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Il bullismo tra passato e presente


di Antonio Calicchio*

Il bullismo è sempre esistito, come eccesso dell’esuberanza giovanile. Oggi, ha passato paurosamente il limite, al punto da generare nei genitori angoscia, negli insegnanti impotenza e nella società disorientamento. Le ragioni vanno ricercate nell’eredità del passato, nella cultura del presente e nell’incertezza del futuro. Esaminiamole una per una.

A partire dal Sessantotto, si è registrato un passaggio dalla "società della disciplina", in cui ci si dibatteva nel conflitto tra permesso e proibito, alla "società dell’efficienza e della performance spinta", in cui ci si dibatte tra il possibile e l’impossibile, senza alcun riguardo e, forse, alcuna percezione del concetto di "limite". Questo passaggio si è registrato verso la fine degli anni Sessanta, quando la parola d’ordine, dell’intero universo giovanile, era "emancipazione", nel segno del "tutto è possibile", per cui la famiglia era una camera a gas, la scuola era una caserma, il lavoro era un’alienazione, il consumismo era un’aberrazione e la legge era uno strumento di sopraffazione di cui ci si doveva liberare. La parola d’ordine era: "vietato vietare". Su questa cultura, preparata dal Sessantotto, ma che il Sessantotto aveva pensato in termini "sociali", si impianta, per effetto di un gioco di confluenza degli opposti, la stessa logica di impostazione americana, giocata, però, a livello "individuale", in cui – ancora una volta – tutto è possibile, ma in termini di iniziativa, di performance spinta, di efficienza e di successo, al di là di ogni limite, anzi, col concetto di limite spinto all’infinito, per cui, oggi, ci si domanda: qual è il limite tra un atto di esuberanza e una vera e propria aggressione, tra un atto di insubordinazione e il misconoscimento di ogni gerarchia, tra le strategie di seduzione troppo spinte e l’abuso sessuale? Questisono solamente degli esempi che dimostrano come le frontiere della persona e quelle interpersonali siano saltate, determinando un tale stato d’allarme da non sapere più chi è, chi. Per questa ragione, i giovani non si sentono mai sufficientemente se stessi, mai sufficientemente colmi di identità, mai sufficientemente attivi, se non quando superano se stessi, senza essere mai se stessi, ma solo una risposta ai modelli o alle performance che la televisione e internet, a piene mani, distribuiscono, con conseguente inaridimento della vita interiore, desertificazione della vita emozionalee insubordinazione alle norme giuridiche.

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