I centri antiviolenza
Un fenomeno dai contorni sommersi!
Avv. Gerardo Spira
La Corte dei conti con la relazione del 2016 ha acceso il faro sul fiume di danaro speso per i centri antiviolenza.
Con la delibera n. 9 del 2016 la Corte dei Conti ha approvato la relazione concernente “La gestione delle risorse finanziarie per l’assistenza e il sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli (d.l. n. 93/2013)”
La suprema Corte ha incentrato l'indagine sulla gestione delle risorse assegnate con il predetto decreto.
Il Giudice contabile in sintesi evidenzia che dopo tre anni di impegno legislativo ancora vi sono carenze e ritardi nell'applicazione della legge.
Risulta insoddisfacente la gestione delle risorse assegnate per gli anni 2013-2014 e sono risultate carenti le comunicazioni conoscitive circa l'effettivo impiego delle risorse finanziarie.
Sulla linea del finanziamento, scrive la Corte, “l’amministrazione statale è sollecitata a recuperare il ruolo di amministrazione vigilante sull’impiego delle risorse statali assegnate alle regioni. Nel contempo, raccomanda alla Segreteria della Conferenza Stato-regioni e alla Conferenza delle regioni e delle province autonome di adottare le misure necessarie per impegnare le regioni a una maggiore attenzione verso il rispetto (sostanziale, e non solo formale) delle modalità di leale collaborazione individuate dal d.p.c.m. 24 luglio 2014, con particolare riguardo alla comunicazione al Dipartimento per le pari opportunità del concreto impiego delle risorse e delle valutazioni quali-quantitative effettuate sui risultati conseguiti, di modo che lo stesso possa, a sua volta, rassegnare al Parlamento le informazioni a questo dovute sulla concreta attuazione della legge”.
La relazione sviluppa in oltre 90 pagine l'indagine sistematica in tutte le regioni, riportando carenze e inadempienze rilevate fino al 2016.
La notizia, montata a grossi titoli locali e nazionali, ci fa apprendere che il 24 gennaio di quest'anno l'associazione “Libera...Mente Donna” della regione Umbria ha superato il concorso nazionale con il progetto “Non solo rifugio”.
Il progetto avallato dai Comuni di Perugia, Terni, e Narni, con una vasta rete di altre associazioni, prevede il potenziamento dei centri antiviolenza dell'Umbria e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza e ai loro figli e il rafforzamento della rete dei servizi territoriali.
Il progetto impegna finanziamenti pubblici per un importo di oltre 250.000 euro per 24 mesi.
Alla conferenza pubblica del 24 gennaio non sono stati forniti, benché richiesti, i dati esplicativi per la redazione del progetto, usati per superare le valutazioni ministeriali, né sono stati resi pubblici i rendiconti dei finanziamenti assegnati ai precedenti progetti.
La trasparenza di cui tanto si parla risulta ancora un miraggio nelle associazioni antiviolenza. Eppure anche per queste valgono le regole di pubblicare dati, contabilità, convenzioni e protocolli, per consentire a qualsiasi cittadino di conoscere e avere notizie delle attività, degli obiettivi e dei risultati.
Durante il convegno alla domanda specifica sull’argomento, l’interlocutore è stato rimandato agli atti di progetti che ancora non sono stati rendicontati.
Eppure la legge precisa che eventuali altri progetti presentati non possono essere ammessi a finanziamento se non sono stati conclusi, rendicontati ed approvati quelli precedenti.
Sono proprio questi dati dichiarati e non accertati, peraltro non ancora rendicontati, come scrive la Corte dei Conti nella relazione per le singole regioni, che ci hanno portato a rivolgere lo sguardo su di una questione che è divenuto evento impegnato con danaro pubblico.
In un momento in cui si raccolgono fondi attraverso il 45500 per le disgrazie del terremoto nella martoriata Italia centrale, le istituzioni e le associazioni s’impegnano a sottrarre risorse pubbliche per progetti diversi. Sarebbe stato più qualificante se Governo, Regione, Comuni ed associazioni avessero rinunciato in favore di così immenso disastro. Non potevano essere realizzati progetti con risorse del solo volontariato privato?
Ma tant’è!
Molti governi, tra cui il nostro, ha raccolto il messaggio di Istanbul per aprire uno spazio in cui muovere pedine e praticare i soliti giochi di cordata.
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