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La politica assente
Promettono una casa subito ai papà
per nascondere le proprie responsabilità!
di Ubaldo Valentini
Il capogruppo di M5S della Regione Sardegna, Desiré Manca, è firmataria di una mozione con la quale chiede al presidente della Regione, alla Giunta e all’assessore alla Sanità di istituire un tavolo tecnico presso l’assessorato per individuare immobili regionali adeguati a divenire “Casa di accoglienza del papà separato”. Considerato che nelle separazioni i tribunali privilegiano quasi sempre la madre, penalizzando i padri ai quali occorre, scrive la esponente politica, “restituire la possibilità pratica di svolgere il proprio ruolo di genitori e lavorare per ridurre quel disagio che porta all’emarginazione sociale e talvolta persino a gesti disperati da cui non si può tornare indietro». La Regione Sardegna, sottolinea l’esponente del M5S, è proprietaria di numerosi immobili in disuso sparsi su tutto il territorio regionale e “la Giunta deve impegnarsi a concordare con i comuni la gestione delle case e a promuovere tutte quelle iniziative atte a ristabilire condizioni di effettiva parità di diritti tra uomo e donna nello svolgimento del proprio ruolo genitoriale in regime di separazione».
Sono tanti i comuni italiani e le forze politiche che cavalcano il disagio dei papà e politicamente lo strumentalizzano con una casa subito al papà separato, individuandola in quella edilizia popolare dove nessuno vuol andare per il degrado della zona, come accade a Perugia.
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Tutto vero? No affatto!
Il problema delle difficoltà economiche del padre separato sono vere, come pure esiste il problema della casa, visto che il genitore non collocatario (circa il 94%) viene “cacciato” dalla casa familiare dopo la fine della convivenza, è “costretto” dal tribunale a versare alla sua ex un mantenimento per i figli - che assorbe, unito alle spese straordinarie, anche oltre il 50% dello stipendio - a pagare il mutuo della casa dove non vi può più abitare e i prestiti finanziari sottoscritti (quasi sempre dal padre perché la madre lavora a nero) per mandare avanti la famiglia. A tutto ciò vanno aggiunti gli arretrati, con more, di tasse e utenze a lui intestate, e dalla ex non pagate, per trattenere per sé le somme dategli dal padre.
E’ inaccettabile e contra legem il metodo seguito da molti tribunali per la determinazione delle spese straordinarie “imposte” con il richiamo a generici e contraddittori protocolli stipulati dal tribunale e l’ordine degli avvocati del foro locale (che non ha alcun valore coercitivo ma solo indicativo, perché predisposti da istituzioni non competenti), ignorando i genitori, senza minimamente predisporre dette spese, come legge vuole, caso per caso e sottoponendole – tutte, nessuna esclusa, eccetto in caso di pericolo di vita se il genitore non è raggiungibile nemmeno telefonicamente – all’approvazione preventiva scritta (in maniera tracciabile al fine di prevenire ulteriori processi, conseguenza che ai tyrib8nali non interessa) e vincolante dell’altro genitore, che quasi sempre si trova in grande difficoltà economica per provvedimenti iniqui.
I legali che difendono il padre si adeguano ai protocolli e si guardano bene dall’andare contro i giudici e contro il proprio ordine di appartenenza!
Cosa dire del dilagante lavoro a nero della stragrande maggioranza delle madri che, così facendo, si dichiarano senza reddito e pretendono un assegno di mantenimento per i figli molto più elevato che, molto spesso, assorbe oltre il 50% del reddito del padre. Non vengono mai dichiarati i finanziamenti pubblici erogati da enti locali e da enti privati per il genitore collocatario, compresi gli assegni familiari, che non entrano nel computo delle risorse per determinare l’entità dell’assegno di mantenimento per i figli e, talvolta, anche per la madre, che percepisce redditi non dichiarati superiori a quelli del padre. Se il padre chiede un accertamento della polizia tributaria, la richiesta viene rigettata o, in caso di accoglimento, chi deve effettuarla, fa le indagini dinnanzi al computer, cioè conferma ciò che già si sapeva!
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