Attualità
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Importante documento del Tribunale di Brindisi


L’affido condiviso alternato dei figli


Una scelta obbligata per i tribunali

 

avv. Francesco Valentini *


Le linee guida per la sezione famiglia elaborate dal Tribunale di Brindisi è una risposta concreta alle problematiche derivanti dalla scarsa applicazione della legge 54/2006 nei tribunali italiani.

Il legislatore, con la riforma dell’art. 155 del codice civile, aveva introdotto il principio delle pari opportunità genitoriali anche quando i genitori decidono di non convivere più. In questi dieci anni il divario tra legge, cioè la teoria, e la prassi giudiziale sull’affido condiviso provoca un pericoloso malessere nei confronti dei provvedimenti della giustizia italiana che disattende, nella maggior parte dei casi, le aspettative dei minori e dei loro genitori.

Le condanne europee all’Italia per le inadempienze su queste tematiche confermano, ancora una volta, l’arretratezza del nostro sistema giudiziario che parla di affido condiviso - non potendo fare diversamente - ma che di fatto ignora “il danno psicologico che i conflitti familiari inducono nella prole, del deterioramento economico che provocano allo stato e del danno sociale che consegue all’abnorme dilatarsi del contenzioso”.

Il tribunale di Brindisi, proprio per tutelare le aspettative disattese dai provvedimenti di numerosi magistrati e tribunali e per superare la lentezza dei processi si sente obbligato a fare la scelta della “fedele adesione ai principi della riforma del 2006 … non potendosi privare i cittadini della certezza dei diritti in merito ad aspetti così delicati come quelli che appartengono alle relazioni familiari” nel rispetto delle sollecitazioni che ci pervengono da organismi sovranazionali.

Le aspettative create dalla riforma del 2006 sono state largamente disattese dai provvedimenti dei magistrati e dei tribunali a cui la legge lascia una pericolosa discrezionalità.

I provvedimenti che, dopo la fine della convivenza da parte dei genitori, non contemplano una loro paritetica compresenza nella vita dei figli alimentano solo la conflittualità. Il genitore che si sente penalizzato o emarginato è portato a non rispettare il provvedimento e a ricorrere nuovamente al giudice se sostenuto dalle proprie risorse economiche. E non è detto, poi, che le sue giuste rivendicazioni vengano puntualmente accolte. L’altro genitore, non vedendo rispettati i provvedimenti del tribunale, ricorre anche lui nuovamente al giudice, provocando, così, un intasamento della giustizia.

L’incremento della conflittualità tra i genitori non permette loro di utilizzare “le forme alternative di risoluzione delle controversie, a dispetto del loro moltiplicarsi”, quali la mediazione familiare e tutte quelle procedure finalizzate al contenimento del conflitto familiare e/o ad una sua soluzione extragiudiziale.

La giurisprudenza, i numerosi studi scientifici internazionali, il Consiglio d’Europa con la risoluzione 2079/2015 – è scritto nel documento del tribunale di Brindisi - ribadiscono la necessità – potremmo dire anche l’urgenza – di “assicurare l’effettiva uguaglianza tra genitori nei confronti dei propri figli” poiché si riconosce “la bontà e superiorità del modello realmente (e non solo nominalmente) bigenitoriale ai fini della tutela del superiore interesse del minore”.

Con queste linee guida, se accolte come base operativa da tutti, verrebbero superate le vigenti “prassi distorte” che creano disparità tra i genitori, cioè tra quello più forte che è sempre il collocatario/affidatario e l’altro a cui viene riservata una genitorialità secondaria e prevalentemente di natura economica.

 

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Il protocollo come unico strumento

 

di garanzia per gli interessi pubblici

 

avv. Francesco Valentini *

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I servizi sociali, nonostante le innumerevoli accuse di superficialità e faziosità rivolte loro per le relazioni inoltrate ai tribunali chiamati ad effettuare l’affido dei minori, continuano a rivendicare la propria autonomia gestionale dell’incarico, a rifiutare il controllo esterno all’ente del loro operato e il protocollo che regola il loro modo di operare sulla delicata materia minorile. Tollerano solo la stesura di un disciplinare che consigli come comportarsi perché non vincolante. Senza un controllo codificato nessuno potrà mettere in discussione la liceità del loro servizio.

I servizi sociali sono parte integrante della pubblica amministrazione e pertanto non possono sottrarsi alla legge che regolamenta la pubblica amministrazione. I cittadini hanno diritto alla trasparenza e al contraddittorio, anche sulle relazioni dei servizi sociali, e, pertanto, come qualsiasi mortale devono permettere ai genitori di avere copia di tutti gli atti che riguardano loro e i loro figli.

Tutelare il superiore interesse dei minori non vuol dire nascondere il proprio operato e considerarsi una lobby che non deve rendere conto a nessuno, nemmeno ai propri superiori.

I diretti responsabili del servizio e del relativo controllo quando non rispettano le disposizioni vigenti devono essere rimossi dall’incarico perché dannosi alla società e responsabili del cattivo servizio e dello sperpero del danaro pubblico.

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Fino al 1990 la P.A ha svolta le funzioni amministrative secondo procedimenti divenuti di rito in seguito alla giurisprudenza del Consiglio di stato chiamato ad intervenire nelle questioni sollevate in seguito a violazioni del principio costituzionale di cui all'art. 97 della Cost.

Sappiamo che l'attività della P.A deve essere finalizzata al perseguimento dei fini pubblici individuati dal legislatore. Quanto più l'attività è regolamentata, tanto più questa diviene vincolata ai fini della legittimità.

Quando il legislatore consente margini di discrezionalità, l'azione deve restare nell'ambito dei parametri prefissati dalla norma. Fuori da questi azione e potere sono fuori legge.

Il fondamento normativo legittimante l’azione della P.A è individuato nell'art. 1 comma 1 bis della legge 241/90.

Qui rinveniamo la distinzione tra attività amministrativa funzionale e paritaria.

L'attività amministrativa funzionale può essere esercitata mediante ricorso ad atti autoritativi (propri del potere pubblico senza il consenso del cittadino, come l'ordinanza), oppure in forza di previsione di legge, atti non autoritativi.

Per l'attività amministrativa paritaria, esercitata mediante atti non autoritativi, è necessario il concorso della volontà del privato.

Con le riforme della P.A degli ultimi anni è stato avviato il processo di cambiamento dell'esercizio della funzione amministrativa basato su due principi: la riorganizzazione delle istituzioni fondata sul pluralismo e l'altro sulla trasparenza.

L'azione della P.A è indirizzata al rispetto di due canoni. Semplificazione e razionalizzazione.

Le riforme hanno spinto la P.A verso il decentramento, la semplificazione, pubblicità e partecipazione.

Lo Stato si è sempre più spogliato del potere centrale per dare forza al diritto di partecipazione del cittadino, al fine di perseguire gli interessi pubblici sempre più rivendicati.

In questo quadro è stato inserito e disciplinato il procedimento amministrativo, voluto dal legislatore come momento in cui vengono bilanciati interessi pubblici e privati.

La novità storica ha portato ad un sistema basato sul contraddittorio e sulla dialettica tra le parti. Il sistema tutela il cittadino nei confronti della P.A.

L'attenzione si è spostata dal processo amministrativo, fase di esecuzione, al procedimento amministrativo che costituisce un momento precedente a quello dell'esercizio dell'azione amministrativa.

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