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Grazie ai servizi sociali impreparati


Emergenza Minori in Valle d’Aosta.

Chiediamo un pubblico confronto tra

genitori separati e Regione


 

Il tempo vacanziero ha portato a sottovalutare il fatto che, con la riapertura della scuola e con la ripresa dell’attività cittadina, l’emergenza minori, nella nostra Valle, è più che mai evidente a tutti, eccezion fatta per gli amministratori regionali, che continuano a recitare la solita litania, secondo cui va tutto bene, e che attaccare l’assessorato alle politiche sociali e gli operatori che gestisce (o, meglio, che non è in grado di gestire) è solo invidia di chi non vuole riconoscere le bontà dei servizi sociali, smentite quotidianamente, però, dai fatti. Le baby-gang sono una devastante realtà giovanile, la microcriminalità in Valle esiste ed è palesemente preoccupante per chiunque abbia a cuore il futuro della società valdostana, indipendentemente dalle sue simpatie o tendenze politiche, tanto è vero che il malessere sociale serpeggia ovunque ed è sotto gli occhi di tutti.

Possiamo parlare, ancora, di una amministrazione regionale attenta alle problematiche sociali e impegnata a dare risposte proporzionate ed attinenti alle emergenze che un amministratore responsabile non può ignorare, anche se ciò potrebbe rimettere in discussione le sue certezze di rielezione, con il godimento di una lauta pensione a spese dei cittadini.

A certe fonti di informazione viene chiesto, con metodi presumibili, di non parlare dei suicidi in Valle, soprattutto di quelli relativi ai padri separati, di non riportare i numerosissimi episodi di devianza giovanile, di non parlare di droga e di abbandono scolastico. Problematiche, tutte, che dovrebbero costituire la prima preoccupazione di un amministratore pubblico, ma che, invece, vengono celate dimenticando che la Valle d’Aosta è una regione piccola e, di fatto, tutti i cittadini si “conoscono” e i segreti voluti dal potere politico è difficile farli restare tali. Da qui la necessità di smascherare le bugie del potere e richiamarlo, come dovere di ciascun cittadino, al rispetto delle regole e della trasparenza.

 

Ogni giorno, il cittadino sperimenta l’inefficienza della pubblica amministrazione, che, invece di prendere il toro per le corna, lo utilizza per incarnare, senza tanti scrupoli, proprio coloro che gli hanno permesso di esercitare il potere pubblico, cioè i cittadini elettori. Le lacune e le profonde inadempienze della giunta regionale traspaiono in modo soft anche in quella stampa poco incline a sbugiardare chi detiene i cordoni del potere. Ciò vuol dire che l’insofferenza sociale potrebbe aver raggiunto il limite della intollerabilità ed anche questa sarebbe un’altra emergenza da non sottovalutare.

Le politiche sociali sono una frana, lo diciamo da molto tempo, ma nulla viene fatto per interrompere questo modus operandi, che è in netto contrasto con i doveri civici, a cui dovrebbe attenersi ogni amministratore. I servizi sociali valdostani sono da rifondare per la loro inadeguatezza professionale e, di conseguenza, per la loro inutilità. Si deve ristabilire la loro legalità, perché, quando si opera in assenza di fonti normative (leggi e/o regolamenti), sicuramente si danneggiano proprio quelle persone che dicono di tutelare: minori e il genitore da loro estromesso, nei fatti, grazie proprio alle relazioni discriminatorie degli assistenti sociali e degli apparati Asl a loro collegati. Legalità prima di tutto, ma legalità che non permette eccezioni alla legge e, soprattutto, che non si schiera per motivi ideologici o di genere sempre con la madre, protetta da tutti, anche quando dovrebbe, invece, essere allontanata dai figli per i suoi atteggiamenti di loro sfruttamento economico ed affettivo.

Ad Aosta non esiste il rispetto della l. 241/90, relativa alla pubblica amministrazione, tanto che la richiesta del genitore non collocatario di accesso agli atti viene abitualmente snobbata e si cercano falsi pretesti per non fornire (o ritardare quanto più possibile, spesso, con conseguente perdita del processo) le informazioni richieste e, così, facendo spesso rendono nullo il contraddittorio per l’affido dei figli. Le relazioni inviate ai tribunali, oltre ad essere formulate secondo un loro consolidato cliché, sono generiche, faziose, presuntuose e non personalizzate ai singoli casi, sono farcite di menzogne e mancano di qualsiasi vera oggettività e scientificità.

Le forze politiche lo sanno benissimo, ma non vogliono scomodare una struttura ormai incontrollata, che, invece di rendere conto agli amministratori del proprio operato, impone i propri diktat ai politici e, indirettamente, a chi dovrebbe decidere sul futuro dei minori in autonomia, ma non secondo le indicazioni di chi, invece, dovrebbe limitarsi solo a riferire al giudice, che, lo ribadiamo, non può delegare i servizi sociali ad emettere provvedimenti sui minori e sui loro genitori, che sono di esclusiva competenza del tribunale. Oggi, poi, dopo la riforma Cartabia, ciò è ancora più chiaro.

Il business dei contributi, elargiti da oltre settanta comparti della Regione, senza che nessuno controlli a chi veramente vengono dati e tantomeno come sono utilizzati dal genitore beneficiario, ratifica le strategie furbesche, forse dalla dubbia legalità, del genitore generalmente collocatario, con la eventuale collusione delle istituzioni pubbliche, sul cui operato si chiede di fare accertamenti. La Regione non vuole un registro unico regionale dei contributi, perché si scoprirebbe che qualche madre percepisce svariate miglia di euro all’anno, anche fino a circa ventimila euro.

Chiediamo che venga imposto alla maggioranza che governa la Regione Vda un pubblico confronto per analizzare e denunciare il malfunzionamento delle strutture sociali regionali aperto ai genitori separati, ai loro figli maggiorenni, alle associazioni di categoria, agli operatori sociopsicologici privati e pubblici, ai magistrati, agli avvocati, ai politici, alle forze dell’ordine, la cui terzietà è difficile riscontrare, come pure la loro celebrata competenza legale sugli affidi e sulle abusate violenze familiari. I fatti, purtroppo, sono ben altri e tutti lo sappiamo.

Il pubblico confronto sarebbe il segnale di voler combattere l’ipocrisia e gli abusi istituzionali, che sono la causa dei tanti disagi sociali che travagliano la maggior parte dei minori della Valle. Ridare un senso alla società locale vuol dire salvare migliaia di giovani, altrimenti condannati all’emarginazione e, pertanto, schiavizzati da un potere istituzionale che, attraverso le sue articolazioni, in concreto, rema contro i cittadini, soprattutto se giovani e indifesi. Solo dopo la presa d’atto delle problematiche sociali giovanili, ci sarà la possibilità di cambiare le cose, ridando dignità a quei giovani lasciati in balìa di sé stessi.

 

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