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I DIRITTI DELL'UOMO CONTRO LA MALA GIUSTIZIA

DEI TRIBUNALI DEI MINORI


avv. Gerardo Spira

Se una mattina decidi di scorrere  le pagine di un notiziario giudiziario sulle decisioni dei tribunali per i minorenni resti violentemente sconvolto per la cultura con cui vengono trattati questioni che riguardano la vita e il futuro dei nostri figli.

Nella materia dei minori tutti gli attori appaiono impegnati a trovare una soluzione al grande problema che ha colpito la famiglia, ma tutti sono responsabili del decadimento di uno dei grandi valori della società: la dignità della persona in cui si sommano i principali  diritti dell'uomo. Leggiamo e riflettiamo!

Se ne fa un gran parlare nei convegni e negli incontri, ma, dopo le pause conviviali, i partecipanti si mettono  in contestazione tra loro, per confrontarsi su astruse teorie che finiscono per confondere il buon senso del DIRITTO e della GIUSTIZIA.

Nella G.U n.252 del 29 ottobre 2015 è stata pubblicata la legge n. 173 del 19 ottobre 2015, riguardante le modifiche alla legge n.184 sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare.

Dal mondo della giustizia minorile arrivano notizie che finalmente alcuni tribunali cominciano a prestare attenzione ai minori più che ai genitori in lite.

Dopo l'intervento della Consulta, Il Tribunale dei Minori di Firenze, per la prima volta, ha autorizzato il figlio adottato a ricercare la propria madre naturale.

Il Tribunale di Firenze ha così preso atto di quanto consacrato nella Grande Carta di Strasburgo : “Non si può vietare ad un figlio adottivo di risalire ai genitori naturali”, è questo il principio in base al quale la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo aveva stabilito che la normativa italiana prevista nell’art. 28 co. 7 della legge 184 del 1983 doveva essere rivista.

 

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Dove finiscono i soldi pubblici


Centri antiviolenza umbri

Occorre vederci chiaro


E’ in atto una campagna di raccolta fondi pubblici da parte dei Centri antiviolenza umbri. La regione sembra orientata a rinnovare i finanziamenti per la gestione di queste strutture di cui, in concreto, poco si conosce. Per esempio non si conoscono come vengono amministrati i soldi pubblici a loro affidati, come vengono dati gli incarichi professionali, con quali criteri vengono accolte le donne e loro figli nelle strutture di accoglienza gestite da questi organismi.

La violenza sulle donne esiste, è vero, ma ogni intervento in loro sostegno deve essere seriamente valutato e non basta dire che ciò che avviene all’interno delle mura domestiche è di difficile dimostrazione. Generalizzare questa convinzione non aiuta chi veramente subisce la violenza ma potrebbe  finire per coprire anche donne senza scrupoli che proprio per “giustificare” le loro responsabilità finiscono per accusare l’uomo di ignobili crimini. Spesso le persone che accusano hanno un loro passato poco edificabile e lo fanno per fini per diversi.

Questi centri devono avere uno statuto chiaro e vincolante, sottoposto all’approvazione degli enti che li finanziano, e tutta la loro attività deve essere regolata da un protocollo di intesa a garanzia di chi vi fa ricorso ma anche di tutti i cittadini e, quando sono presenti, dei minori accolti nelle loro case protette.

Queste strutture usufruiscono di cospicui finanziamenti pubblici regionali – e talvolta anche nazionali – e il loro operare deve essere puntualmente regolato ed improntato alla massima trasparenza.

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