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Valle d’Aosta

Un capolavoro dell’assessorato alle politiche sociali


Padre separato valdostano cacciato dalla casa coniugale

Da una settimana è costretto a vivere in macchina

 

L’assessore Baccega ripete a tutti che i servizi sociali della “sua” regione sono assai efficienti, imparziali, preparati e la loro dirigente è stata promossa sul campo con una operazione politica al vaglio della magistratura contabile.

Il caso che riportiamo dimostra tutto il contrario, cioè che ad Aosta esiste prevalentemente una politica sociale di genere e che, nonostante le nostre ripetute denunce, anche su queste pagine, e le proteste dei genitori separati questa prassi non verrà cambiata per volontà politica.

Il presente comunicato stampa, inviato alla stampa, ai consiglieri regionali, al presidente del consiglio regionale e al presidente della giunta, è stato inviato anche a tutti i soci, chiedendo una loro libera presa di posizione che, se consenzienti, avremmo poi pubblicato su queste pagine.

Tutti i lettori possono intervenire e farci conoscere il loro pensiero, specificando se il loro contributo potrà essere pubblicato.

***

Un padre di 3 figli (uno con gravi difficoltà psicologiche) ha dovuto lasciare la casa coniugale di proprietà pubblica (assegnata al nucleo familiare) nella quale era rimasto a vivere con il figlio maggiorenne (economicamente non autosufficiente) dopo che la moglie (che trascorreva gran parte del giorno e della notte sui social) se ne era andata via, accusando presunte violenze verbali del coniuge e ritenendosi in pericolo lei e le i figli.

I servizi sociali - senza minimamente sentire il padre che in questi anni aveva mandato avanti la famiglia e provveduto da solo, al rientro dai lavoro a preparare i pasti per i figli, curare la loro igiene personale e quella dell’abitazione - si sono rivolti al Tribunale per i minorenni di Torino ed hanno chiesto ed ottenuto di collocare i minori in una comunità di Aosta. Le accuse di violenza non sono state però conformate dalla donna dinnanzi al giudice del T.M. e il procedimento, di fatto, è stato dichiarato chiuso rimettendo gli atti al tribunale di Aosta dove è in corso il procedimento di separazione chiesto con addebito al marito dalla signora.

I solerti servizi sociali (su cui si chiede ufficialmente di indagare) sono arrivati perfino a chiedere alla questura la sospensione della licenza di caccia e il ritiro delle armi al marito perché la moglie non si sentiva serena, anche se non l’ha denunciato minacce. Provvedimento del tutto assurdo.

I servizi, nonostante la moglie avesse abbandonato la casa coniugale e due figli fossero in comunità, con celerità le hanno trovato una nuova abitazione perché, a loro dire, si trovava in emergenza abitativa.

Il presidente del tribunale, con salomonica saggezza, ha stabilito che i due minori (di cui uno con forte disabilità psichica è divenuto maggiorenne) fossero stati collocati presso la madre nella casa familiare da cui se ne era andata; che il padre, disoccupato dopo il ridimensionamento della ditta edile dove lavorava e il cui reddito era uguale a quello della moglie, versasse un assegno di mantenimento per i due figli, mentre quello maggiorenne, in attesa di lavoro e che aveva scelto di stare col padre per le condotte materne, sarebbe stato a suo totale carico; che il padre doveva abbandonare la casa coniugale entro poche settimane e trovarsi una casa in affitto dove andare a vivere con l’altro figlio. Il presidente del tribunale inspiegabilmente si è dimenticato che la legge prevede che i figli, anche se maggiorenni ma non autonomi, devono essere mantenuti dai genitori, i quali devono provvedere anche al loro alloggio e che non possono essere obbligati a stare col genitore con cui non vogliono stare; che la madre potrebbe trovarsi una occupazione stabile (da sempre rifiutata) per mandare avanti la famiglia; che il padre può disporre di un reddito mensile di €. 700, simile a quello della moglie, (e frequenta, a differenza della signora, corsi finalizzati all’occupazione) con il quale deve pagare l’assegno di mantenimento di €. 400, le spese straordinarie al 50% anche se non preventivamente autorizzate, l’affitto di una nuova abitazione con relative utenze, provvedere al figlio maggiorenne e a sé stesso. Cioè dovrebbe disporre di un reddito di circa 2000 euro al mese! Tutto ciò al tribunale e ai servizi sociali non interessa!

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Aosta: Sul diritto di accesso agli atti dei servizi sociali


L’assessore Baccega non la racconta giusta!


Il sig. Baccega, assessore alle politiche sociali della Valle d’Aosta, il 4.7.2019, nel rispondere all’interpellanza del consigliere Cognetta, sul rifiuto di accesso agli atti dei servizi sociali, suoi dipendenti, dopo il solito preambolo “politichese” ha dovuto ammettere che il problema esiste. Ma che, però, le domande dei genitori interessati vengono respinte perché violano la legge sulla privacy.

Questo il suo pensiero. Senza indicare a quale legge si riferisca e ignorando che la materia è stata abbondantemente superata non solo dalla giurisprudenza, ma dallo stesso legislatore che con il D.Lgs 2013 n.33, art. 5 bis ha riformato tutta la concezione sull’accesso agli atti amministrativi del cittadino italiano. Quindi da Palermo alla Valle D’Aosta. Esiste in tutt’Italia lo stesso interesse e diritto allargato per controllare ciò che fa l’Amministrazione pubblica.

Il gran rifiuto, dobbiamo pensare, dell’assessore Valdostano è stato concordato con le istituzioni coinvolte, per evitare che si vada a “ficcare lo sguardo” in uno spazio che, per ragioni riservate, deve restare privacy. Finalmente i separati di Aosta comprendono che la politica del servizio di assistenza dice no alle richieste di accesso perché l’assessore Baccega è contrario alla legge e alla regolamentazione.

Il rifiuto politico-amministrativo permette all’assessore e ai suoi dipendenti di tenere nascosto ai genitori e ai cittadini gli atti di affidamento, di contribuzione e di gestione dei fondi pubblici, basato su criteri discrezionali e personali. I fatti di Reggio Emilia hanno ormai acceso la miccia ovunque e anche in questa Regione si dovrà fare chiarezza. Lo abbiamo chiesto con apposita nota e ci auguriamo che programmi e promesse siano stati fatti secondo legge, senza parzialità e senza favoritismi.

La legge è uguale per tutti, vale anche in Valle d’Aosta.

La risposta dell’assessore può essere il suo pensiero personale, ma non un assioma di diritto. Le famiglie, i minori e i problemi che li riguardano sono fatti pubblici, disciplinati in leggi pubbliche e pubblicamente vanno trattati. L’assessore asserisce che l’avvocatura regionale ha avuto vari incontri sul tema dell’accesso agli atti con le associazioni, con l’ufficio minori e il dipartimento di psicologia. Noi, che siamo forse l’unica associazione nella regione impegnata, abbiamo avuto solo incontro e alle nostre obiezioni non è stata data risposta dai presenti. Poi non siamo stati più chiamati. Forse perché l’assessore conosce il nostro pensiero in materia, per averlo scritto, verbalizzato e depositato con la proposta di regolamentazione? Dei fantomatici incontri, a cui non siamo stati invitati, non abbiamo riscontri verbali. Ne gradiremmo copia.

Baccega, nella risposta alla Question time, ha preannunciato la sua decisione, filtrata attraverso un pensiero, già probabilmente concordato e condiviso, che la delega giudiziaria si estende anche nel campo amministrativo, per assimilazione giudiziaria, dell’attività svolta dai servizi, quando il Tribunale manda il provvedimento a questi per l’istruttoria. E quando la materia nasce e si sviluppa di ufficio o per intervento di parte? Che succede? Di che natura sono gli interventi dei servizi sociali? Quindi, secondo i promotori della allarmante tesi, quando il provvedimento nasce davanti al tribunale i servizi sociali, “per assimilazione”, rifiutano l’accesso agli atti. Quando invece il conflitto nasce e sviluppa fuori da tribunale, secondo quale “assimilazione” i servizi rifiuteranno l’accesso? In diritto esistono termini e procedure chiaramente previsti e non artificiosi raggiri di parole. Le risposte della Pubblica amministrazione, dice la legge, devono essere sempre motivate e il motivo deve affondare le radici nella normativa esistente. Il sig. Baccega, nella congerie dei pensieri, ha perduto per la strada importanti momenti di principi, previsti dalla legge sul processo civile e quello sulla vita della Pubblica amministrazione. Giusto processo, imparzialità e contraddittorio si sviluppano in tutte le fasi, sia davanti al Tribunale che davanti alla P.A. La violazione, oltre ad intaccare il principio previsto all’art. 97 della Costituzione, incide in tutto il procedimento. O forse nella Valle d’Aosta esiste una legge diversa da quella applicata in tutta l’Italia?

L’accesso agli atti è un diritto sancito nella legge italiana, ripreso nell’art. 13 del codice deontologico professionale degli assistenti sociali e sacramentato nella stessa legge regionale n.19. Pare che la funzione pubblica in VDA si muova come la barca in mare ondoso.

Ora l’avvocatura regionale e l’ufficio legale dell’Asl – a detta dell’assessore che in questi mesi, comunque, si è sempre sottratto a pubblico confronto coi separati valdostani – hanno promesso di partorire una circolare sulla contestata materia. Le circolari hanno il significato di occasione. Non sostituiscono la legge. Come non la sostituiscono gli accordi e i protocolli. I doveri e le deferenze non possono muoversi contro i diritti dei cittadini. Se ciò accade è altra cosa. E i fatti dell’Emilia e Romagna lo ricordano. E’ un grave errore cercare di nasconde il dramma della verità: il forte disagio dei minori e dei loro genitori e i suicidi di padri estromessi dalla vita ordinaria dei propri figli che in VDA pesano come un macigno sulla coscienza valdostana.

La politica, quella buona, fatta di confronti aperti e di riconoscimenti di posizioni, oggi paga in termini di verità e non di promesse. La prima si fonda sul rispetto del valore dell’uomo e dei suoi diritti. La seconda si fonda sulla politica del fare. La politica delle promesse è finita, perché i minori nascono con gli occhi aperti e le famiglie hanno capito che i diritti non sono merce di scambio.

La nostra associazione si batte per la trasparenza e per la pubblicazione dei fatti della società che comunque si discutono pubblicamente nelle aule di giustizia e negli uffici della P.A. La cosiddetta privacy, ormai tutti lo sanno, è usata come scusante per nascondere fatti e misfatti. La legge, verità e la giustizia innanzitutto!

 

 
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