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Pas o non Pas


I figli vanno subito collocati presso il padre

se la madre li danneggia psicologicamente


avv. Francesco Valentini*

Lo strumentale dibattito sull’alienazione genitoriale di quei minori che rifiutano il genitore con cui non vivono (al 94% il padre) distoglie l’attenzione sul diffusissimo fenomeno della manipolazione dei figli, costretti a rinunciare alla bigenitorialità e, purtroppo, non si parla del padre, a cui viene negato il diritto alla co-genitorialità.

La Pas, indipendentemente dalla sua scientificità, è sinonimo di estromissione del genitore non collocatario/affidatario dalla vita dei propri figli e i tribunali non possono continuare a sottovalutare o, fatto ancor più grave, ignorare questo drammatico fenomeno per “salvaguardare” il genitore collocatario/affidatario (quasi sempre la madre), le cui responsabilità sarebbero palesemente evidenti.

Il falso problema della PAS

La Pas è rigettata dalla Suprema Corte di Cassazione (I Civile, ordinanza n. 13217 del 17.5.2021), rinnegando o, comunque, ridimensionando, di fatto, una sua precedente ordinanza (I Civile, sentenza n. 6919 dell’8.4.2016), su pressione delle lobby femministe, che hanno esaltato questa ordinanza, da tempo attesa, e dell’Ordine degli psicologi, poco inclini ad ammettere le responsabilità del genitore collocatario/affidatario (quasi sempre la madre) nel rifiuto del genitore non collocatario/affidatario (quasi sempre il padre) da parte dei figli e nel mancare di eseguire dolosamente i provvedimenti del giudice che regolamentano il diritto di visita dell’altro genitore. Quando un figlio rifiuta il padre con la fraseologia materna, anche quando è piccolissimo, è evidente che la madre collocataria, con la sua continua pressione psicologia e/o con quella dei suoi congiunti ed amici, lo ha indotto a non vedere il padre ed a rifiutarlo.

La senatrice pidiessina Valeria Valente, presidente della “Commissione di inchiesta sul femminicidio”, forte della risposta del ministero della Salute ad una sua interrogazione, che sottolineava “la non attendibilità della Pas e il rischio dell’uso distorto di tale diagnosi nei casi di bambini contesi”, in un comunicato stampa, o meglio in un suo diktat, del 05.06.2020, tuona contro la Pas, perché, a suo dire, “non è una sindrome e tantomeno un disturbo psichico individuale e nemmeno un disturbo psichico individuale definito e, pertanto, non può essere utilizzata nei processi di separazione, specie nei casi di violenza domestica”.

La senatrice non si pone il problema delle centinaia di migliaia di genitori non collocatari/affidatari (quasi sempre i padri) che non riescono a vedere i propri figli nei tempi stabiliti dal giudice e delle centinaia di migliaia di figli privati della bigenitorialità, con drammatiche conseguenze.

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