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Aosta Covid-19: Costituzione e politiche locali

 

Contributi economici pubblici ai figli

ricordandosi che i genitori sono due!


La recente legge regionale n. 5 del 21 aprile 2020 dispone i finanziamenti pubblici per la famiglia e i figli, ma i consiglieri regionali si sono dimenticati che i figli sono mantenuti da due genitori e, nelle separazioni, prevalentemente se non esclusivamente, da uno solo, soprattutto in Valle d’Aosta, dove il 65% delle famiglie non è convivente. Gli innumerevoli “soccorsi economici” statali attraverso gli enti locali, come i buoni spesa per il nucleo familiare, quindi anche per i figli, e regionali (buoni vari, contributi specifici, compreso quello sugli affitti, baby-sitter e sostegni dell’ultima ora a discrezione dei servizi sociali, precedenza nelle graduatorie edilizia popolare, ecc.), oltre a quelli dei privati, vengono elargiti al nucleo familiare in cui vivono prevalentemente i figli, cioè presso la madre perché il padre sarebbe, a dire dei politici regionali, uno estraneo!

La Costituzione e il diritto civile sono chiari sui doveri verso i figli da parte di ambedue i genitori (art. 30), ma questi principi non sempre sono vincolanti per chi determina, a sua discrezione, l’affido dei minori – condiviso quasi sempre, ma paritario mai - e stabilisce il quantum che il non collocatario deve versare all’altro genitore, che, in Vda, è quasi sempre la madre. Si sfiora il 100% dei casi, nell’indifferenza di chi è preposto alla tutela dei minori. Il non collocatario, pena la condanna per alimentare la conflittualità, deve subire la “condanna” a pagare, trovandosi non tutelato a norma di legge, nonostante le doverose contestazioni nelle sedi di pertinenza. Da qui le forti disuguaglianze tra i due genitori, con la totale soccombenza di quello non collocatario, cioè il padre.

La recente legge regionale non prende minimamente in considerazione che le somme a loro destinate ai figli (in denaro, ma anche in servizi e bonus) e versate alla madre collocataria devono, per il 50%, essere vincolate come anticipo delle somme (mantenimento e spese straordinarie) che il padre mensilmente è obbligato a versare alla stessa madre. Questo non vuol dire modificare politicamente competenze del tribunale, ma solo destinare contributi pubblici a copertura di quanto dovuto dal padre.

Ciò, ora, è più che mai indispensabile perché:

  1. a. il non collocatario è quasi sempre colui che ufficialmente lavora mentre la collocataria e il suo nucleo familiare risultano privi di reddito o dichiarano entrate irrisorie, nonostante abbiano un tenore di vita spesso elevato e comunque non coerente con quanto dichiarano.
  2. b. i doveri finanziari in merito al mantenimento dei figli non vanno mai in prescrizione e, in qualsiasi momento, l’obbligato potrebbe essere denunciato o sottoposto a pignoramento dal collocatario e la legge non prevede il “buon senso” invocato a sproposito.
  3. c. i costi attuali dei figli sono ben diversi da quelli esistenti al momento della determinazione del loro mantenimento, sia per le restrizioni delle attività scolastiche ed extrascolastiche che per i tanti benefici economici attualmente percepiti dalla madre collocataria e/o per quant’altro gratuitamente elargito del pubblico e dal privato.
  4. d. il padre, durante questa non breve emergenza non lavora, non percepisce lo stipendio e l’annunciata disoccupazione tarda ad arrivare e nemmeno può contare - per sé e per i propri figli, che, di fatto, sono a suo totale carico anche dopo la separazione - sui benefici previsti per l’altro genitore e rischia persino di perdere il lavoro o di vederselo ridotto in modo drastico.
  5. e. alcuni genitori vivono in miseria e, spesso, non possono prendere i figli perché non hanno i soldi per farli mangiare e devono ricorrere, per sé, alle mense pubbliche anche per un pasto al giorno!
  6. f. tutto ciò crea disperazione, alimenta la conflittualità e in alcuni si fanno strada soluzioni             che ben conosciamo in Vda e che i politici non possono continuare ad ignorare nè             sottovalutare questo fenomeno sociale.

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Nove Magistrati del Tribunale di Aosta “censurano” i provvedimenti governativi e regionali “Covid 19”


Le passeggiate? Non è vero, sono vietate

perchè pericolose per la salute pubblica!


Avv. Gerardo Spira*

Il caso e la riflessione in diritto.


Sui quotidiani della Valle d’Aosta il 21 aprile sono comparsi sia la lettera aperta di 9 magistrati del tribunale di Aosta, compreso il presidente dott. Gramola con la quale i giudici valdostani esprimono il loro pensiero, “come cittadini” dicono, sostenuto da qualche spunto di diritto trascinato da considerazioni politiche molto pesanti, ma di fatto censurano i decreti governativi e regionali sul divieto di passeggiare liberamente.

In un Paese in cui la libertà di pensiero è costituzionalmente garantita, ogni cittadino ha il diritto di espressione critica. Non è la stessa cosa quando la riflessione proviene da operatori attivi del mondo della giurisprudenza, che, anche se come cittadini, ragionano secondo una formazione professionale propria di cultura giuridica del settore in cui lavorano Una rappresentanza dello Stato, competente ad applicare la legge ha messo in discussione il valore e la forza di provvedimenti straordinari in un momento di eccezionale emergenza, sollevando eccezioni di liceità degli interventi, ben configurati in diritto. La considerazione, per l’insinuazione giuridica, si sposta sull’operato delle forze dell’ordine e sul valore delle sanzioni applicate ai cittadini colti durante una passeggiata in prossimità, ma anche lontano, dalla propria abitazione. Il cittadino multato per una passeggiata, secondo i giudici della VDA, può far valere la loro teoria per farla franca in sede di decisione. Chissà quanti operatori del diritto sono stati colti in flagranza di reato! Che fine faranno le multe eventualmente impugnate davanti al loro giudizio?

Sono considerazioni non di poco conto, sia per la provenienza che per il ragionamento giuridico sostenuto.

I 9 magistrati, del confine, valdostani hanno scritto” Preoccupa nondimeno assistere in questi giorni ad interventi repressivi di condotte che solo in parte possono ritenersi conformi a quelle vietate con la normativa restrittiva adottata dal Governo e dalle Autorità regionali e che, talora, paiono in effetti prive di qualsiasi pericolosità per i beni della salute e dell’incolumità pubblica.”

Con la testa cosparsa di cenere, pur rispettando la libertà di pensiero, come cittadini, ci permettiamo di sollevare alcuni dubbi sulla logica giuridica del ragionamento, di esperti del diritto, in materia di così grande importanza per il valore, la portata e gli effetti. I provvedimenti emanati dal Governo, confermati a livello regionale, trovano la fonte di partenza in una dichiarazione dell’OMS che riportiamo: “L'Oms dopo rigorosa osservazione ha valutato il focolaio sviluppatosi in diverse parti del mondo di tale gravità da prendere in seria considerazione la dichiarazione ufficiale sia per i livelli allarmanti di diffusione, sia per livelli allarmanti di inazione. L’Oms ha quindi valutato che Covid-19 può essere caratterizzato come una pandemia. Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o disattenzione."

Di fronte a questo evento, l’Autorità di governo, con immediatezza, ha dovuto far ricorso ad interventi non normati da specifica legislazione, ma con gli effetti della urgenza e dell’eccezionalità. L’evento Covid 19 ha colto di sorpresa il mondo sanitario e politico i quali in stretta collaborazione hanno dovuto trovare una via di uscita non prevista e non collaudata in precedenza, unica a fermare la diffusione invasiva di un morbo invisibile. Studiosi e giuristi di spessore giuridico e scientifico, tutt’ora discutono del “fatto” e, anche se da punti di vista diversi, confermano la necessità e l’urgenza di provvedimenti drastici a tutela della salute pubblica.

I provvedimenti trovano la fonte nell’art. 32 della costituzione, che non consente deroghe o privilegi.” La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.

Sulla natura del provvedimento è possibile dissertare, (legge ordinaria o decreto urgente), ma non sul contenuto e le finalità. I provvedimenti sono urgenti e indifferibili. Per tali aspetti la responsabilità di merito ricade sull’Autorità che li adotta.

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