie, chiedevano anche capi di abbigliamento indispensabili ed indumenti intimi che sistematicamente venivano persi, forse per non lavarli. Dinnanzi all’indebito uso della pensione della figlia maggiorenne, il padre fa versare la pensione direttamente alla stessa in modo che la somma resti a lei vincolata e la madre non possa distrarla per le sue esigenze.
I figli soffrivano la fame perché la madre non si preoccupava delle loro esigenze che, comunque, poteva benissimo soddisfare così come faceva per il suo look sempre curato anche nei minimi particolari. La madre aveva disponibilità di soldi e, di conseguenza, poteva vivere con i figli anche senza il contributo del padre che, comunque, non aveva mai fatto mancare nulla ai figli e alla moglie, adattandosi a fare svariati lavori per mantenere la famiglia.
La moglie lo denuncia – tanto lei può usufruire del patrocinio a spese dello Stato poiché nessuno va a controllare i redditi suoi e del suo nucleo familiare – e, al processo, il giudice, nonostante abbia sentito i testimoni che attestavano le spese sostenute dal padre per i figli, considerato che di fatto non vi provvedeva la madre, lo condanna penalmente e al risarcimento pure delle spese legali alla madre che liquida, per tre/quattro udienze, in oltre €. 5.000 ed altri 5.000 per il danno materiale e morale, cioè 10.000 euro.
Un accanimento inaudito, considerato che la stessa Cassazione ha ribadito, più volte, che se un padre è in reali difficoltà economiche (e questo lo era poiché per un periodo è stato costretto a vivere in macchina, come riportato diffusamente dalla stampa) e che i figli non sono privi di sostentamento deve essere valutata la sua reale situazione economica e le ragioni della mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento per i figli, tenendo presente, in questo caso, che un figlio era autosufficiente, l’altra godeva di una pensione di invalidità e la madre percepiva anche l’assegno unico per i due figli di alcune centinaia di euro al mese. Il padre comprava alle figlie anche l’abbigliamento, le scarpe e gli indumenti intimi, il materiale scolastico per quella più piccola. Spesso il padre veniva chiamato dalle figlie poiché volevano uscire di casa, andare al parco giochi e la madre non c’era. Lui, se libero dal lavoro, andava per portarle fuori di casa e non lasciare la gestione della figlia maggiorenne e problematica alla più piccola, una bambina di otto anni.
Queste ragioni fatte presenti al giudice non sono state minimamente prese in considerazione perché si è voluto dimostrare che il padre non ha versato il mantenimento volutamente, senza calcolare la spesa bisettimanale e tutte le altre spese che lui sosteneva per i figli, che la madre li lasciava soli a casa senza controllare – come suo dovere essendo la collocataria - la figlia con problematiche esistenziali, anche senza i pasti e la merenda, che il tenore di vita della madre, al contrario, attestava che non avesse difficoltà economiche.
Al padre, la madre e il suo legale hanno iniziato a pignorare lo stipendio, mettendolo nuovamente nella condizione di non poter pagare l’assegno di mantenimento. Il solerte giudice lo condannerà nuovamente perché recidivo oppure disporrà, come diritto del padre, una indagine sui redditi materni?
In un importante tribunale lombardo dinnanzi al mancato pagamento dell’assegno di mantenimento da parte del padre si è tenuto un analogo procedimento penale, durato anni e con decine di udienze e con l’audizione di molti testimoni, il padre è stato condannato penalmente e al pagamento degli assegni di mantenimento arretrati, con il rimborso delle spese legali alla moglie quantificate in €. 3.250, oltre gli accessori, cioè €. 4.600. Come è possibile una tale differenza? Forse si può parlare che la giustizia viene applicata con troppa discrezionalità e non tiene minimamente conto delle motivazioni, reali, che hanno indotto un padre a non versare il mantenimento, provvedendo, però direttamente ai figli.
Forse la ragione dell’assurda differenza dei due procedimenti va ricercata nella presenza o meno di una cultura giuridica in grado di ritenere un padre non necessariamente e sempre un delinquente.
La legge è legge, ma anche certe severità (ad orologio) rivelano solo che i cittadini non sono tutti uguali dinnanzi alla legge. Parliamo, purtroppo, di una Giustizia ingiusta, come ci ricordava Antonio Sonatore.