Attualità
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Non esistono restrizioni di movimento anche fuori del comune di residenza


Il diritto del separato a frequentare i figli

ha un carattere di necessità ed urgenza


 

Il diritto di visita e frequentazione del genitore non collocatario con i figli, così come stabilito nei provvedimenti di separazione, divorzio e affido non subiscono restrizioni nemmeno dinnanzi ai provvedimenti del governo.

Il decreto del Presidente del Consiglio del 9 marzo 2020 ha esteso all'intero territorio nazionale le disposizioni emanate il giorno precedente che imponevano di “evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori … nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza(D.P.C.M. 8 marzo 2020, n. 11, art. 1, c. 1, lett. “a”).

Mancando riferimenti agli spostamenti del genitore non collocatario per prendere e riconsegnare i figli secondo le modalità previste dal Tribunale nella separazione o divorzio o loro affido per le coppie di fatto, è sorta subito la controversia sulla necessità ed urgenza di questi spostamenti.

Il Governo, il giorno successivo, ha precisato che “gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l'altro genitore o comunque presso l'affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”. Il diritto di visita è consentito perché ha il carattere di urgenza e necessità. (Presidente del Consiglio dei Ministri, FAQ – domande poste frequentemente - Governo.it del 10 Marzo 2020).

La nona sez. del Tribunale ordinario di Milano, con provvedimento (Decreto del 10.03.2020 – pres. dott. Piera Gasparini) emesso l’11 marzo 2020, ha stabilito che “l’art.1 domma 1, lett. a), DPCM 8 marzo 2020, n. 11 non preclude l'attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori e consente gli spostamenti finalizzati a rientri presso la residenza o il domicilio, cosicché nessuna "chiusura" di ambiti regionali può giustificare violazioni di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti”, disponendo che le parti si attenessero alle disposizioni stabilite dal tribunale, perché tali disposizioni hanno le caratteristiche di necessità ed urgenza, così come previsto nei suddetti decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

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Assegno divorzile all’ex moglie


Avv. Francesco Valentini

La Cassazione interviene nuovamente sulla controversa questione dell’assegno divorzile all’ex moglie. Non sempre la concessione di tale risorsa economica a spese dell’ex marito risponde a quanto prevede la legge. Da qui i continui interventi per meglio chiarire a chi spetta o meno detto assegno. Peccato che il parere degli ermellini non trovi spazio nelle aule dei tribunali per stereotipi non più tollerabili, per la non puntuale conoscenza della giurisprudenza e per una diffusa ideologia di genere.


Non dovuto se non quantifica i redditi da lavoro saltuario e/o a nero

(Cassazione, I civ., ordinanza n. 5603/2020 - dep.28.2.2020)

La mancanza di prove sull’effettivo guadagno della ex-moglie, in possesso di capacità per produrre reddito e in presenza del suo mancato contributo alla formazione del patrimonio familiare, fa venir meno il suo diritto all’assegno divorzile, il quale ha una “natura perequativa, compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di  solidarietà, conduce, quindi, al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente, non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare”.

Ricorda la Cassazione che per determinare sia il diritto all’assegno divorzile e, per analogia, si potrebbe supporre anche per l’assegno alla moglie nella separazione nonché, se spettante, la sua entità, il quantum, non ci si può basare solo sulla dichiarazione dei redditi dell’ultimo triennio della richiedente (non viene quasi mai concesso all’ex marito) ma si deve predisporre la comparazione dei redditi dei coniugi, il contributo dato dal coniuge più debole alla realizzazione del patrimonio familiare, la durata del matrimonio, l’idoneità al lavoro, l’età anagrafica del coniuge (Cass. Sez. U., 11/07/2018, n. 18287; Cass., 23/01/19; n. 1882) ed avere la prova certa dell’effettivo reddito derivante da attività saltuarie, momentanee, irregolari e/o in nero “con l'attività svolta, che comunque - in quanto in concreto accertata — evidenzia una capacità lavorativa e reddituale” della richiedente.

(da altalex.com)L’assegno divorzile, secondo la Cassazione, viene meno se manca il preventivo ed obbligatorio accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente e se non si accerta l’impossibilità di procurarseli per motivi oggettivi. Chiarezza, dunque, su questa delicata e controversa maniera troppo spesso trattata, sull’onda emozionale di genere, in modo sbrigativo, alimentando nella maggior parte dei casi una forte conflittualità per l’ingiustizia subita dall’obbligato, le cui asserzioni sul lavoro a nero dell’ex moglie non vengono sistematicamente prese in considerazione sia dal giudice che dalla GdF e dalla Corte dei Conti - usufruendo la ex quasi sempre anche del patrocinio a spese dello Stato - che dovrebbero accertare anche se siamo in  presenza di danno erariale ed evasione fiscale.

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