Tribunale di Monza
Arroganza senza ritegno!
Una seguitissima trasmissione televisiva, alcuni mesi or sono, aveva sollevato seri dubbi sul funzionamento del tribunale di Monza. Si auspicava, con questa pubblica denuncia, un cambiamento di rotta. Speranza infranta poiché quella istituzione sembra far parte di un altro Stato dove i diritti del cittadino, di fatto, non sempre vengono tutelati.
Il pregiudizio nelle istituzioni, se esiste, è la morte della giustizia e della democrazia.
In queste pagine abbiamo riferito di una madre e di una minore di sei anni “ostaggi” di un tribunale che costringe loro a vivere in un paese della zona perché così vuole il padre (sarebbe più giusto dire la nonna paterna) e non si tiene conto che la stessa non colà non trova lavoro e che lui percepisce uno stipendio di oltre 1.600 euro al mese (14 sono le mensilità!) e, nel tempo libero, invece di stare con la figlia – che sistematicamente lascia a persone terze anche a dormire - svolge altre attività commerciali e artigianali con la nuova compagna, mentre paga un esiguo assegno di mantenimento. La casa familiare affidata alla figlia e alla moglie è della suocera e lui vive in una casa nuova acquistata da sua madre ma intestata a lui come prima casa per non pagare le tasse, mentre il mutuo, stando ai movimenti bancari, è pagato dalla madre. Nella casa familiare non ha mai avuto la residenza, mentre sua madre resta “saldamente” nello stato di famiglia della moglie e figlia. L’ex nuora, a causa della pensione della suocera che si aggiunge al suo misero stipendio, non può accedere al patrocinio gratuito e - cosa ancora più grave - non ha risorse per pagarsi legali, ctu e quant’altro per potersi difendere nelle sedi giudiziarie dai continui attacchi di marito, suocera & C.
La madre è senza lavoro e deve vivere con un assegno mensile di mantenimento per lei e per la figlia di €. 550,00. L’abitazione in cui la madre “deve risiedere” ha un costo di utenze di oltre 200 euro al mese! La madre, con laurea e specializzazioni varie, si è diplomata anche come operatrice socio-sanitaria per avere la possibilità di reperire più facilmente un lavoro. Lo aveva trovato, come O.S., nella zona di residenza coniugale. Sopraggiunte le difficoltà di convivenza con il marito - che aveva già programmato la propria vita con altre donne, anche contemporaneamente - e che con la richiesta di separazione da parte della moglie - che non accettava il ruolo di favorita in un harem tutto privato - il coniuge si rifiutava di contribuire al pagamento della baby-sitter che assorbiva tutto il suo stipendio.
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