Attualità
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Polemica al Consiglio Regionale Valle d'Aosta


La farsa politica dei consiglieri regionali

sulla “carità elettorale” per il Covid 19


di Ubaldo Valentini*

Chi, a seguito dell’affido dei figli, lotta quotidianamente contro le disuguaglianze subite da una giustizia “sbrigativa” e da un servizio sociale che ha sposato palesemente la causa di genere che penalizza sempre il genitore non collocatario e chi lotta contro le difficoltà economiche quotidiane e invano chiede a tutti, compresi i politici che problemi economici non hanno, il rispetto del diritto alla bigenitorialità per i figli e la cogenitorialità per ambedue i genitori guarda con amarezza (forse ne prova nausea) la farsa della querelle su un “piccolo” e strumentale taglio degli stipendi dei consiglieri regionali.

La dialettica sollevata dal gruppo Rete Civica ci sembra pretestuosa e frutto di una farsa elettorale senza entrare, di fatto, nelle problematiche dei Valdostani che, a seguito del loro mandato politico, dovevano affrontare per rimuovere ancestrali prassi clientelari - di possibile natura anche delittuosa come le cronache giudiziarie ci ricordano - che alimentano sperperi di soldi pubblici e perpetuano consolidate ingiustizie sociali.

I separati valdostani hanno trovato nella stragrande maggioranza dei consiglieri regionali un muro contro le loro giuste richieste per garantire equità sociale tra i cittadini, la regolamentazione dell’attività dei servizi sociali, la trasparenza dell’operato di chi è preposto alla tutela dei minori,  l’anagrafe di tutti i contributi, pubblici e privati, percepiti dai singoli cittadini, in  modo particolare dai genitori collocatari, trasparenza dell’ente pubblico nell’erogazione dei contributi e della case popolari su basi oggettive e non sulla assurda discrezionalità dell’assistente sociale, indagine sul lavoro a nero che sottrae ingenti somme agli enti locali e allo Stato, il rispetto della legge sulla pubblica amministrazione e sulla cui attuazione nessun dirigente degli enti pubblici provvede ad effettuare i dovuti e frequenti controlli, anche risolutivi.

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­­­I nodi vengono al pettine

Il genitore obbligato a versare l’assegno di mantenimento e il rimborso del 50% delle spese straordinarie deve rivolgersi al tribunale con ricorso per modificare le condizioni di affido dei minori in base alle attuali condizioni economiche sia dei minori che del genitore obbligato, completamente diverse da quando sono stati emessi i provvedimenti dal tribunale. Se ambedue i genitori sono a casa e le scuole restano chiuse si può chiedere l’affido paritario con la conseguente esclusione dell’assegno di mantenimento, provvedendo direttamente ciascun genitore al mantenimento dei figli. La richiesta deve prevedere la trattazione d’urgenza delle richieste modifiche.


Revisione dell’assegno di mantenimento

sono cambiati costi ed entrate delle famiglie


avv. Francesco Valentini*

La pandemia ha radicalmente cambiato l’economia delle famiglie italiane e, in particolare, di quelle separate, per il venir meno di entrate certe del genitore obbligato (quasi sempre il padre) e per gli ulteriori benefici economici di cui usufruisce il genitore collocatario, perché, oltre a beneficiare di “aiuti economici pubblici e privati” in quanto genitore separato presso cui sono collocati i figli, ora, con il Covid 19, si aggiungono ulteriori contributi economici pubblici e privati, bonus per l’affitto, case popolari, sussidi vari, buoni spesa, agevolazioni per utenze, tasse ed imposte.

L’entità di queste “entrate” resta rigorosamente “riservata” e il genitore non collocatario dei figli non può conoscere per una falsa interpretazione della normativa sulla “privacy”, che non esiste per il padre sui dati riguardanti i figli. Nemmeno i giudici acquisiscono, quando il procedimento lo consente, le informazioni presso enti pubblici e privati per una oggettiva ripartizione tra i genitori del mantenimento dei figli e delle spese straordinarie, predisposte su “protocolli” sottoscritti tra giudici ed ordine forense del luogo, che non hanno potere impositivo, non essendo una fonte normativa.

Si sottraggono alla valutazione, inoltre, anche i “consistenti” redditi da lavoro non dichiarati dal datore di lavoro e che il genitore collocatario non riporta nella dichiarazione dei redditi, penalizzando gravemente l’altro genitore, mancando i dovuti controlli della polizia tributaria e dell’ispettorato del lavoro.

Con il Covid 19 sono chiuse le scuole, non si può uscire da casa, la vita sociale dei figli non esiste e, quindi, i costi della loro gestione economica si riduce in modo rilevante, mentre, in contemporanea, aumentano sensibilmente le somme di cui può disporre la madre collocataria.

L’altro genitore (già penalizzato da provvedimenti economici predisposti per i figli dai tribunali sbilanciati ad evidente vantaggio del collocatario ed a svantaggio dell’obbligato) che lavora in regola e che, a causa dei vari recenti provvedimenti governativi, è in cassa integrazione, con la prospettiva del licenziamento se il datore di lavoro non riaprirà o se dovrà ridurre, almeno per un lungo periodo, l’orario di lavoro del dipendente. La cassa integrazione ritarda ad arrivare e, lui, non può accedere agli stessi incentivi pubblici e privati della collocatrice. Spesso non può permettersi nemmeno di fare due pasti al giorno e pagare il canone di locazione della casa.

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