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Al Tribunale di Perugia
Succede anche questo
Spesso abbiamo assistito a provvedimenti di alcuni giudici che, con il sistema del copia e incolla, riportano fatti del tutto estranei al procedimento: padri di un solo figlio minore quasi maggiorenne che si vedono padri di più figli; padre con due figli e nel prosieguo del provvedimento si parla di una bambina e si riferiscono fatti e richieste inesistenti. I reclami e i ricorsi in appello quasi sempre vengono rigettati e al genitore che è ricorso alla Corte d’Appello per la tutela dei diritti dei figli e propri si vede, oltre al rigetto del ricorso/reclamo, anche condannato a pagare il doppio contributo unificato e il sostenuto onorario dell’avvocato di controparte. L’assurdità o, ancora peggio, la superficialità dei provvedimenti di alcuni magistrati perugini potrebbe continuare.
La maggior parte dei genitori “abusati” dalle istituzioni non hanno soldi per pagarsi i legali per ulteriori ricorsi e, di conseguenza, devono rinunciare ai diritti inalienabili dei figli e propri. E’ questa la giustizia di uno Stato democratico?
La situazione perugina è divenuta intollerabile e Roma non può continuare a far finta di non sapere.
Il fatto
Un padre umbro, rientrando a casa al termine del lavoro, non vi trova più la moglie e i suoi tre figli, di cui uno di appena due anni e la più grande quasi maggiorenne, mentre il mezzano, dopo qualche settimana, è tornato ad abitare con il padre. Da quel momento, questo padre si è visto rifiutato dalla figlia e non gli è stato permesso di tenere con sé il figlio piccolo. Dopo i provvedimenti provvisori ed immediati del presidente del Tribunale, la madre, imperterrita, non rispettava i turni previsti dal giudice, pretendendo di farglielo “vedere” qualche volta per pochi minuti e in sua presenza. Attualmente, da cinque mesi, non lo rivede, perché il bambino, in età prescolare (!), lo rifiuta.
A seguito delle continue violazioni materne delle disposizioni del tribunale, il padre, dopo le inutili sollecitazioni scritte, anche del proprio avvocato, è stato costretto a sporgere querela-denuncia nei confronti della madre, che, con espedienti vari, non permetteva e continua, di fatto, a non permettere al bambino di avere una regolare frequentazione con lui, con il fratello e con la nonna.
Questa forma di tutela del minore e di suo padre è una facoltà prevista sia dal codice civile che da quello penale, ma non è, ovviamente, gradita alla moglie, che, per mascherare il proprio abuso genitoriale e la propria vita privata, ha incominciato a denunciare il marito per violenza in famiglia, falsamente e senza alcuna prova, e, secondo la sua denuncia, il padre sarebbe stato pericoloso per il figlio.
La querela era incentrata sulla mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del giudice, facendo presente che tale atteggiamento ostruzionistico era stato messo in atto dalla moglie dal momento in cui aveva abbandonato la casa coniugale, cioè ancor prima del suo ricorso al tribunale per la richiesta di separazione. Il padre faceva presente che la madre, collocataria prevalente del piccolissimo figlio, non si faceva trovare in casa quando lui andava a prenderlo secondo il calendario previsto dal presidente del Tribunale, pretendendo che l’andasse a prendere dai di lei genitori, ovviamente nelle rare volte che gli permetteva di “vederlo”, come puntualmente documentato nella querela.
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