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20 novembre


Ha ancora senso la Giornata dell’Infanzia

e dell’Adolescenza?


Una ritualità, quella della ricorrenza del 20 novembre, per celebrare i diritti negati all’infanzia e agli adolescenti, che si è trasformata nella raccolta di fondi per la tutela dell’infanzia del terzo mondo e per sollecitare anche i lasciti testamentari ai vari organismi, compreso l’Unicef, che dichiarano di operare per la sopravvivenza dell’infanzia, ma che, puntualmente, non ci dicono che fine fanno le somme raccolte e i lasciti e nemmeno ci rendono edotti dei costi gestionali di organismi che si basano sul volontariato, ma che pagano, anche saporitamente, i responsabili e dirigenti di questi organismi.

La Convenzione Onu sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza, nonostante sia stata ratificata dalla maggior parte degli stati del mondo, ancora non è pienamente applicata. La ricorrenza viene celebrata con solennità, ma anche con molta inutile ritualità, perché i problemi dell’infanzia e dell’adolescenza non si risolvono solo con le offerte pecuniarie e i lasciti testamentari, ma necessitano anche di una vasta e sostanziale cultura del rispetto dei minori che presuppone l’educazione dei genitori ad essere genitori responsabili della loro procreazione.

Le problematiche dell’infanzia e dell’adolescenza non possono essere identificate solo con la loro sopravvivenza nei paesi poveri e in via di sviluppo, ma devono essere riportate nell’ambito delle mancate politiche a tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, così come prevede la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991, con la Legge n. 176.

 

La Convenzione, in Italia, anche se timidamente citata in alcuni atti di affido, di fatto viene ignorata dai politici e dai giudici, poiché i primi non formulano leggi chiare e vincolanti per la sua attuazione nei tribunali, dove i giudici non sempre sono attenti alle esigenze e ai diritti negati ai minori. Negli affidi, infatti, prevalgono le esigenze dei genitori, degli adulti, piuttosto che quelle dell’infanzia e dell’adolescenza, perché predomina, ancora, il preconcetto secondo cui i minori, di fatto, non abbiano diritti inalienabili. Non preoccupano il dilagante abbandono scolastico, anche in Italia, la diffusione devastante delle beby-gang e della microcriminalità, l’uso incontrollato dell’alcol e degli stupefacenti, la cultura del disimpegno sociale e della facile violenza, assai diffuso tra i giovani, sia italiani che figli di extra-comunitari. Questi sono fattori che contribuiscono a creare insicurezza sociale e che relegano l’integrazione alla pratica del rifiuto della legge e della cultura tradizionale, di cui sono espressione certe organizzazioni minorili, che infestano il tessuto sociale contemporaneo.

Il fenomeno riguarda, in modo particolare, i minori, i cui genitori non sono più conviventi, ed è espressione del fallimento dei servizi sociali, della scuola e dei genitori, che non riescono a vedere come il loro disinteresse genitoriale sia la causa principale del malessere dei loro figli. Un fallimento “benedetto” dai servizi sociali, i cui operatori, spesso, sono privi di professionalità, e da alcuni giudici “frettolosi” che non sono in grado di garantire la reale bigenitorialità e il necessario rispetto della cogenitorialità. Senza le pari opportunità genitoriali e l’affido paritario dei figli - obbligando, in linea generale, i genitori a rispettare le esigenze di continuità dei rapporti sociali, scolastici e amicali dei figli, che vengono prima delle esigenze del genitore di vivere altrove rispetto al luogo dove i figli sono nati e cresciuti - non si attua il rispetto delle esigenze e dei diritti dei minori, che non votano, ma, per questo, non possono essere snobbati.

Il nodo è quello del rispetto della parità genitoriale, eliminando i c.d. affidi con collocazione prevalente presso un solo genitore, che, di fatto, si comporta come se fosse un affido esclusivo, e applicando l’affido paritario, che mette i genitori sullo stesso piano, sottraendo i minori alle speculazioni economiche, e non solo, del genitore collocatario. Il mancato rispetto della bigenitorialità e della cogenitorialità dovrebbe essere combattuto con provvedimenti restrittivi nei confronti del genitore che commette l’abuso e che induce i figli a rifiutare l’altro genitore.

La Pas esiste e in modo pesante penalizza i minori e il genitore non collocatario. La giustizia non può sostenere la sua inesistenza quando la realtà, chiara e inequivocabile, dice ben altro. I servizi sociali, che amano aggiudicarsi con scaltrezza le prerogative dei giudici, non possono continuare ad ignorare i profondi e compromettenti disagi dei minori, provocati, molto spesso, proprio dalla loro superficialità e ignoranza della psicologia dell’età evolutiva.

I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza vengono difesi quando vengono rimosse le cause che, di fatto, li negano e ciò spetta ai politici, con leggi serie e chiare, ed ai giudici, che, invece, di fare protocolli, devono applicare il diritto minorile e di famiglia, senza pericolose e devastanti interpretazioni che annullano lo stesso diritto.

E’ questione di correttezza politica e di applicazione delle norme vigenti, troppo spesso evase o negate da furbeschi protocolli tra giudici e avvocati. Le leggi e le norme applicative spettano al Parlamento, ma non ai giudici ed agli avvocati che si fanno pagare, anche bene, per le loro prestazioni.

La celebrazione del 20 novembre resta una pura formalità per tacitare la coscienza con l’oblazione di alcuni spiccioli, se non si entra nel vivo della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza con iniziative tese a cambiare i rapporti sociali tra genitori e figli, ma anche tra ricchi e poveri. Il resto è solo un espediente per gettare fumo sul disimpegno sociale della maggior parte dell’unanimità, che, alla fine, è più dannosa che utile per l’umanità, poiché provoca solo illusioni, ma non risposte concrete al malessere giovanile.

Ubaldo Valentini

 

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