Attualità
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Discriminazione genitoriale.

La responsabilità dei giudici, del servizio sociale e dei politici

 

Timidamente qualche giudice incomincia a considerare il padre come possibile vittima di soprusi familiari da parte della moglie o della compagna e madre dei suoi figli e, rispettoso del proprio ruolo, si mette, così, al disopra delle parti per valutare complessivamente il loro comportamento familiare e genitoriale. Qualcosa sta cambiando in alcune aule dei tribunali italiani, ma la grande ingiustizia contro il genitore di sesso maschile permane grazie alla mancanza dei dovuti controlli istituzionali e al pernicioso rapporto tra giudice e servizio sociale, basato sul principio di coprirsi reciprocamente le spalle. Il giudice incarica gli assistenti sociali (sempre più spesso appartenenti a strutture private, esterne all’ente locale, e senza regolamento operativo) di analizzare il caso oggetto del procedimento di affido, senza minimamente regolamentare, in nome della trasparenza, la loro attività, a garanzia di ambedue i genitori.

Gli assistenti sociali, incuranti delle disposizioni di legge, orgogliosi dell’incarico, non si limitano a riferire al giudice la situazione dei minori e dei loro genitori, non rispondono alla legge 241/90 (disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e non danno nessuna garanzia di oggettività del loro operato, estromettendo sempre il padre e, quando lo consultano, nelle relazioni, non riportano mai le critiche formulate contro l’ingiusto e arbitrario operato dell’altro genitore. Trasmettono illegittimamente al giudice le loro indicazioni per l’affido dei minori, azione, questa, non di loro pertinenza, ma di esclusiva competenza del giudice. Strasburgo ha sempre condannato l’ingerenza dei servizi sociali nel formulare ipotesi di affido, poiché privi della specifica competenza scientifica e professionale. Si veda, a tal fine, le condanne, anche pecuniarie, inflitte all’Italia per l’operato dei tribunali piemontesi.

 

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Magistrati competenti nel diritto

minorile e di famiglia

 

Ogni tribunale dovrà avere una sezione per la famiglia e per i minori, con personale altamente specializzato sulle problematiche inerenti i minori, il loro affido, le separazioni ed i divorzi in vista della chiusura dei Tribunali per i Minori, giunti ormai al capolinea per la loro consolidata inefficienza nel tutelare, veramente, il bene superiore dei minori.

I magistrati che verranno destinati a questa importante, meglio vitale, sezione della giustizia italiana dovranno avere competenza, essere trasparenti, imparziali e conoscere le dinamiche psico-sociali dei minori e dei genitori per contenere la diffusa conflittualità originata dalla eccessiva discrezionalità dei giudici, spesso influenzati da relazioni, superficiali e talvolta improvvisate, dei servizi sociali, notoriamente schierati con il genitore prevalentemente collocatario.

Occorre cambiare radicalmente la gestione degli affidi dei minori, ridimensionando l’uso eccessivo e, talvolta, addirittura, persecutorio verso il padre, quasi sempre immotivato, dell’affido esclusivo, del ricorso alle residenze protette, dell’affido extrafamiliare, tenendo conto che certe denunce per maltrattamenti in famiglia sono suggerite da associazioni consigliate dagli stessi servizi sociali, in cui operano persone senza scrupoli ed inebriate dal principio che l’uomo è sempre violento e incapace a crescere i figli. I fatti, invece, ci dicono il contrario e il ricorso sbrigativo al Codice rosso, preceduto da denunce che, in quasi tutta Italia, hanno troppi caratteri comuni anche nella formulazione e, soprattutto, mancano del dovuto riscontro probatorio, è azionato per tutelare la madre, ma non i figli, frequentemente privati del loro diritto alla bigenitorialità, estromettendo il padre dal loro mondo affettivo e culturale.

 

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