|
|
La giustizia al tribunale di Padova
Espropriata la casa ad un padre cieco totale
per assegnarla ai figli e alla madre vagadonda
Sfrattato dalla casa coniugale (acquistata da lui, con mutuo che scade nel 2045) un padre non vedente per assegnarla ai figli e alla moglie, per anni nullafacente, che ha percepito, tra mantenimenti e sussidi, oltre 2.500 euro al mese nell’ultimo anno e mezzo.
Un padre, non vedente, dopo anni di matrimonio, viene accusato di maltrattamenti in famiglia dalla moglie, consigliata (o forse suggestionata) da un centro antiviolenza veneto, suggeritole dai servizi sociali, che, con i loro interventi a favore della madre, senza che esistesse la pur minima prova della violenza (tentativo di strangolamento), poiché il referto del pronto soccorso parla di ematomi nonvisibili ad occhio sul collo, che ognuno si potrebbe procurare da solo, hanno condizionato, senza alcun specifico riscontro, il tribunale che, comunque, dovrebbe essere autonomo nelle sue scelte sui minori. La vera violenza l’ha subita il marito poiché la signora è stata sempre violenta e irascibile col marito e con i figli, come dagli stessi dichiarato. Il marito solo dopo alcuni giorni è andato al pronto soccorso erano ancora visibili i segni della violenza della moglie.
Parte la denuncia e la sig.ra viene accolta in un centro protetto e, partendo la fase cautelare della procedura, al padre non viene permesso di sapere dove si trovino i figli e di avvicinarsi a loro, se non con incontri protetti, presieduti da una educatrice che non esita ad offendere il padre, ricordandogli bruscamente che lui è cieco e non può chiedere di andare con i figli, durante gli incontri, nel parco, come sempre faceva quando viveva con loro.
Il padre, dopo un anno e mezzo, ancora è sotto indagine, e il centro antiviolenza, alla fine di maggio, dichiara (a quanto sembra, prima per le vie brevi e, poi, con un documento dalla dubbia legittimità e che, ora, è al vaglio dell’autorità giudiziaria) che il programma di protezione sarebbe terminato il 9 settembre, ma la madre e i servizi sociali non lo comunicano direttamente al padre per poi fare – la moglie – una istanza urgente per chiedere l’assegnazione della casa coniugale, poiché lei non ha dove andare o, in caso di rifiuto, chiede che il marito firmi, a titolo di garanzia, il contratto di locazione, essendo la moglie, con €. 2500 al mese, senza garanzie occupazionali e reddituali, essendosi rifiutata di cercare, in questo periodo in cui era ospite del centro, una occupazione a tempo pieno, ma, al contrario, veste con abiti firmati e frequenta, a quanto sembra, corsi di fitness.
Se c’era stata vera violenza il marito sarebbe già stato rinviato a giudizio e il centro antiviolenza non avrebbe mandato via la madre e i figli.
Il giudice, sbrigativamente e senza minimamente tener conto della situazione di salute del padre, lo obbliga, entro 5 giorni dall’emissione dell’ordinanza di modifica dei provvedimenti provvisori ed immediati, a lasciare la casa alla moglie e ai figli, senza tener conto della sua cecità e senza ridurre l’assegno di mantenimento che il padre versa (€. 500 al mese), come per legge, poiché, oltre al mutuo, il genitore deve trovare un appartamento in una zona servita dai mezzi pubblici in 5 giorni e pagarsi il canone di affitto e le utenze, senza prevedere che l’assegno unico (circa altri €. 460 al mese), che, per legge spetta al 50%, a ciascun genitore, in questo caso lo prende per intero la moglie, senza revocare il divieto di incontri liberi genitore e figli, pur ammettendo che non esiste più il pericolo di maltrattamenti.
La cosa veramente preoccupante (meglio ridicola) è che il giudice si giustifica affermando che il padre, anche se non vedente, può chiedere ospitalità alla famiglia della sorella e/o ai suoi genitori, presso i quali aveva, inizialmente, convissuto con moglie e figli, dovendosi allontanare, poi, perché la moglie non tollerava la suocera, alla quale certi comportamenti offensivi, denigratori e violenti della bella nuora non sfuggivano. A che titolo il padre deve andare ad elemosinare un posto per dormire presso i propri congiunti per lasciare la casa alla moglie? Una assurdità che rivela come la giustizia ingiusta nelle separazioni sia una tragica realtà in troppi tribunali italiani.
L’atteggiamento del giudice va drasticamente condannato e si valuterà di chiedere una ispezione del CSM e del Ministero della Giustizia per porre rimedio all’oltraggio di un padre non vedente, che, durante la convivenza, aveva sempre provveduto ai figli, anche da solo, perché la moglie era poco propensa ad accudirli e si assentava per frequentare i corsi scolastici di base e per andare a lavorare, tenendo, però, rigorosamente per sé, ciò che guadagnava.
L’assegnazione della casa coniugale comporta - per la legge, ma non per la distratta giudice - la sostanziosa riduzione dell’assegno di mantenimento per i figli, il pagamento delle utenze e delle tasse sulla casa, la coobbligazione al pagamento (in solido) del mutuo (in questo caso), visto che vi abita la madre con i figli, la possibile revoca della donazione del 50% alla moglie della casa. Invece di creare tutti i problemi ad un uomo con disabilità che, in cinque giorni, deve abbandonare la propria casa, poteva essere prevista una piccola somma per l’affitto di una nuova casa, sotto forma di riduzione del contributo al mantenimento.
Ma non era questo che voleva la moglie, poiché, espressamente e con documenti alla mano, chiedeva che lui le vendesse la sua quota di comproprietà della casa coniugale a pochi spiccioli, continuando lui a pagare il mutuo, fino al 2045 (€. 300 circa al mese), nonostante i figli fossero, allora, ultra maggiorenni. Siamo in presenza di una vera e propria malagiustizia o giustizia ingiusta, che la nostra società non può più tollerare. I servizi sociali, assieme al centro antiviolenza, ovviamente, sostengono, come sempre, le pretese della madre, ma si rifiutano di rispettare la l. 241/90 sulla pubblica amministrazione, su gentile e illegale tolleranza (o autorizzazione?) del giudice, come si legge nell’ordinanza di allontanamento del padre dai figli e, ora, anche dalla casa coniugale. I figli, infine, hanno chiesto ed ottenuto di tornare nella loro casa, dove, fino ad ora, era rimasto il padre.
Gradiremmo una risposta dai magistrati, dagli avvocati, dai servizi social,i “partigiani” e razzisti, e dai distratti politici, anche per il tramite della stampa (magari, trasmettendoci il relativo articolo anche via email).