PDF Stampa E-mail

Il reato di mancato mantenimento della prole


Si torna a parlare dell’omesso mantenimento all’altro coniuge e ai figli e le recenti sentenze prese dalle sezioni della Cassazione, civile e penale, con le loro divergenze, evidenziano come la valutazione della violazione dell’art. 570 bis c.p. sia molto più complessa delle soluzioni salomoniche, che, invece, caratterizzano le condanne del mancato versamento dell’assegno di mantenimento, spesso giustificate da un diritto astratto che non pondera i fatti concreti che sono alla base della controversia tra obbligato e aventi diritto al mantenimento.

La sesta sezione penale, con la sentenza n. 32576/2022, nello specificare i presupposti nei quali si consuma il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, introduce l’attenuante della sopravvivenza dignitosa per l’obbligato. Il giudice, recita la sentenza, nei provvedimenti di sua competenza, deve tener conto non solo dello stato di occupazione lavorativa del genitore inadempiente ma, anche della sua reale possibilità di accedere a risorse economiche ulteriori e/o diverse per bilanciare le reali possibilità dell’obbligato, quasi sempre il padre, con il diritto della prole e dell’ex a vedersi corrisposto il mantenimento stabilito dal giudice.

Un livello di vita dignitoso costituisce, secondo gli Ermellini, la soglia minima invalicabile, all'interno della quale non può imputarsi alcuna responsabilità penale al padre obbligato che omette il mantenimento ai figli, purché si dimostri la sua buona volontà a ricercare una soluzione alla sua mancata autonomia economica.

Per l’omesso mantenimento della prole, l’obbligato, dunque, non può essere condannato penalmente in modo automatico, ma il giudice di merito deve tener presente, in concreto, della valutazione delle ragioni che lo hanno indotto ad omettere il mantenimento.

“Occorre, cioè, tenere in considerazione, si legge nella sentenza, i beni giuridici in conflitto, assegnando certamente prevalenza alla tutela della prole e, comunque, del familiare c.d. "debole", in ragione dei doveri di solidarietà imposti dalla legge civile (articolo 433 c.c. ss.,), ma individuando il punto di equilibrio tra i medesimi, secondo il canone generale della proporzione e tenendo conto di tutte le peculiarità del caso specifico: importo delle prestazioni imposte, disponibilità reddituali dell'obbligato, necessità per lo stesso di provvedere a proprie esigenze di vita egualmente indispensabili (vitto, alloggio, spese inevitabili per la propria attività lavorativa), solerzia, da parte sua, nel reperimento di possibili fonti di reddito (eventualmente ulteriori, se necessario, rispetto a quelle di cui già disponga), contesto socio-economico di riferimento e quant'altro sia in condizione d'influire significativamente sulla effettiva possibilità di assolvere al proprio obbligo, se non a prezzo di non poter provvedere a quanto indispensabile per la propria sopravvivenza dignitosa.

L’impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento verso i familiari imposti dal giudice civile deve essere assoluta, ma non limitarsi alla sola condizione di disoccupazione dell'obbligato, che potrebbe avere altre rendite finanziarie ed introiti diversi dalla disoccupazione, con l’avvertenza che assolutezza non vuol dire indigenza totale. La valutazione non deve essere dedotta da principi giuridici (diritti della prole), ma deve essere fatta caso per caso.

Altre sentenze della Cassazione penale, anche recenti, ribadivano, invece, che l'obbligo di versare l'assegno di mantenimento si applicava automaticamente a seguito della decisione dei giudici, ma non era subordinato alla condizione economica attuale dei beneficiari e dell’obbligato, indipendentemente dal loro stato di necessità contingente.

Una vita dignitosa, secondo la presente pronuncia, è un diritto non comprimibile e costituisce la soglia minima invalicabile per condannare in sede penale l’obbligato che omette di versare il mantenimento alla prole.

L'assicurazione di un livello di vita dignitoso costituisce, secondo gli Ermellini, il limite invalicabile, all'interno del quale non può imputarsi alcuna responsabilità penale in capo al padre che omette il mantenimento alla prole.

 

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information