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Una sentenza che offende i padri separati, i loro figli e la società civile


La cassazione svuota l’affido condiviso

 

di Ubaldo Valentini *

Non si comprende con quali motivazioni giuridiche la suprema corte di cassazione, con la sentenza n. 18087/16 del 14.9.2016, I sez. civ., abbia potuto sentenziare che durante l’età scolastica i figli debbano essere collocati presso la madre e che gli stessi la debbano seguire quando si trasferisce altrove – anche distante migliaia di km. dalla abituale residenza familiare e del loro padre - per lavoro e, si sottintende, per esigenze personali.

Il diritto alla carriera della donna non può essere condizionato, dunque, dalle esigenze psico-affettive e sociali dei figli e dal loro diritto alla bigenitorialità e, di conseguenza, sarà il padre a doversi fare carico dei viaggi se vorrà vedere e stare pochi minuti con i propri figli.

Altra pillola di saggezza della sentenza, si sostiene che i minori anche quando sradicati dal loro contesto sociale si adeguano benissimo ai nuovi ambienti, anche completamente diversi da quelli dove sono nati e vissuti, e - altra bufala -, il pendolarismo per frequentare il padre, per poco tempo, tra città distanti non costituisce per loro un problema.

Questi giudici - detti ermellini per la pelliccia di noti carnivori che indossano nell’esercizio del loro mandato - non devono tener conto della psicologia e pertanto è supponibile che non la conoscano. C’è da chiedersi, però, come possano sentenziare senza tener conto che i diritti della madre trovano un limite nei diritti dei figli e che i minori sono persone con i loro diritti e con le loro aspettative. Non da ultimo non si può dimenticare che i figli sono stati chiamati alla vita dai genitori e non viceversa.

La tutela del contesto sociale dei minori (relazioni familiari, l’inalienabile bigenitorialità, ambiente in cui sono nati e vissuti, le relazioni affettive e amicali, la scuola frequentata, la presenza in tempo reale di ambedue i genitori, ecc.) è quanto mai indispensabile per una reale tutela dei minori. Il resto è solo paranoia e sudditanza a stereotipi socio-culturali di altri tempi, quando gli ermellini portavano anche la parrucca e il loro procedere lento e difficoltoso per l’età incuteva nel povero suddito non rispetto ma timore e tremore.

Le cose oggi sono cambiate?

No, anche perché i giudici dovrebbero sentenziare in nome del popolo italiano e in base al diritto e alle leggi che il parlamento si è dato nel corso degli anni. Le pari opportunità genitoriali sono garantite dal diritto e una casta che pretende autonomia ed indipendenza di fatto nega proprio questo fondamentale diritto.

C’è da chiedere agli estensori di questa sentenza cosa hanno sentenziato o sentenzieranno quando una madre non fa vedere i figli al padre, quando lavora a nero per avere l’assegno di mantenimento per sé e più alto per i figli, quando procura l’alienazione parentale nei figli presso di lei collocati o a lei affidati per indurli a rifiutare il padre e i suoi parenti, quando si trasferisce con falsi pretesti in città lontane, magari per seguire la nuova fiamma affettiva del momento, quando accoglie nella casa del marito o da lui pagata il proprio amante con pretestuose coperture, quando il padre deve vivere con pochi spiccioli, talvolta mangiando nelle mense pubbliche, quando lo stesso non è in grado di pagare l’assegno di mantenimento, quando subisce, dal tribunale, un danno economico e psicologico, quando nei fatti ha perso i propri figli.

 

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Il dovere di non tacere

 

di Ubaldo Valentini*

Quando le istituzioni non funzionano è giustificata la rabbia dei cittadini verso i quali lo Stato-fisco non è tenero, soprattutto se non appartengono alle caste degli intoccabili. Quando non funziona la giustizia e a farne le spese sono gli indifesi, i minori e/o il genitore più debole, la rabbia interiore non basta più ed occorre protestare. Occorre denunciare pubblicamente il malfunzionamento dei tribunali e la “inadeguatezza di tanti giudici” che, a seguito dell’inaccettabile modus operandi, dovrebbero essere destinati ad altro incarico con altro stipendio o addirittura licenziati.

Il giudice che propone solo provvedimenti provvisori e lesivi del principio della bigenitorialità e che si rifiuta di emettere sentenze per evitare che la parte lesa possa adire ai gradi superiori della giustizia occupa abusivamente un ufficio pubblico e viola, con cappa e mazza, i diritti umani. Un giudice che, in nome della sua indipendenza, non rispetta il cittadino-utente che ha dinnanzi a sé e che se ne frega dei codici civili e penali non può occupare quel posto. In una società veramente democratica questi giudici – per fortuna non tutti - dovrebbero rispondere personalmente dei danni provocati dalla loro inerzia e negligenza.

La politica, però, tutela se stessa e non tocca i giudici. Una mano lava l’altra e ai malcapitati cittadini non resta che subire le ingiustizie e rassegnarsi.

E’ possibile che una madre venga perseguitata da oltre dieci anni, come riportato nell’articolo di seguito, e che il T.M., conservandole l’affido condiviso, la privi di fatto di qualsiasi elementare diritto genitoriale, permetta ai servizi sociali di interrompere gli incontri protetti e che da 15 mesi non le permette di avere notizie sulla figlia? Sembra una barbara storia disumana e surreale risalente agli albori dell’umanità. Ma, purtroppo, non è così e appartiene alla nostra civiltà.

Sotto accusa è la procedura civile e penale. Non spetta ai cittadini amministrare privatamente la giustizia, ma quando gli organi preposti al controllo dinnanzi ai denunciati soprusi sui minori e sul genitore non collocatario archiviano tutto perché il giudice contestato nella sua autodifesa nega tutto – e non poteva essere diversamente - nonostante la puntuale ed abbondante documentazione presentata, allora non si può tacere e non si può restare a guardare. Quando questi organismi di controllo non predispongono nemmeno i dovuti controlli con propri ispettori, i cittadini hanno il dovere di denunciare pubblicamente il mancato rispetto dei diritti costituzionali e la mancanza dell’equo processo e pretendere “giustizia”, quella vera.

Cosa dire poi quando il massimo organismo di controllo sull’operato della magistratura – che costa il sangue ai cittadini lavoratori - risponde con una lettera identica ad altre per casi diversi, cambiando solo i nomi?

Questa non è la Giustizia contemplata nella nostra Costituzione.

I minori sono le vere vittime di questo modo di operare di alcuni giudici che i colleghi tollerano e, talvolta, proteggono. I cittadini, consapevoli di tutto ciò, non possono mettere la testa sotto la sabbia e continuare ad ignorare gli abusi che molti minori e il loro genitore più debole subiscono a causa dell’indifferenza di alcuni giudici, dell’arroganza di molti servizi sociali, dei politici e dei troppi perbenisti che affondano la società.

Agli usurpatori dei diritti umani mostriamo loro i denti, nella democrazia e in nome della democrazia, e, con tolleranza zero, riprendiamoci i nostri inalienabili diritti. Uno spazio su questo sito web verrà riservato alle vittime della Giustizia e riporterà in modo esplicito i loro casi e sarà a disposizione di tutti coloro che vorranno gridare la loro rabbia contro le ingiustizie sui minori e vorranno lottare con noi per il ripristino della giustizia minorile.

Occorre essere in tanti per pretendere che nessuno tocchi i minori!

 

  • presidente “Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori”, a.p.s., fondata nel 1998
 
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