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La giustizia ingiusta nei tribunali italiani
Anche molti giudici dell’affido fanno tanta politica
e applicano il diritto che dovrebbero far rispettare
Si fa un gran parlare della mancata autonomia di una certa magistratura che, invece di decidere con il codice in mano, fanno spudoratamente politica nell’amministrazione della giustizia. Lo fanno quotidianamente, quando la loro discrezionalità si trasforma in una sfacciata discriminazione verso i minori e verso il loro padre, poiché tengono presenti solo gli interessi di una parte privilegiata di cittadini, la madre, e snobbano i diritti genitoriali, negati sempre ad un solo genitore.
L’affaire politica nell’amministrazione della giustizia, pertanto, riguarda – e molto – non solo i grandi temi sociali, ma anche le separazioni e gli affidi, numerosissimi, dove non conta tanto il diritto sancito dalla Costituzione e dal Parlamento e le indicazioni delle Convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, quanto le radicate convinzioni ideologiche di tanti giudici che discriminano con troppa facilità il padre. Il problema è vecchio e da circa tre decenni denunciamo la giustizia ingiusta dei giudici che interpretano la legge a favore della madre e considerano il padre solo un bancomat, di fatto, senza alcun diritto sulla sua paternità e senza tutelare la bigenitorialità e la cogenitorialità, come la legge prevede e come la giurisprudenza continuamente ci ricorda, ma invano.
Quando le richieste motivate di un genitore che richiede pari dignità genitoriale vengono disattese (arrivando anche alla beffa di rigettare le sue istanze, condannandolo al pagamento delle spese legali della controparte), senza l’apertura di un vero e proprio procedimento sulle sue denunce e sulle dichiarate ingiustizie subite da lui e dai suoi figli, non si applica la legge ma si interpretano preventivamente i fatti in funzione di un solo soggetto e, così, si diviene promotori di una giustizia ingiusta. Passeremo in rassegna le sentenze di troppi tribunali italiani che sfacciatamente discriminano i minori negando loro la bigenitorialità e negando, al padre, la cogenitorialità.
In questo intervento segnaleremo alcuni (dei tantissimi) comportamenti di alcuni magistrati molto politicizzati e poco professionali nell’applicare la legge per tutti e non solo per gli amici che, imperterriti, continuano a gestire la giustizia ad Aosta con una discrezionalità che potrebbe anche rischiare di essere una giustizia ingiusta poiché diviene una discriminazione verso i minori e il loro padre. Nei prossimi articoli andremo ad analizzare altri esempi della cattiva giustizia o meglio della malagiustizia praticata da alcuni giudici in troppi tribunali italiani.
Aosta ne è un significativo esempio e, per dimostrare la fondatezza delle nostre asserzioni, ci atteniamo ad alcuni dei tanti fatti denunciati e dai tanti abusi subiti da impotenti genitori estromessi dalla vita dei propri figli. Premettiamo che non tutti i giudici del piccolo tribunale valdostano (molti dei quali inamovibili da decenni nonostante le denunce dei cittadini) si sono comportati come politici piuttosto che come magistrati e ci sono stati esempi di presidenti attenti nell’affido dei minori e di giudici molto competenti nel valutare i singoli casi e, con coraggio, hanno formulato provvedimenti correttivi per far sì che la giustizia ritornasse ad essere giusta. Purtroppo questi operatori della giustizia familiare sono stati destinati (o, probabilmente, lo hanno chiesto loro stessi, forse per intollerabili pressioni) ad altri settori ed anche lì hanno evidenziato la loro professionalità nell’applicare il diritto, caso per caso.
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