Attualità
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Le bugie dell’ANM sulla giustizia ingiusta


Ubaldo Valentini *

Non entriamo in merito alla polemica tra una parte della magistratura e il centrodestra sulla divisione delle carriere, ci limitiamo, però, a sottolineare come non si possa ignorare la giustizia ingiusta, che predomina in tanti tribunali italiani per scelte puramente ideologiche di alcuni magistrati che ritengono la giustizia una convenzione di circostanza. Costoro pur informati che chi amministra la giustizia deve essere imparziale e al di sopra delle parti ma, soprattutto, non può discriminare i cittadini in base alle ideologie di genere predominanti nella società attuale, amministrano il diritto minorile e familiare con molta superficialità, incuranti dei danni socio-psicologici che i minori e il genitore più debole subiscono.

L’A.N.M., nella consueta enfasi autocelebrativa, ribadisce, in ogni sede e in ogni circostanza, che tutta la Magistratura italiana è imparziale ed è garante della Costituzione e della democrazia.

Nulla di più falso.

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I messaggi WhatsApp e gli sms sono prova

nei procedimenti di separazione e divorzio


avv. Francesco Valentini*

La Cassazione Civile, sez. 2a, ha ribadito (ord. n. 1254 del 18.01.2025) che gli sms normali, quelli Whatsapp e le email Whatsapp sono utilizzabili come prova documentale nelle separazioni e nei divorzi e possono essere acquisiti mediante la riproduzione fotografica anche “quando l’originale è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia”.

La Cassazione sottolinea che i messaggi "whatsapp" e gli "sms" conservati nella memoria di un telefono cellulare sono utilizzabili quale prova documentale e, dunque, possono essere legittimamente acquisiti mediante la mera riproduzione fotografica, con la conseguente piena utilizzabilità dei messaggi estrapolati da una "chat" di whatsapp" mediante copia dei relativi "screenshot", tenuto conto del riscontro della provenienza e attendibilità degli stessi” quando il diretto interessato, cioè colui contro il quale sono utilizzati, ne disconosce la loro conformità all’originale (cfr. Cass. civ., Sez. 2a, sent. n. 19622/2024; sent. n. 11584/2024; ord. n.30186/2021).

Seppure non dotati di firma, questi documenti informatici sono dati giuridicamente rilevanti e, pertanto, costituiscono prova dei fatti oggetto del procedimento.

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