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Regione UMBRIA

Norme per le politiche di genere e per una nuova civiltà delle relazioni tra donne e uomini


Approda in aula il disegno di legge 341 che ha avuto un iter abbastanza travagliato. Un iter iniziato nella scorsa legislatura con un impegno di lavoro pressante, e ormai ultraquinquennale, delle associazioni femministe umbre che si era sostanziato nella presentazione da parte della Giunta dell’atto 1259, approvato in commissione ma mai approdato in aula.


Sperpero di soldi pubblici

in favore di associazioni femministe

 

Relazione di minoranza del consigliere Sergio De Vincenzi – Vicepresidente III Commissione – Consiglio Regionale dell'Umbria

***

Il ddl rientra nelle competenze previste dal titolo V della vigente costituzione e sostanzialmente

prende le mosse da convenzioni internazionali.

Fra queste, in particolare la relazione introduttiva al ddl fa riferimento alla Convenzione del Consiglio d’Europa per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica, adottata ad Istanbul l’11 maggio 2011 e ratificata dall’Italia con la legge 77/2013.

È comunque opportuno qui ricordare che ad oggi molti paesi pure firmatari di quell'accordo non hanno ancora ratificato la convenzione ed altri, come la Turchia, stanno introducendo norme contro le donne, che nello specifico ha in fase di approvazione la legge sulle bambine-spose.

Il ddl presentato dalla Giunta è stato originariamente redatto da un “comitato tecnico-scientifico” con una prima stesura che risale al biennio 2011-2013 ed il cui costo complessivo ci piacerebbe francamente oggi conoscere visto il massiccio dispiegamento di forze messo in campo su tutto il territorio regionale negli anni 2011-2015, sia da parte dell’Ente e delle varie Istituzioni locali che delle Associazioni Femministe che hanno teleguidato l’operazione, il tutto naturalmente a carico di noi cittadini.

Così se la Presidente vorrà anche renderci edotti su questo aspetto in molti Le saremmo senz’altro grati.

Ma questa è storia. Una minima premessa doverosa.

Oggi possiamo solo dire che la Giunta ha voluto caparbiamente perdere un'occasione importante per dare al nostro territorio una normativa che potesse essere sostenuta da una larga maggioranza perché veramente innovativa e rispettosa della dignità delle donne umbre, dimenticando totalmente che nonostante tutto governa la “democratica Umbria” con solo il 23% dei consensi degli aventi diritto al voto.

Il buon senso politico evidentemente alberga altrove, ma il PD non è certo nuovo a questi atteggiamenti.

Una legge che fosse organica nei contenuti e soprattutto veramente rispondente alle attese delle donne e alle loro necessità, e non solo a quelle in ambito lavorativo e nei vari contesti economico-sociali, ma anche in quello familiare, nel ruolo di moglie e di madre e, ancor più, ad esempio, a tutte quelle donne che si fanno carico di tante situazioni difficili nella società, senza essere considerate e senza far notizia sui media, a cominciare, ad esempio, da tutte quelle che dedicano con amore la loro vita nella cura di figli o familiari con disabilità, o di figli entrati nel vortice delle dipendenze e molte altre situazioni ancora.

E che dire delle donne nella terza e quarta età?

Una legge, in sostanza, che, con queste caratteristiche, avesse potuto riscuotere anche il convinto consenso della minoranza, perché sul tema della promozione della figura femminile non dovrebbero, né avrebbero dovuto, esserci distinguo né di metodi né di intenti.

Personalmente, in qualità di Vicepresidente della III Commissione ho chiesto formalmente un ripensamento attento e condiviso dell’atto proposto, perché  palesemente mal scritto e mal articolato nelle misure e negli obiettivi.

Ma la richiesta, a fronte di un’improvvisa accelerazione dell’iter, è caduta nel vuoto.

Ad onor del vero sono stati anche sollecitati degli emendamenti da parte della minoranza; ma come emendare un atto in larghissima parte non condivisibile?

Anche tutte le indicazioni provenienti dal mondo sociale audito non riconducibile al contesto del femminismo è stato totalmente ignorato.

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­­­­Convegno

Per noi, i Minori prima di tutto!


Il 19 di questo mese si è tenuto nella sala conferenze di Perugia, Piazza Italia 19, il convegno organizzato dall'Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori sul tema: Per noi, i Minori prima di tutto”. Il convegno, come significato dalla stampa, ha toccato la problematica che sta corrodendo il primo e più importante valore della società: i minori ed è stato presieduto dalla giornalista e scrittrice Vanna Ugolini. Il consigliere regionale e comunale, dott. Sergio De Vincenzi ha portato il saluto del comune di Perugia che ha patrocinato l’iniziativa.

I relatori avvocati Domenico Vecchio, Gerardo Spira e Francesco Valentini, attraverso le diverse sfaccettature del problema hanno sviluppato argomentazioni sui temi della famiglia, della sua essenza, sul ruolo di questa nella società, sul mancato impegno della Pubblica Amministrazione, sulle contraddizioni dei giudicanti e sulla carenza del monitoraggio e vigilanza durante i procedimenti amministrativi e giudiziari.

L'avvocato Domenico Vecchio del foro di Salerno ha affrontato la questione del minore posto al centro dell’attenzione, per comprendere pienamente il legame intercorrente con le figure genitoriali, in particolare quella paterna. Dunque, una ricerca del fondamento naturale è imprescindibile per garantire una tutela effettiva in ogni ambito, là dove due soggetti vivono una relazione unica. Uno degli aspetti emblematici di questa stagione della storia è che il padre ha perso anche il nome, dunque c’è una figura paterna alla quale potrebbe essere sottratto facilmente il nome, per cui non si sa più dove sia il padre.

Sembra che la figura del padre sia sparita e ci siano le madri, le madri acrobate che gestiscono tutto, nel bene e nel male, spesso nel male per aver a volte contribuito a quel fenomeno che Jacques Lacan definiva “processo di evaporazione del padre”.

Invero, si tratta di un’eclisse del padre, sembra che il nostro tempo sia quello del tramonto irreversibile del padre, non c’è più il padre a cui confidare la propria fragilità. Ma la vera domanda è cosa resta del padre, rispetto ad una tradizione. E’ fondamentale che resti qualcosa, per dare senso al fondamento antropologico a partire dal quale riconosciamo la sua esistenza, e per l’aspetto giuridico tuteliamo la sua esistenza pienamente, ovvero la necessità della vita umana di avere un padre da riconoscere e da garantire sempre al figlio. Nella nostra vita possiamo decidere di non diventare mai padri, madri, sorelle, ma una sola cosa non possiamo non essere: essere figli.

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