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DIBATTITO: "Affidamento condiviso: una promessa non mantenuta"


La risposta del presidente dell’ISP, Maurizio Quilici


I padri sono cambiati, ma i giudici non se ne sono accorti!


Cara Avvocatessa,

vorrei che la sua bella, accorata e coraggiosa lettera diventasse il “Manifesto” di quanti si battono perché nel momento della separazione e dell’affidamento dei figli si rifugga dalle decisioni stereotipate, si abbia a cuore la serenità e lo sviluppo equilibrato dei minori coinvolti, si valuti con il giusto peso la rilevanza della figura paterna, si osservino lo spirito e la lettera di una legge – la n. 54 del 2006 – che ha introdotto la nuova figura dell’affidamento condiviso e che è stata bellamente tradita.

La sua lettera ha suscitato in me, assieme a molte riflessioni, sensazioni contrastanti: da un lato la soddisfazione (amara) di vedere che una giurista, un’operatrice del Diritto, conferma con la sua quotidiana esperienza quanto il nostro Istituto va dicendo dal 2006 a proposito della famosa Legge 54 e dell’affido condiviso: una legge ridotta dalla giurisprudenza a mero cambio di termini senza alcun mutamento di sostanza e senza alcun rispetto per quello che era stata la ratio del legislatore che ben altro peso voleva assegnare alla figura del padre, fino a quel momento trattato – le statistiche sugli affidamenti parlavano chiaro – come soggetto del tutto residuale e ininfluente. Tuttavia, la soddisfazione di veder confermate le nostre convinzioni e le nostre affermazioni è poca cosa di fronte al rammarico, alla delusione, diciamo pure alla rabbia, di sapere inapplicata con tranquilla nonchalance una legge dello Stato.

Lei, cara Avvocatessa, si chiede cosa è davvero cambiato dal 2006; a volte io mi chiedo che cosa è cambiato da quel febbraio 1988 in cui l’I.S.P. si costituiva e apriva una nuova pagina nella storia della paternità in questo Paese. Trent’anni di studi, di ricerche, di informazioni, di battaglie anche… per che cosa? Certamente – va riconosciuto – c’è oggi da parte dell’opinione pubblica una conoscenza dei ruoli e delle funzioni paterne di gran lunga superiore a quella di trent’anni fa, grazie a una ricca bibliografia scientifica e narrativa, film, trasmissioni radio e televisive, articoli, dibattiti, convegni…; grazie all’impegno di numerosi operatori – psicologi, avvocati, assistenti sociali, pedagogisti, sociologi… – e di numerose associazioni di padri separati e no; e grazie, soprattutto, ai padri di oggi. Che sono cambiati e lo fanno vedere. Insomma, oggi l’importanza del padre è conosciuta e riconosciuta. E i problemi dei padri sono noti, ma tutt’altro che risolti.

E’ nel mondo del Diritto, nelle aule di giustizia dove si decide della sorte dei figli nel momento, doloroso per tutti, della separazione che il tempo sembra essersi fermato. E che lo stereotipo della donna per ciò stesso “buona madre” continua a dominare. Lo vediamo ogni giorno, purtroppo: di fronte al giudice una donna non deve “dimostrare” di essere una buona madre, su di lei non incombe alcun onere della prova. Ma il padre… quanto dovrà faticare per dimostrare il suo amore, la sua capacità di empatia e accudimento, la sua importanza, la sua volontà di essere accanto ai figli.

 

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DIBATTITO: Affidamento condiviso: una promessa non mantenuta


Il contributo del presidente onorario dell’Associazione Genitori Separeati per la Tutela dei Minori, avv. Gerardo Spira

I minori sono oggetto di mercanzia tra più parti

 

Esimio dott. Quilici,

incaricato dall’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori, mi permetto di aprire una finestra di riflessione sulla lettera della Avvocatessa Gaetana Paesano.

Ho conosciuto la collega, per la serietà professionale, e conosco molto bene l’ambiente in cui opera il tribunale di Vallo della Lucania. Tribunale molto evidenziato con la stessa Procura della Repubblica che, resiste al sortilegio (si fa per dire) della soppressione, nonostante le dilaganti spinte di quanti lo vorrebbero lontano dalle beghe locali e territoriali

Vi sono certamente motivi nascosti di risentimenti che ne impediscono la caduta. Ma le congiure e gli intrighi fanno parte di quella cultura storica che ha visto il cilentano brigante “accovacciato” dietro la siepe.

Dopo la prima lettura ho pensato ad uno sfogo personale manifestato dal legale che opera in un contesto in cui le ragioni del diritto s’intrecciano con quelle di una cultura maliziosamente silenziosa.

Mi sono sbagliato, perché l’argomento è all’ordine del giorno e diffusamente anche nel nostro territorio.

Basta aprire un giornale per ritrovarci un articolo di cronaca.

In tutti i convegni ormai si parla di fallimento della Giustizia, di lobby e caste unite intorno alla materia della famiglia. Le accuse vanno dai protocolli di categoria alle direttive o linee guida scoperte più per rafforzare poteri ed interessi personali che per difendere diritti e interessi dei cittadini.

I patti servono a rafforzare le decisioni dei TRIBUNALI dove il DIRITTO , svilito e spogliato dei principi costituzionali del valore della famiglia, ne esce vistosamente sconfitto.

Lei sa, per aver presieduto un incontro a Perugia sul tema della famiglia, che da tempo insisto su di un argomento dimenticato o appositamente accantonato che mette tutto il sistema istituzionale italiano in cattiva luce, minando dalle fondamenta principi e valori della Giustizia.

La giustizia si conclude nelle aule dei tribunali, ma nasce, cresce e si sviluppa in tutte le sedi istituzionali coinvolte (dentro ci sono tutti: magistrati, operatori sociali, ordini professionali e anche la chiesa). Nessuno fa il proprio dovere. Nessuno aiuta La Giustizia a fare il proprio dovere. La collega Paesano definisce la legge 54/2006 “una promessa non mantenuta e lo dice dopo oltre 20 anni di professione. Ne aspetterà ancora se non viene guastato il gioco.

Ha scoperto quindi che la volontaria giurisdizione non esiste, che il giudice in questa materia non fa più il proprio mestiere, è divenuto uno pseudopsicopedagogo; che le decisioni del Tribunale vanno in una direzione sbagliata e che i minori sono oggetto di mercanzia tra più parti. Ha scoperto che nelle istituzioni italiane si perpetra il più grande tradimento della Costituzione e il più grande delitto contro la famiglia. Ha scoperto che la legge 54 del 2006 è carta straccia e che le sue norme sono fili strategici in mano al giocoliere di occasione. Eppure nei banchi dell’università ci hanno insegnato, almeno nella mia epoca i professori lo facevano, che i principi sono fondamenti insopprimibili se non adeguatamente modificati, che le norme impositive sono cogenti, di immediata applicazione e che la lettura della legge deve avvenire in modo sistematico. Che anche se applicata singolarmente la norma deve essere collegata alle finalità della legge.

 

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