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Perseguibili le false dichiarazioni
per il patrocinio a spese dello Stato
Il patrocinio a spese dello Stato, il c.d. patrocinio gratuito, è un istituto giuridico (DPR 115/2002) che garantisce la difesa gratuita a chi ha un reddito minimo lordo inferiore ad €. 12.838,01, compresi i redditi dei familiari (elevato, nei processi penali, di €. 1.032,91 per ogni familiare convivente) e viene concesso per i processi civili, penali, amministrativi, contabili, tributari e di volontaria giurisdizione (anche nei processi per separazione e divorzio). Le spese del processo vengono pagate dallo Stato e la scelta del difensore è una prerogativa del richiedente.
La veridicità del reddito dichiarato di cui si è titolari dovrebbe essere verificata, dopo il deposito dell’istanza di ammissione, dall’Agenzia delle Entrate. Il mutamento delle condizioni reddituali in corso di causa comporta la revoca o l’ammissione precedentemente negata all’istituto. La dichiarazione dei redditi complessivi viene fatta direttamente da colui che ne richiede l’ammissione, il quale potrebbe anche manomettere i dati ufficiali con dichiarazioni incomplete o, addirittura, false.
Se la dichiarazione è incompleta e/o falsa e il beneficio è stato ottenuto con l’inganno poiché chi ha sottoscritto la richiesta non poteva non sapere di non averne diritto, interviene la condanna, così come ancora una volta ha ribadito la Cassazione (ordinanza n. 12175/2024) che ha confermato la condanna in appello ad 1 anno di reclusione e 600 euro di multa inflitta ad un soggetto per il reato 110 c.p. e 95 d.P.R. n.15/2002 perché nell’istanza per ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato aveva dichiarato, falsamente, di trovarsi nelle condizioni economiche previste per l'ammissione al beneficio.
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