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Omicidio di Varese


Chi difende i figli di genitori vittime di violenza?


Risposta alle provocazioni di due giornaliste de Il sole 24 ore

“Omicidio di Varese, chi difende i figli delle donne vittime di violenza?” è il titolo dell’articolo, pubblicato su “il sole 24 ore” del 5 c.m., a firma di Chiara Di Cristofaro e Livia Zancaner, preoccupate, principalmente, di addossare l’accaduto al “principio astratto di bigenitorialità a tutti i costi”, applicato nei tribunali italiani, dove “ancora troppo spesso si ignorano le denunce e i precedenti di violenza nei processi di affidamento e nelle decisioni che permettono al genitore violento di vedere il proprio figlio”. Le coordinatrici dell’articolo si pongono la domanda, giusta in sé, se un padre violento può essere un buon padre? La risposta a questa domanda - sostengono però - appare scontata, così ancora non è nel nostro Paese.


Omicidio di Varese, chi difende i figli delle donne vittime di violenza?

scritto da Chiara Di Cristofaro e Livia Zancaner il 05 Gennaio 2022

Il figlicidio di un bambino di sette anni è ignobile e non esistono scusanti per sminuire la bestialità del gesto, come è ignobile il gesto con cui tante madri, di cui l’informazione non ne parla in modo adeguato, sopprimono il proprio figlio, abbandonando il suo corpicino nei cassonetti. Se esiste una generica scusante psicologica di stato depressivo per quest’ultime, simile evenienza non può essere negata ai padri. La violenza non è mai giustificabile e bisogna combatterla sempre e in ogni sua forma in cui si manifesta, anche quando si manifesta in modo subdolo. Troppe accuse materne, come esperienza ci insegna, nel tempo si rivelano infondate e troppi padri vengono espropriati, con arroganza e violenza, dei propri diritti genitoriali. Parliamo di tutto ciò e andiamo a ricercare le vere responsabilità sia nei tribunali, che nei servizi sociali e nell’immorale comportamento di genitori affidatari/collocatari, troppo “protetti” dalle istituzioni, e che finiscono per far profonda e drammatica violenza, esistenziale e non solo, ai minori e al genitore estromesso dalla loro vita.

La bigenitorialità non c’entra nulla con le menti malate ed è un principio che, se veramente applicato nei tribunali, salvaguarderebbe la vita di tanti minori e di tanti loro genitori. Inviterei le coordinatrici dell’articolo a parlare della bigenitorialità con cognizione di causa e non per rispetto di una consolidata prassi di genere, che vede la violenza sempre e comunque riconducibile al solo maschio e che continua a ritenere i figli una “proprietà” della madre.

Fatte queste dovute premesse, affrontiamo la questione della violenza tra i genitori e verso i minori.

Lasciamo stare le “facili e strumentali” interpretazioni delle convenzioni internazionali e le consolidate posizioni – e non potrebbe essere diversamente – delle responsabili di commissioni parlamentari contro il femminicidio, che chiedono la immediata circolarità delle informazioni fra i vari comparti della Giustizia, senza minimamente porsi il problema della attendibilità di certe denunce e/o querele, che vanno sempre verificate e che troppo spesso il tempo smentisce.

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Quando il tribunale riduce o revoca l’assegno di separazione o divorzile


Il beneficiario deve restituire tutte

le somme indebitamente percepite


avv. Francesco Valentini*

L’ordinanza della Cassazione civile (n. 28646 del 13-18 ottobre 2021) stabilisce che   quando il beneficiario non ha più diritto all’assegno di mantenimento e/o all’assegno divorzile e il tribunale riconosce le ragioni dell’obbligato, che ne aveva chiesto la revisione o revoca, deve restituire integralmente le somme indebitamente già percepite. La revoca o riduzione di un diritto riconosciuto dal giudice al momento della separazione e/o del divorzio avviene quando il titolare del diritto si risposa, ha una stabile convivenza o relazione, diviene beneficiario di una consistente eredità, ha un lavoro ben retribuito.

Dinnanzi a questi fatti, l’obbligato ha il diritto di chiederne la restituzione, poiché, come afferma la Suprema Corte (Cassazione civile, ordinanza n. 18287/2018 del 11.07.2018), l’assegno divorzile ha una natura assistenziale, compensativa e perequativa, al fine di compensare le aspettative sacrificate per la cura della famiglia e per mitigare il principio della semplice autosufficienza economica.

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