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Affido: è imprescindibile la chiarezza dei ruoli

tra genitori, istituzioni, tribunale e servizi sociali


Si parla dei minori con tanta facilità e con tanta saggezza domestica, come se la psicologia dell’età evolutiva, la pedagogia e la sociologia siano remote scienze annientate dal pressapochismo dominante in ogni settore della società. La tutela dei minori e dei diritti genitoriali, però, sono ben altra cosa e non sottostanno alle mode che una dominante pseudo-cultura incentrata sull’effimero vorrebbe spacciare per valori esistenziali. I figli non sono oggetti, né di un genitore e nemmeno di istituzioni il cui etico ruolo per la loro tutela, talvolta, è annientato da un bieco risvolto economico, ma sono persone, fin dal loro concepimento e, come tali, vanno rispettate, sempre ed ovunque.

La società, soprattutto quella locale, ha il dovere di vegliare sul rispetto dei diritti dei minori e dei loro genitori per garantire loro una crescita equilibrata, positiva e propositiva, per meglio valorizzare le proprie capacità umane e professionali e per meglio guidare una società che dipenderà proprio da questi minori, che, oggi, con molta facilità, ignoriamo e, talvolta, perseguitiamo col sostituire i nostri egoistici tornaconti ai loro reali, ideali, interessi.

 

La comunità di appartenenza dei minori verrà coinvolta in questo progetto di solidarietà civile e sociale solo quando verrà garantita la distinzione dei ruoli e verrà fatta chiarezza sulle competenze dei genitori, delle istituzioni, dei tribunali e dei servizi sociali, non permettendo che la genitorialità sia una appendice di altre esigenze predominanti, come, purtroppo, avviene nelle aule dei tribunali e nell’incontrollato operare delle istituzioni pubbliche.

Pretendere il rispetto dei ruoli e chiedere chiarezza nell’operato delle istituzioni pubbliche è come pretendere l’impossibile, poiché la quotidianità ci insegna che avviene il contrario e che i minori non contano nulla e quasi sempre sono una risorsa economica per il genitore collocatario, per le lobby, che, per trarne consistenti vantaggi economici, speculano sulla cattiva gestione degli affidi, con la pacifica estromissione del padre, visto che, con l’inganno della collocazione prevalente dei figli presso la madre (94% dei casi), di fatto, questo genitore non conta più nulla e la madre gestisce in modo esclusivo la prole, coadiuvata anche dai perniciosi protocolli sulle spese straordinarie, del tutto a suo favore, formulati dai magistrati e dai locali avvocati con la esclusiva estromissione dei genitori, unici legalizzati a parlare e decidere sui propri figli.

Siamo consapevoli del fatto che questa sia una battaglia contro i mulini a vento, la cui vittoria, però, è possibile se le forze della trasparenza e della obiettiva imparzialità negli affidi verrà portata avanti con coraggio da tutti nel mondo dei tribunali e delle politiche sociali.

Le parole dei politici e le prosopopee dei servizi sociali non aiutano la giustizia, ma nemmeno la giustizia nulla fa per ridare senso alla trasparenza, alla condivisione ed alla equità genitoriale per combattere la tracotanza e la discriminazione, che continuano a considerare il padre negativo per la crescita dei figli. Genitorialità sì, ma per ambedue i genitori garantendo diritti autentici per i minori (bigenitorialità) e per i genitori (cogenitorialità), e, di conseguenza, si prendano drastici provvedimenti per chi non rispetta questi due diritti fondamentali per la crescita e la formazione dei minori.

Le politiche sociali italiane, sia nazionali che locali, non conoscono i diritti dei minori e dei genitori e lo stesso assessorato è in balìa delle potenti lobby che affiancano i servizi sociali e che non permettono il monitoraggio del loro operato e l’emissione anche di drastici provvedimenti disciplinari ed economici per chi non rispetta i diritti dei cittadini. Da sempre lo chiediamo e l’attuale assessore non solo snobba le nostre richieste, ma deride perfino a chi, tra i consiglieri regionali, chiede trasparenza, regolamentazione chiara, ma drastica, dell’operato dei servizi sociali, garanzie per i cittadini offesi ed estromessi dalla vita dei figli e costretti ad una vita inaccettabile, poiché il genitore collocatario lavora per mantenere i figli e foraggiare l’altro genitore (incomprensibilmente graziato dal giudice dell’affido a non provvedere al mantenimento dei figli), non potendo nemmeno ricorrere al tribunale per le esose parcelle dei difensori.

Una giustizia giusta, comunque, non permetterebbe il permanere della sopraffazione di un genitore sull’altro e tantomeno il permanere delle palesi e odiose discriminazioni verso il genitore non collocatario, quasi sempre il padre. Ma, per raggiungere questi minimi obiettivi, occorre la volontà di farlo da parte del giudice, che, invece, sbrigativamente ripropone sempre le stesse modalità di affido per ragioni non certamente giustificabili. Gli organi territoriali di controllo tacciono, ma non se ne comprende la ragione, visto il palese sperpero di danaro pubblico e la malagestione delle risorse dell’assessorato alla Salute, sanita e politiche sociali, il cui reggente, una volta accertato l’abuso dei soldi pubblici, dovrebbe rifondere di propria tasca sia l’ente regionale che ai padri male informati sui diritti che sui soldi percepiti dai loro figli e segretamente elargiti alla madre collocataria, il danno economico subito in sede giudiziale. Tutto ciò è giustizia ingiusta di cui qualcuno, dopo i dovuti accertamenti, dovrà pur rispondere ai genitori vittime degli abusi e a cui si vieta anche l’accesso a dati pubblici.

Più che di giustizia ingiusta siamo in presenza di vera e propria malagiustizia programmata.

 

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