Attualità
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PAS: un comportamento illecito del collocatario.

Il Tribunale di Milano condanna il genitore alienante

avv. Francesco Valentini *

 

Studiosi e giudici, da quando separazioni e divorzi occupano un primo spazio nella scena della giustizia italiana, hanno abusato del termine alienazione per sostenere che nel caso di conflitto si configura una patologia, una vera e propria malattia accertabile clinicamente.

La gogna patologica si è riversata soprattutto sul genitore non collocatario, ritenuto responsabile di disturbi, maltrattamenti e violenze sul minore.

In buona sostanza, se il minore manifesta comportamenti fastidiosi e riluttanti durante gli incontri, anche a distanza di tempo, la colpa è del genitore che non frequenta il figlio con assiduità. La decretazione in tal senso ha fatto giurisprudenza quasi costante nel nostro Paese.

Le decisioni mi hanno sempre lasciato perplesso e per la verità non le ho mai ritenute frutto di logica scientifica e giuridica, come se una parte della Giustizia minorile avesse scelto questa linea per dare continuità alla teoria, consolidata nel tempo, che i figli appartengono alla madre e in caso di conflitto gli stessi, per vincolo del cordone ombelicale, devono essere affidati a Lei. L’uomo una volta inseminato, va trattato come un animale di sola procreazione.

La teoria, pensata e sostenuta, si è mossa clamorosamente anche contro la legge e contro i principi costituzionali che dicono che l'uomo e la donna si uniscono, generano la prole, promuovono e curano il progetto di famiglia nel rispetto delle regole uguali per tutti.

Abbiamo assistito dal 2006 ad una vera e propria mattanza dei valori posti a fondamento della famiglia e nessuna Autorità posta a guardia dei diritti e dei doveri ha mosso un dito. Soltanto la Corte Europea, quando chiamata, ha bacchettato lo Stato italiano, sanzionandolo con misure gravi e pesanti.

Le condanne della Corte E.d.u. non hanno sortito effetti di risveglio delle coscienze, forse perché alla fine è stato soltanto lo Stato a pagare il danno e i cittadini a subire gli obbrobri delle decisioni sbagliate.

Ciò, comunque, ha alimentato nella coscienza del cittadino sospetti che hanno portato al grande problema della sfiducia.

Nel pieno di una giurisprudenza consolidata, come spesso accade in diritto, scoppia con fragore una decisione contro corrente.

Il Tribunale di Milano, molto sensibile nella materia, non ancora affrancata dal principio della imparzialità, ha cambiato ragionamento, dando in silenzio una bacchettata ai tanti soloni del diritto e alla stessa scienza psicotecnica.

(Trib. Milano, Sez. IX civ., decreto 9-11 marzo 2017, Pres. Amato, est. Buffone) Alienazione genitoriale - strumento processuale utilizzato dal genitore Alienante- Condanna ex art.96 comma III C.P.C. - sussiste (art.337-ter c.c.).

Il Caso

Una coppia si rivolge al Tribunale di Milano per regolare i rapporti sulla responsabilità genitoriale relativa alla figlia minore nata nel 2009, fuori dal matrimonio.

Sorgono, dopo la pronuncia, problemi riferiti dalla madre relativi al rapporto padre-figlia, tanto da consigliare il genitore a richiedere l’intervento dei servizi sociali.

La madre promuove ricorso al Tribunale, richiedendo l’affidamento esclusivo.

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­­­­Il Tribunale di Brindisi


Ristabilisce la dignità giuridica della legge 54/2006

cancellando il collocamento prevalente


Avv. Gerardo Spira*

Sul nostro sito è stato apposto un articolo a firma dell'avv. Francesco Valentini col quale l'esimio professionista dà la notizia sulla decisione del Tribunale di Brindisi di tracciare per la prima volta e finalmente le linee guida sull'affidamento dei figli, nei casi di separazioni.

Dal profondo Sud si è spinta la novella contro la concezione convenientemente condivisa dalla cultura istituzionale di mantenere lo status quo che, tanto voluto e sostenuto, ha arricchito professioni, impoverito genitori e famiglie e determinato una generazione svantaggiata (quella dei figli).

La notizia del Tribunale di Brindisi, per iniziativa della Presidente dott.ssa Palazzo ha allarmato soprattutto qualche nota associazione che si è vista esclusa dagli incontri nell’iniziativa da cui sono scaturite le  linee  guida di comportamento.

In queste, tra l'altro (clamoroso!), risulta cancellato di fatto “il cosiddetto collocamento prevalente”.

La direttiva accolta con grande favore dagli interessati, specialmente da quelli che sono rimasti vittima in oltre dieci anni di vita della legge 54/2006, è stata invece recepita da una parte della casta forense come una pistolettata a tradimento.

Apriti cielo! E' stata

violata la serenità di qualcuno che vive ed opera in questo mondo..

Ma leggiamo quali sono gli argomenti discussi e fondanti le linee tracciate dal Tribunale di Brindisi!

-La residenza abituale del minore: questa è ritenuta - e correttamente come prescrive la legge - soltanto ai fini anagrafici. Il minore può essere domiciliato anche presso entrambi i genitori. La legge infatti detta normativa sul domicilio e sulla dimora abituale (residenza). La scelta della residenza sarà di riferimento solo al fine di stabilire la competenza del giudice.

La direttiva affronta in modo giusto il problema della partecipazione quotidiana e della frequentazione, per adeguarlo al principio del rapporto equilibrato.

-La casa familiare: Il diritto di proprietà franco e libero è salvaguardato. La casa appartiene al legittimo proprietario. In caso di proprietà comune, nella separazione si ricorre all'istituto della locazione, come termine di valore da scontare sul mantenimento in favore del genitore cedente secondo la percentuale spettante.

-Mantenimento e spese straordinarie. Viene affermato il principio del mantenimento diretto, in ragione della frequenza e della partecipazione. Ne deriva di conseguenza, per la cura e la frequenza, l'onere del versamento di eventuale somma residuale. Viene affermato il principio perequativo nel caso di genitore più abbiente rispetto all'altro.

Per le spese straordinarie viene adottato il principio di spese prevedibili e imprevedibili. Le spese prevedibili si attribuiscono ad entrambi i genitori in ragione del reddito e così anche quelle imprevedibili.

-Ascolto del minore e mediazione familiare. Il Tribunale di Brindisi decide di dare forza all'art. 315 bis c.c. Il minore ha diritto ad essere ascoltato. Alla mediazione si ricorre solo nel caso di contrasto.

Una pioggia di critiche e di censure sono cadute sulla decisione del Tribunale di Brindisi. Ciò si comprende per i forti interessi che si intrecciano nella materia, resa sempre più appetibile, non per ragioni morali, dalla contrastante giurisprudenza vagante nei Tribunali italiani. Eppure la logica del diritto deve essere la stessa sui principi della legge !

L'Aiaf, associazione di avvocati molto nota, ha sollevato questione in ordine alla legittimità delle linee sostenendo, tra l'altro, che il Giudice non può imporre un modello unico di famiglia separata. Le linee guida del Tribunale di Brindisi configurano, secondo l''AIAF, chiare violazioni di legge per alcuni aspetti e soprattutto:

a) risulta abrogato il diritto del minore a mantenere il domicilio domestico

b) il minore risulta diviso in due parti.

Riteniamo, con il dovuto rispetto per le professionalità, di non poter condividere le posizioni contrarie alla decisione del Tribunale di Brindisi per una serie di motivi di cui alcuni che più macroscopicamente rileviamo qui di seguito.

Le linee guida, per definizione giuridica, non sostituiscono certamente la legge, ma costituiscono un modello di comportamento esteso a tutti i legali operanti in quel tribunale.

La Presidente del tribunale di Brindisi poteva, come possono tutti i Presidenti dei tribunali d'Italia, adottare una direttiva senza obbligo di interpello o preferenza  di numero e qualità di associazione. Non esiste una legge specifica in materia e qualsiasi considerazione giuridica o richiamo interpretativo alla Costituzione appare impropriamente espresso, dal momento che le decisioni seguono la procedura di rito e sono soggette alle impugnative di legge.

La presidente del Tribunale di Brindisi ha avuto il coraggio, più che le tante istituzioni di difesa e di garanzia, di ribellarsi ad una situazione che da oltre dieci anni ha disattesa l'applicazione della legge 54/2006.

Un Giudice di un Tribunale di provincia ha fatto ciò che per anni non hanno fatto ordini forensi e istituzioni parificate per sollecitare l'applicazione della legge sul condiviso, in barba al principio del valore della famiglia e dei diritti dei minori. Eppure bastava bloccare i Tribunali con una protesta generale in tutto il Paese e se del caso a tempo indeterminato. Questa sì che avrebbe riscosso la fiducia della grande massa di cittadini interessati e dell'intera nazione. Invece il silenzio di comodo e di convenienza ha permesso che gli unici a pagare fossero la famiglia e la società, per dire tutti i cittadini italiani.

Ma torniamo all'argomento che pur ci interessa per l'aspetto giuridico. E' stato sostenuto che il domicilio del minore deve restare per legge quello del genitore prevalente. Niente più errato! Il principio è stato derivato dalla giurisprudenza e non dalla legge.

L'assunto, tra l'altro, non regge più nell'epoca in cui i popoli migrano e si spostano con facilità e libertà. La giustizia non può rincorrere il cittadino nei suoi repentini spostamenti, soprattutto per rispettare il famoso principio di economia processuale.

Forse si cerca questa confusione per aprire il ventaglio del contenzioso?

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