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Il mancato affido paritario dei figli

alimenta la conflittualità genitoriale


avv. Francesco Valentini *

Non è comprensibile la resistenza dei magistrati, dei servizi sociali, dei legali di entrambi i genitori a consigliare l’affido condiviso paritario, che, in Italia, si aggira sul 2%, mentre, in realtà, il 94% dei figli con genitori non più conviventi vive la situazione dell’affido esclusivo alla madre[1], anche in presenza del formale collocamento prevalente. Infatti, trascorrono la maggior parte del tempo con la madre a discapito del padre, non sempre tutelato come genitore nemmeno quando si rivolge al tribunale per il rispetto delle condizioni di affido, cioè dei diritti dei figli e suoi, spesso sottoscritti da chi poi non li applica.

Il rifiuto dell’affido paritario dei figli da parte di molti giudici, a differenza di altri, che, invece, lo applicano con successo da anni, è espressione della incapacità delle istituzioni a liberarsi da retaggi culturali, che, anacronisticamente, continuano a ritenere il genitore generalmente collocatario (la mamma) come l’unico responsabile della crescita dei figli. Le istituzioni devono fare un salto di qualità nelle loro determinazioni sull’affido dei minori, senza gli odiosi condizionamenti culturali e sociali che ritengono il padre inadeguato a crescere ed educare i figli, mentre, oggi, i fatti ci dicono che la sua sensibilità e capacità genitoriale, spesso, è superiore a quella materna e che la sua presenza insostituibile è garanzia di stabilità psicologica, di eticità e di socialità nei figli, indipendentemente dalla loro età.

La paura di cambiare il modus operandi della magistratura, dei servizi sociali e dei legali è comprensibile, ma non giustificabile, perché le vittime di scelte anacronistiche sono proprio i minori, che, senza la dovuta spiegazione, vedono dividersi i propri genitori e divengono ostaggi e vittime di rivendicazioni, spesso assurde, di natura economica. I genitori sono due e tali rimangono, anche dopo la fine della convivenza e, pertanto, i figli restano l’obiettivo unico della loro presenza. I figli non hanno responsabilità nella divisione dei loro genitori e ci ricordano, sempre, che la chiamata alla vita non è stata una loro scelta, ma è stata fatta da adulti che ora si combattono per la supremazia (quale, poi?) su di loro, in nome di una inesistenza superiorità genitoriale di uno sull’altro.

 

La genitorialità condivisa paritetica richiede, da parte dei genitori, la convinzione che i figli restano, anche dopo la loro divisione, il centro dei loro interessi genitoriali e ciò richiede un loro particolare impegno, supportato o preteso dal tribunale, quando i genitori non dialogano tra loro. La conflittualità genitoriale si combatte con regole certe e rispettate da chi, di solito, si sente autorizzato a considerare i figli come una propria ed esclusiva proprietà e ritiene che l’altro genitore ha solo un ruolo economico, il c.d. bancomat.

L’affido paritaria resta l’unica soluzione per garantire la serenità dei figli e sottrarli alle manipolazioni da parte del genitore collocatario (94% la madre) per indurli a rifiutare l’altro genitore, quello che paga, a cui l’unico ruolo genitoriale riconosciuto, anche quando i figli lo rifiutano, è quello economico, mentre al collocatario non viene imposto di mantenere i figli mettendo a loro disposizione una somma mensile pari a quella del non collocatario. Solo così si rispetta il dovere dei genitori (quindi, ambedue) di mantenere i figli, come stabilito dall’art. 30 della Costituzione e il codice civile.

L’affido paritario deve prevedere diverse modalità di rapportarsi dei genitori tra loro e con i figli, cercando di superare gli attriti che sono alla base della fine della convivenza o i rancori che la separazione alimenta per garantire il doveroso benessere dei figli.

I minori vanno guidati con regole certe e con indicazioni condivise tra i genitori per evitare che vengano pretese in modo diverso dalla madre e dal padre, disorientando i minori nella formazione della loro personalità. Sono i genitori che devono rispettare le esigenze dei figli, ma non viceversa.

La collaborazione tra i genitori permette il rispetto della centralità del minore e il suo superiore interesse, garantisce la trasparenza e, i figli, vengono aiutati a comprendere le variazioni nel contesto familiare di ciascun genitore.

L’affido condiviso paritario è, come i fatti dimostrano, l’unica via per ridurre la conflittualità genitoriale e garantire ai figli una crescita serena, o comunque accettabile, permettendo loro di rapportarsi in modo costruttivo e dialettico con ambedue i genitori. Due case e un reciproco sostegno genitoriale sono la risposta alla inquietudine minorile, che potrebbe trasformarsi in forme esistenziali devianti, ma non solo nella politica dei bambini pacco. C’erto, occorre la volontà della tutela dei figli minori e la consapevolezza, da parte dei genitori e delle istituzioni che si occupano dell’affido, del fatto che ogni cambiamento familiare, con precise regole, diminuisce la conflittualità genitoriale e l’inferno per i figli. Un affido paritario imposto dal giudice è sempre migliore di un affido condiviso o esclusivo che escludono dalla vita dei figli la presenza di un genitore, quasi sempre il padre.

Purché cambino le prassi di affido seguite dai giudici, dai servizi sociali e dai legali che assistono i genitori.

* avv. Francesco Valentini, tl. 347.1155230 – Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.



[1] studio Joint physical custody of children in Europe, in collaborazione con l’Università di Turku, Finlandia e del Wisconsin-Madison, pubblicato da Demographic Research e basato su un campione di 9.102 bambini provenienti da 17 paesi europei.

 

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