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L’ascolto del minore nell’affido dei figli


I minori, nel procedimento di affido, vanno ascoltati direttamente dal giudice, che non può delegare altri a farlo in sua vece, cioè delegando i servizi sociali e/o le strutture socio-sanitarie del posto. Poiché i bambini hanno idee chiare sulla loro situazione e sul mondo degli adulti che li circonda, possono (noi diciamo devono) essere ascoltati per conoscere le loro esigenze e le loro aspettative, anche in età inferiore ai dodici anni. “Il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal giudice nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano. Le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità. Il giudice non procede all'ascolto, dandone atto con provvedimento motivato, se esso è in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo, in caso di impossibilità fisica o psichica del minore o se quest'ultimo manifesta la volontà di non essere ascoltato (art. 473 bis 4, c.p.c.). Si riafferma, in modo chiaro, il principio secondo cui il minore deve poter esprimere direttamente al giudice le proprie esigenze e le proprie aspettative su tutti gli aspetti che incidono sulla sua sfera personale.

Il giudice, prima di procedere all’ascolto, “indica i temi oggetto dell’adempimento ai genitori, agli esercenti la responsabilità genitoriale, ai rispettivi difensori e al curatore speciale, i quali possono proporre argomenti e temi di approfondimento e, su autorizzazione del giudice, partecipare all’ascolto” (art. 473bis 5, c. 3, c.p.c.).

 

 

L’'ascolto del minore, fatto direttamente dal giudice (ascolto diretto), assistito, se lo ritiene necessario, dal uno psicologo dell’età evolutiva e/o da uno psichiatra infantile (ascolto assistito), deve essere videoregistrato e/o compilato un dettagliato verbale, indicando anche i comportamenti del minore durante l'ascolto. Suggeriamo di chiedere, quando necessario, unitamente all’ascolto del minore, sia la videoregistrazione dell’ascolto ma anche un termine per produrre una memoria per mezzo della quale proporre domande e/o argomenti da approfondire. E’ fatto divieto, comunque, al giudice di conferire la delega all’ascolto ad un soggetto terzo “stante la delicatezza dei temi su cui il minore è chiamato ad esprimersi”.

Nonostante il fatto che questi articoli fossero in vigore da anni e nonostante la puntualizzazione della Riforma Cartabia, nella quasi totalità dei tribunali si continua a procedere come se il codice fosse un optional e non un dovere applicativo. Si continua, con le scuse più fantasiose e facilmente smontabili, a delegare i servizi sociali e il loro lobbistico entourage ad indagare sulle esigenze dei minori (con la massima superficialità e, purtroppo, anche con inesperienza, con carenze scientifiche in psicologia dell’età evolutiva, psichiatria infantile e in pedagogia e con eccessiva presunzione) e i giudici, acriticamente, fanno proprie le conclusioni, spesso taroccate, di un servizio pubblico notoriamente inadempiente nei confronti della l. 241/90 e fortemente schierato, quasi sempre e ovunque, con il genitore collocatario (leggasi madre).

La legge è chiara, il giudice deve decidere personalmente sull’affido dei minori, deve ascoltarli, con tutti gli ausili che ritiene opportuni, e sulle disposizioni attuative dell’affido, non può delegare il servizio a sostituirlo. Ciò non avviene perché non c’è la volontà di predisporre sale di audizioni per permettere ai genitori e ai loro difensori di assistervi in modo protetto e non c’è la volontà di videoregistrare gli incontri, il cui costo è irrisorio rispetto alle somme di danaro pubblico che si sperperano come quelle per pagare, con soldi pubblici, le parcelle dei curatori speciali dei minori, la cui nomina dovrebbe avvenire quando c’è una riscontrata conflittualità genitoriale per colpa di ambedue i genitori e non per semplice denuncia e/o contestazione del genitore collocatario, fortemente interessato a tutelare i propri benefici economici. La politica, comunque, anche quella locale, in questi casi, dovrebbe intervenire e predisporre attrezzate sale di ascolto dei minori in grado di registrare gli incontri e dare immediata copia delle registrazioni ai genitori e/o ai loro difensori per permettere, così, un proficuo contraddittorio a tutela, prima di tutto, del minore.

I servizi sociali devono ritornare a fare il loro servizio di raccolta delle informazioni sui minori e sui loro genitori, senza sostituirsi al giudice e il giudice è pagato per fare il giudice, a tutela esclusiva del superiore interesse del minore.

Il curatore speciale del minore non può essere un robot a servizio del genitore collocatario, così come avviene oggi nella maggior parte dei casi, e il giudice che lo ha nominato deve provvedere immediatamente alla sua sostituzione o revoca della nomina. Tutti gli incontri che fa con i minori, poi, dovrebbero essere videoregistrati per essere a disposizione di ambedue i genitori che hanno il sacrosanto diritto al contraddittorio e di verificare cosa fa il curatore speciale sul piano della liceità del suo operato. Non può essere, in definitiva, un supporto alle tesi del genitore collocatario, che, per il 94% dei casi, è la madre. In questo caso, la sua nullità è pressoché indiscutibile, come pure è indiscutibile una maggiore prudenza del giudice nel nominarlo, se si vuole tutelare gli interessi e i diritti dei minori e le casse dello Stato, visti i loro considerevoli costi nella maggior parte delle controversie.

L’ascolto del minore è un dovere morale a cui i giudici non possono sottrarsi ed i genitori lo devono pretendere tramite i loro difensori e, se questi traccheggiano o cercano di evadere alle richieste del proprio assistito, a quest’ultimo compete revocare il mandato, senza tentennamenti, se vuole tutelare i propri figli.

Maggiore correttezza e rispetto della legalità, inevitabilmente, garantisce il rispetto dei diritti dei minori, anche perché “il legislatore (europeo, n.d.r.) ha inteso tutelare l’autodeterminazione e la personalità del minore, che designa il patrimonio individuale del singolo da individuarsi non solo nelle capacità e inclinazioni naturali ma anche nelle aspettative del minore.” (art. 21 del Reg. UE 1111 del 2019, p. 52, Rel. Ill.)

Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori (aps), www.genitoriseparati. it - contatti: tl. 347.650 4095 o Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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