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I minori: con rispetto e senza pregiudizi


Con il pregiudizio non si garantisce la tutela dei minori nei vasti e complessi procedimenti legati al loro affido, dopo la fine della convivenza dei genitori, perché, senza la certezza delle pari-opportunità genitoriali, non ci può essere la bigenitorialità e la cogenitorialità da tutti invocata, ma, con altrettanta fermezza, ignorata anche da parte di chi dovrebbe imporla. Se, poi, tra i figli ed i loro genitori, subentrano le istituzioni con la pretesa di gestire la conflittualità genitoriale - ricorrendo a prassi del tutto discriminatorie nei confronti del padre, così come da decenni vanno predicando associazioni di genere e la miriadi di centri antiviolenza, che, di fatto, sponsorizzati dai sevizi sociali - finiscono per imporre tesi quasi mai supportate da riscontri oggettivi e senza, quasi mai, porsi il problema del fatto che scelte inique sono fuorvianti per l’equilibrio psico-fisico subite dai minori con l’allontanamento forzato della figura paterna e sono la fonte della loro mancata fiducia nelle istituzioni e, di conseguenza, sono la reale causa della scelta della illegalità come evasione e come ribellione ai comportamenti a cui sono sottoposti, che sono ritenuti da loro inaccettabili.

Ascoltiamo i minori e ci renderemo subito conto che la via intrapresa da decenni (triangolazione tribunale, servizio sociale e il mondo delle cooperative sciali) non avrà gli sperati successi, perché c’è un totale scollegamento tra minori e i loro genitori, servizi psico-sociali del territorio, i centri antiviolenza, che sono finiti per essere la fonte di discordia e manipolatori di consensi, troppo spesso, minorili per assistere persone che sono fonte di contributi pubblici in base alle campagne pubblicitarie di volta in volta programmate.

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Si deve essere genitori dei propri figli

anche quando finisce la convivenza


avv. Francesco Valentini *

Non è facile garantire ai figli la presenza costruttiva dei genitori dopo la fine della loro convivenza. Il conseguenziale affidamento dei minori è quasi sempre traumatico per un insieme di concause che potrebbero essere rimosse con facilità dai genitori se i figli fossero al centro degli interessi affettivi di chi li ha chiamati alla vita, senza il loro consenso, e se le diatribe degli adulti, quasi sempre economiche e di infedeltà, venissero affrontate nel rispetto dei diritti sanciti dal codice. Le stesse istituzioni chiamate a tutelare i minori (servizi sociali e tribunali) devono abbandonare retaggi culturali del passato e devono essere liberi dagli attuali condizionamenti di genere e ideologici che sono alla base delle conclamate discriminazioni di un genitore, con conseguenze deleterie sui minori stessi, che vengono privati, con molta leggerezza (superficialità giuridica ed umana), di una figura genitoriale.

La giustizia ingiusta, che rinnega i diritti dei cittadini, è legalizzata dalla volontà “dei potenti” (giudici, servizi sociali, genitore collocatario) che dimenticano quale sia la ragione del loro esistere e il superiore bene dei minori. La società, con i suoi colpevoli silenzi, è responsabile del disagio giovanile, fonte di tante devianze sociali e di tanta preoccupazione per il suo futuro, poiché saranno proprio i maltrattati minori di oggi ad amministrarla. I minori e i giovani, poiché non votano, non trovano spazio e significativa rilevanza nelle preoccupazioni dei politici.

E’ opportuno che le agenzie educative ripensino il proprio impegno per contenere un diffuso abuso giudiziario che tenta di escludere il padre dalla gestione dei figli, aggravando, però, la sua posizione con un fardello economico, chiamato assegno di mantenimento per i figli e spese straordinarie, poiché, quasi sempre (94% dei casi), di fatto, viene obbligato a pagare la madre come baby-sitter, mentre lei, non solo non versa un becco di quattrino per il mantenimento dei figli, come, invece, sarebbe doveroso prevedere nei provvedimenti in ossequio al diritto civile, all’art. 30 della Costituzione e alle Convenzioni internazionali sui minori, alcune delle quali fatte proprie (inutilmente) anche dal governo italiano.

C’è necessità, a seguito della cessata convivenza dei genitori, di riaffermare, con urgenza e determinazione, il ruolo della bigenitorialità nell’affido dei minori, senza l’abituale penalizzazione della figura paterna, in ossequio a una errata concezione delle Pari opportunità genitoriali, che vorrebbe il padre sempre marginale nel concepimento dei figli (fra non molto non sarà più nemmeno fondamentale) e nella loro crescita ed educazione, tanto che viene umiliato, perseguitato e condannato penalmente, anche con il carcere, se non riesce ad assolvere con regolarità al versamento del mantenimento e/o delle spese straordinarie alla madre dei suoi figli. Non tutti i giudici, per fortuna, nelle loro sentenze di affido sono così discriminatori e, al contrario, riconoscono al padre il ruolo di genitore, scegliendolo, talvolta, a genitore collocatario o affidatario esclusivo. Ancora sono una minoranza coloro che applicano l’affido condiviso paritario, come prevedeva la legga 54/2006, e che mettono sullo stesso piano ambedue i genitori, determinando oneri ed onori per ambedue nel supremo interesse del minore.

Gli altri giudici hanno una visione tutta propria della bigenitorialità e non riescono a sganciarsi da una cultura matriarcale della famiglia che fa perno, nell’educazione dei figli, esclusivamente sulla figura materna, mentre al padre viene lasciato l’onere del loro mantenimento, ma non quello educativo e formativo. Prevedere la sua presenza sporadica con i figli non vuol dire garantire la bigenitorialità, che è, invece, cogenitorialità in senso pieno e presenza paritetica con i figli, avendo il coraggio di imporre, ad ambedue i genitori, regole comportamentali con i figli e di intervenire con provvedimenti drastici ed immediati nei confronti del genitore che non rispetta i principi inalienabili della cogenitorialità e della bigenitorialità.

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