Attualità
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­­­Con le modifiche del decreto legge n.132/2014

 

Il diritto di famiglia è entrato

nella fase di coma irreversibile

 

avv. Gerardo Spira *

 

Con l'introduzione dell'istituto della negoziazione assistita nel D.L 132/2014, sembrava, ai fautori della semplificazione, che finalmente il legislatore, raccogliendo le proposte trasversali di tesi ed opinioni politico-giuridiche, avesse dato una svolta decisiva alla problematica del diritto di famiglia, mettendo in pace le coscienze dei sostenitori della famiglia e il mondo affaristico circolante nei paraggi, dagli avvocati ai professionisti della scienza social-psicopedagogica.

Invece in questi due anni sono scoppiate le contraddizioni di un sistema che non guarda più al cittadino e alla società, ma unicamente agli effetti in termini elettorali.

Il conflitto giudiziario è risultato infatti la condizione più importante per tenere in piedi il mercato degli interessi e degli affari divisi e negoziati a diverso titolo.

Una buona legge nel diritto di famiglia dovrebbe avere l'effetto salutare di tutelare la famiglia, prestare ascolto e attenzione ai minori e salvaguardare i costi che pesano e di molto sul cittadino e sulla società.

Ma vediamo che cosa accade dentro e fuori dai tribunali.

Cosa dice il cosiddetto decreto giustizia ( DL132/2014 convertito in legge n.162/2014).

Con la normativa di cui al decreto in argomento la coppia che intende separarsi consensualmente o divorziare non dovrà chiedere più ”l'omologa”, ma la sentenza di pronunciamento dello scioglimento del matrimonio e la cessazione degli effetti civili oppure operare una scelta tra due opzioni: la negoziazione assistita da legali (art.6) e l'accordo presso l'ufficio della Stato civile, in presenza di determinate condizioni (art.12).

Lo scopo è quello di stimolare gli accordi fuori dai tribunali, ricorrendo al ruolo dell'avvocato e in presenza di condizioni che non riguardano i soggetti deboli come i figli.

La convenzione di negoziazione, di cui tanto i parla, consiste in un accordo col quale le parti convengono davanti ai propri legali di porre fine alla lite.

La legge di conversione del decreto legge n.162/2014 ha introdotto il passaggio obbligatorio dell'accordo alla Procura della Repubblica, presso il Tribunale per gli effetti civili annotati a margine dell'atto di matrimonio.

L'art.6 del decreto è tutto dedicato alla disciplina della negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio. La procedura si applica sia in presenza che in assenza di figli minori, figli maggiorenni, incapaci, portatori di handicap grave oppure economicamente non autosufficienti.

Il provvedimento è sottoposto al vaglio del Procuratore della Repubblica che lo può restituire nel caso l'accordo non corrisponda agli interessi del minore.

Qui rinveniamo il primo vulnus.

Infatti in nessuna disposizione di legge sono indicati gli interessi del minore, per cui in assenza di una normativa o direttiva generale, ogni Procuratore può stabilire criteri, che anche se giusti, saranno sempre discrezionali, quindi diversi in tutto il territorio nazionale.

La confusione applicativa ha provocato l'intervento del Ministero dell'interno il quale ha diramato una circolare di chiarimenti n.6/2015 che impugnata è stata annullata dal TAR Lazio con la sentenza n.7813/2016.

La Procura di Milano e qualche altra hanno emanato linee guida in materia come ordinaria direttiva degli adempimenti burocratici di procedura e dei documenti da produrre.

Resta il vuoto del contenuto dell'accordo affidato alle parti.

Alcune associazioni, rendendosi conto che la problematica della negoziazione assistita non ha risolto la questione del conflitto che rimane aperto per gli aspetti patrimoniali e per quelli dei figli esclusi da una precisa disciplina di tutela, hanno avviato un altro discorso con gli Enti territoriali con il cosiddetto ”registro bigenitoriale”, che da una indagine pare estendersi in tutto il PAESE.

Il Registro è un atto, di forma ma non di validità pubblica, in cui viene confermata la volontà delle parti a rispettare il principio di bigenitorialità di cui alla legge 54/2006.

In taluni comuni è stata prevista anche la facoltà per una sola parte di chiedere la registrazione con i relativi impegni.

Sulla questione si sono già espressi alcuni Garanti astenendosi dal prendere posizione.

Secondo il Garante dell'Emilia e Romagna invece, ”l'iniziativa, pur positiva sotto il profilo culturale, sembra più volta a tutelare i diritti degli adulti che quelli dei minori coinvolti per i quali, ai fini pratici, non cambierebbe molto. Una tale ottica presenta infatti il rischio di contribuire ad aumentare il livello di conflittualità tra i genitori con ricadute sul minore stesso, che si vedrebbe così coinvolto in ulteriori dinamiche oppositive”.

 

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Una società che si rinnova ha bisogno di soggetti nuovi


Il coraggio di rottamare e non riciclare!

 

Avv. Gerardo Spira*

I giudici della 1 sezione civile della suprema corte di cassazione con la sentenza n.18087/16 del 14.9.2016 hanno smarrito la toga e nella fretta anche il diritto. Secondo gli ermellini la famiglia non esiste.

 

Il caso.

Una donna separata con affidamento condiviso, decide, per ragioni di carriera di trasferirsi in altra località, portando con sé il figlio collocato presso di lei.

Il genitore solleva le normali eccezione di garanzia per l'esercizio della responsabilità genitoriale e dei diritti del figlio ad avere rapporti equilibrati e continuativi col padre.

La questione finisce davanti alla Corte di Cassazione.

Niente da fare! i supremi giudici della prima sezione sentenziano che nel rispetto del diritto del lavoro la donna può trasferirsi per migliorare la carriera e che può portare con sé il figlio, già collocato presso di lei.

E i diritti del padre? Quelli secondo gli ermellini, passano in secondo ordine, mentre restano a suo carico tutti i doveri conseguenti alla sua responsabilità di genitore.

Il teorema è sempre lo stesso: la madre è primo genitore e il padre viene dopo e i figli restano affidati a lei. Poi non importa che il minore porterà nella società tutte le conseguenze negative della decisione. Non importa che cresce il bullismo.

Non importa che i figli continuano a vivere disturbati, additati ed emarginati.

La carriera della donna è più importante della serenità del figlio  e non importa che il minore perde il padre e dimentica le radici familiari.

I giudici della 1 sezione della Cassazione hanno smarrito la legge e il diritto e hanno deciso in nome del potere inviolabile di intoccabili.

Le sentenze vanno rispettate, quando sono giuste. E quando sono ingiuste?

Alla psicologia l'ardua decisione di valutare cosa accade nella mente di un essere umano offuscata dal tarlo della ingiustizia subita.

Ragioniamo senza i fronzoli colorati, superati da una cultura sbiadita tra i banchi del supremo diritto, sulle leggi attuali e in vigore messe a disposizione del popolo italiano e cerchiamo di capire in che modo il legislatore ha dettato nel diritto di famiglia.

Partiamo dalla legge costituzionale.

Agli artt 29-31 il costituente, superando la vecchia visione etica della famiglia, pensando al suo ruolo fondamentale nella società la definì una “società naturale “  fondata sul matrimonio,  centrata su  due aspetti, della persona e della reciprocità.

In buona sostanza il costituente ha riconosciuto alla persona la responsabilità del sua funzione e al secondo elemento (reciprocità) il valore dell'essere umano che può esistere soltanto in relazione con gli altri.

Secondo la Costituzione infatti non può esistere famiglia se questa non è fondata sul matrimonio tra uomo e donna. A questa si riferisce la normativa del c.c. La legge sull'unione civile detta anche lege Cirinnà, disciplina i reciproci diritti ed obblighi, tra persone dello stesso sesso o conviventi che decidono di vivere insieme. derivano diritti e doveri.

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