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La Legge va applicata per tutti

e non interpretata per gli amici


La legge è uguale per tutti, come ci ricorda la troneggiante scritta nelle aule dei tribunali, era un nobile desiderio dei padri costituzionalisti che, da decenni, si è trasformato in uno stratagemma per nascondere una terribile verità, come sottolinea con amarezza la saggezza popolare: la legge di applica ai nemici (e a chi non ha santi in paradiso) e si interpreta per gli amici. Non abbiamo nulla contro i magistrati onesti e rispettosi del diritto italiano, ma non possiamo sottacere lo scellerato abuso che troppi giudici fanno dei diritti umani, soprattutto nell’affido dei minori. Chi frequenta i tribunali ne ha continuamente la riprova che la giustizia è ingiusta, come denunciava già vent’otto anni fa il prof. Antonio Sonatore prima di darsi fuoco dinnanzi al tribunale di Aosta per denunciare la paternità negata da interessi ancora tutti da chiarire poiché, come purtroppo sappiamo, anche le sentenze non sempre corrispondono a verità.

Ma ritorniamo alla saggezza popolare che ha bollato come abuso l’anomalo comportamento di troppi magistrati che, non sempre a loro insaputa, si rendono responsabili delle discriminazioni consolidate nei confronti di un solo genitore (sempre il padre per il 94% dei casi) preferendo, sempre e nonostante tutto, la madre come “custode” dei figli anche quando i fatti dicono ben altro. Inutili sono le denunce (definite con disprezzo “lagnanze” da alcuni arroganti e incompetenti giudici) dei padri estromessi dalla vita dei figli perché le loro denunce invece di aprire una seria e approfondita indagine, come la legge e la giurisprudenza con chiarezza sottolineano, si affrettano a ignorare quanto fatto presente dal genitore non collocatario o frettolosamente le archiviano, condannato lo sfortunato padre a rifondere le spese legali all’altro genitore. Una beffa che non può continuare a passare inosservata per i pressanti interessi delle lobby che speculano su questa giustizia ingiustizia con una serie di inutili organismi, fortemente costosi per i cittadini, che l’ordine forense non osa contestare e che la politica volutamente ignora come se la giustizia sociale non sia di sua pertinenza.

 

Nessun tribunale n è un’isola felice per i genitori non più conviventi e per i figli affidati, sempre, alla madre definita” collocataria” per rendere nulle le conquiste della legge n. 54 del 2006 e per non intaccare l’arcaico e consolidato matriarcato che arriva ad accusare il maltrattato padre di essere l’espressione di un violento patriarcato. La violenza di genere quando le vittime sono i minori e i padri separati (si veda su questo sito la diretta del convegno tenuto proprio ad Aosta il 12 ottobre) è inaccettabile ed occorre fare chiarezza che la violenza, nell’affido dei figli, colpisce proprio i cittadini meno difesi, minori e padri separati.

La quotidiana violenza sui minori e sul genitore separato, quando riscontrata con una seria e approfondita indagine, non può essere più permessa sia dai presidenti dei tribunali che dal ministero della giustizia e dal Csm poiché non esistono figli e genitori di serie a e di serie b. La giustizia ingiusta non è prevista dal codice civile e penale e i giudici, fautori di questa ingiustizia, non sono amovibili e possono essere licenziati o, comunque, trasferiti ad altri incarichi fuori dal ministero della giustizia. E’ questione di giustizia.

Ai giudici destinati al settore famiglia si chiede, prima di tutto, di dimostrare con il loro operato di conoscere la legge, la giurisprudenza e la dottrina su questa delicata e complessa materia poiché la mancata applicazione danneggia prima di tutto i minori e il padre estromesso dalla loro vita e, di conseguenza, la stessa società. L’affido dei figli non un affaire della madre e di chi le regge il sacco, ma un atto di giustizia conseguente all’applicazione della legge e non frutto di una consenziente soggezione (e pertanto perseguibile, sempre per legge) ai diktat di genere che amministra ingenti somme in nome di una violenza generalizzata sulla donna anche quando tante denunce non sono vere, comprese quelle previste nel c.d. codice rosso, ma sono frutto di manipolazioni, anche fa parte di alcuni legali, di strutture senza scrupoli civili per speculazioni puramente economiche. Tutto ciò danneggia seriamente chi è vittima della violenza di genere, cioè, ma anche minori e padri separati, vittime della violenza femminile.

Nei tribunali la legge, quella scritta dal Parlamento, si applica e non si interpreta con discrezionalità e con teorie sociali e psicologiche farlocche di circostanza. La legge si applica sempre e per tutti. Il resto è solo abuso di potere e discriminazione.

Entrata in vigore la legge sull’affido condiviso (l. 54/2006), la casta dei giudici, supportati dall’altra casta, quella dei legali, non si è preoccupata di applicarla nelle aule dei tribunali ma, invece, ha formulato l’ipotesi, inesistente, della collocazione prevalente dei minori presso la madre (94% dei casi), per escludere l’affido condiviso paritetico, rinunciando, così, a porre il minore al centro dell’affido rendendolo una appendice degli interessi materni. Solo pochi legali e pochi giudici hanno contestato questo abuso della magistratura poiché non spetta loro formulare “leggine” parallele per non “danneggiare” il potere materno sui figli e sulle casse del padre. Questa vuota formula “collocamento prevalente presso la madre”, di fatto, permette al giudice e ai sempre condiscendenti servizi sociali li lavorare di meno e, soprattutto, di non leggere i fascicoli del procedimento e procedere con sentenze standardizzate, dimenticando che il giudice è chiamato a decidere lui, e non i servizi sociali, caso per caso. Ciò ovviamente richiede un lavoro attento e personalizzato che molti giudici potrebbero non voler fare.

Ma la pericolosa autodifesa di molti magistrati a non lavorare troppo e leggere i fascicoli, tutti e tutto, ha prodotto un’altra ingiustizia: il protocollo sulle spese straordinarie, anche queste standardizzate senza tenere conto delle profonde ingiustizie create con l’incremento delle spese straordinarie, comprendendovi anche quelle che, invece, sono spese ordinarie e coperte dall’assegno di mantenimento per i figli già erogato dal padre. Anche qui è sempre presente il consenso dell’ordine forense e delle infinite associazioni di legali, esclusi quelli defunti, che si ritengono rappresentanti dei genitori nella determinazione – standardizzata – delle spese straordinarie. Alcuni tribunali, ora come nelle Marche, cercando di formulare un protocollo valido a livello distrettuale per meglio imporlo.

Il protocollo è solo indicativo e non può essere imposto, come invece sta avvenendo, poiché i giudici applicano la legge e gli avvocati sono saporitamente pagati per difendere nei procedimenti di affido il genitore e per non sostituirsi a lui e il protocollo non è assolutamente vincolante poiché le leggi le fa il Parlamento e non i giudici e gli avvocati con l’assurda esclusione dei diretti interessati dei minori, cioè i genitori!

Consigliamo ai magistrati di impiegare il loro tempo non per escogitare strategie per lavorare di meno e per non leggere i fascicoli, ma per aggiornarsi sulle leggi, sulla giurisprudenza e sulla dottrina, per evitare sentenze che ignorano il diritto e che sono espressione di una psicologia sull’età evolutiva e relazionale alquanto discutibile per le macroscopiche incongruenze. Il Parlamento fa le leggi e i giudici le applicano, caso per caso, e non in modo standardizzato poichè ogni realtà ha le sue peculiarità che il giudice deve conoscere per applicare la legge.

La polemica attuale sulla giustizia di comodo e partigiana deve essere estesa anche all’affido dei minori e agli abusi quotidianamente commessi, da sempre, da troppi giudici poco attenti al detto che la legge è uguale per tutti.

Il tutto, però, si risolverà quando i giudici risponderanno civilmente e penalmente del loro operato e dei loro errori che troppo spesso hanno segnato definitivamente il destino dei minori e che potrebbero essere la causa dei tenti suicidi tra i genitori estromessi dai loro figli. La responsabilità civile e penale esiste per tutti, eccetto che per la magistratura e ciò è molto indicativo.

Ubaldo Valentini - contatti: tel. 347.650 4095 o Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.

 

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