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Quando la violenza di genere è
contro i minori e i padri separati
La violenza è sempre violenza e come tale va sempre condannata. Diventa di genere perché si manifesta, contro le donne, in modo cruento, anche se la violenza fisica è solo la punta di un iceberg che disgrega tutti e tutto. Le pari-opportunità e i centri antiviolenza questo non lo hanno capito e continuano a fare clamore su ripugnanti casi di femminicidio, dimenticando che sono vittime della violenza anche gli uomini e soprattutto i minori, ai quali, nelle separazioni, viene, di fatto, negata la bigenitorialità e la cogenitorialità al genitore non collocatario, in nome di una tutela dei diritti che, al contrario, non c’è.
La violenza psicologica, quotidiana e martellante, procura nella personalità dei bambini una tragica insicurezza e malessere che finiscono per condizionare in modo irreparabile il loro futuro. Nessuno pensa seriamente a questo sottile, incontenibile e lacerante malessere di persone impotenti a reagire ed a darsi una ragione di ciò che sta loro capitando, predominando la cultura della insignificanza del bambino, che, tanto, prima o poi, crescerà, e degli intoccabili diritti (sarebbe meglio chiamarle esigenze) dell’adulto, che non può aspettare. Nessuno pensa al dramma dei padri, a cui è concesso, in concreto, di assolvere al ruolo di genitore economico, ma non altro.
Lui è marginale nella vita dei figli e le sue qualità genitoriali non contano nulla, il quale, una volta sperimentato di essere impotente dinnanzi alle istituzioni che dovrebbero tutelare ogni cittadino, si lascia annullare da atti estremi per contestare, a modo suo, questa società, indifferente verso le aspettative di un genitore che non vorrebbe rinunciare alla propria genitorialità.
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