|
|
|
Nel trentennale dalla morte
Il dovere di non dimenticare Antonio Sonatore
Un cartello lasciato sul punto esatto in cui il maestro e psicologo Antonio Sonatore si era dato fuoco, assieme a tanti mazzi di fiori di amici, conoscenti, ma anche di numerosi cittadini, portava scritto: “Noi, però, abbiamo capito, non ti dimenticheremo”. L’oblio, invece, è calato su questo padre, che ha lottato contro una giustizia ingiusta, per vicende che, oggi, potrebbero risultare del tutto ostative verso un padre che non voleva rinunciare al suo diritto alla paternità. Un oblio
spiegabile solo con la pretesa che la giustizia non possa sbagliare anche provvedimenti inopportuni e che lui, Antonio, non era solo uno psicologo e maestro amato dai suoi allievi, dai colleghi, dai genitori dei bambini a cui faceva scuola e da tutti coloro che lo hanno conosciuto, dimenticando che, con il suicidio, ha lasciato, alla figlia e ai mancati tutori della genitorialità, un impegnativo messaggio: la genitorialità va rispettata e aiutata, ma non ostacolata con provvedimenti che rispondono, spesso, alle pressioni di chi, non amandolo più, chiedeva il suo oblio sia in vita che dopo la morte.
Il suo gesto va visto nella drammatica realtà dei padri che non vedono e non possono frequentare i propri figli per le inadempienze (talvolta fortemente ingiuste) di chi, invece, dovrebbe tutelarli o per le indebite ingerenze dei familiari. Il 7 aprile, in tutto il mondo, a ricordo del gesto del maestro valdostano, si tiene la giornata del padre estromesso dalla vita dei propri figli. Solo in Valle d’Aosta si continua a ignorare questo padre, forse anche per possibili ingerenze, che potrebbero risultare anche inaccettabili, di persone che, dopo trent’anni, dovrebbero contribuire a fare chiarezza su quel tragico gesto di cui, allora e negli anni successivi, ne ha parlato anche la stampa nazionale. La quasi totalità dei consiglieri regionali VdA votano sempre contro qualsiasi richiesta che riguarda Antonio Sonatore, compresa una stele dinnanzi al tribunale e/o la dedica di una via per ricordare questo valdostano, conosciuto nel mondo perché, come si giustifica il presidente della Regione, la figlia non vuole. Ne sa qualcosa il capogruppo della Lega, Andrea Manfrin, che si è visto rigettate tutte le sue interpellanze, perché la maggioranza dei consiglieri non volevano e non vogliono contrastare i diktat della figlia.
Non ci fermeremo e cercheremo di fare chiarezza su questo fatto accaduto davanti al tribunale di Aosta.
La figlia, c’è da chiedersi, con quale diritto vuole che non si parli di suo padre, che si era dato fuoco proprio perché voleva stare più tempo con lei e perché lottava contro la giustizia ingiusta nella gestione degli affidi. Non era pazzo e nemmeno un paranoico, ma solo un padre attento e premuroso che voleva fare il padre, a cui gli è stato impedito da un provvedimento che gli aveva tolto la possibilità di vedere e frequentare la figlia. Tutti ci parlano del suo amore per la figlia, per la disponibilità con i colleghi nel lavoro scolastico e il suo continuo rinnovamento della didattica, tanto che aveva già anticipato l’introduzione dell’uso del computer in classe. Il funerale ha visto la presenza silenziosa di una marea di cittadini che volevano testimoniare la loro stima, tanti fiori e tanti bambini con fiori bianchi e gialli. Volti mesti, che stavano a denunciare una ingiustizia, quella della sua morte, che poteva essere prevenuta se si fosse dato ascolto alla sua plateale - ma sempre educata – protesta. I bambini, nella loro spontaneità, gli sono stati vicini e conservano, anche dopo trent’anni, un nitido ricordo dello stimato maestro.
|
Leggi tutto...
|