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Case famiglia, comunità protette, famiglie affidatarie

Un business per tanti e senza nessun controllo

 

Dagli orfanotrofi alle case famiglia, agli istituti protetti e alle famiglie affidatarie il passaggio è stato breve e da un ruolo supplente di certe strutture di volontariato si è passati a strutture “razionalizzate” e finanziate con tanti soldi inserite in un piano di politiche sociali. Ciò ha comportato la reinvenzione del ruolo dei servizi sociali che da interventi assistenziali generici sono divenuti “gestori” delle problematiche sociali, soprattutto minorili e familiari. Tutto bene, si dirà. Ma non è stato così perchè si è costituita una casta che fa il bello e il brutto tempo nella gestione delle emergenze e, purtroppo, anche nel crearle anche laddove non esistono.

La politica va a nozze con questa istituzione della pubblica amministrazione che, assieme ai vari centri di genere e delle strutture legate alla tutela dei minori e della famiglia da essa “protetta”, porta consensi elettorali e - perché no? - anche tanti soldi nelle tasche di chi non ne ha diritto. Questo spiega perché i vari assessori regionali e comunali, come i responsabili delle istituzioni, si arrabbiano se si chiede loro chiarezza, trasparenza e controlli veri. Per loro tutto va bene a prescindere delle evidenti incongruenze. Questo modo di fare, però, alimenta solo i dubbi sulla loro opportunità di esistere così come funzionano attualmente.

E’ ormai inderogabile una gestione trasparente dei servizi che tanto costano alla collettività e che spesso sono dannosi anche a chi dovrebbero essere tutelati. Occorre, in primo luogo, vedere e sapere chi sono i “padroni” di tutte queste strutture, quali collegamenti possano esistere con i politici che amministrano la cosa pubblica e con i dipendenti della pubblica amministrazione e quali lobby di fatto gestiscono questa importante fetta dei servizi sociali.

Fatta chiarezza ed eleminato qualsiasi dubbio, l’amministratore pubblico non può eludere l’obbligo di mettere in campo un protocollo d’intesa per la gestione dei servizi sociali e delle varie strutture ad essi collegate, determinandone finalità, relative modalità attuative, tempi precisi e non discrezionali, oltre ai modi e tempi delle verifiche obbligatorie. Precisate le modalità di operare è possibile anche il monitoraggio della loro efficienza tramite una commissione valutativa, professionalmente competente ed esterna ai servizi sociali stessi e all’assessorato di riferimento.

Fare chiarezza vuol dire eliminare eventuali inefficienze e allontanare dal servizio persone ed interessi che nulla hanno a che vedere con il servizio da erogarsi.

 

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­­­­Al Dipartimento Pari Opportunità


La verità fa male!

 

Il Dipartimento delle Pari Opportunità, a cui compete verificare come vengono utilizzati i soldi pubblici erogati ai vari Centri antiviolenza, non sembra particolarmente propenso a fare controlli sul loro impiego. Una madre convivente abbandona la casa familiare con il figlio di due anni perché, a suo dire, non voleva più vivere in quella casa. Ai carabinieri da lei chiamati conferma di non aver subito violenze. Il giorno dopo rilascia dichiarazione spontanea in cui afferma di aver subito violenze anche fisiche, lei e il figlio, da parte del convivente e che la loro esistenza sarebbe stata a rischio. Tre settimane dopo presenta una querela dove accusa il padre di essere anche un drogato e un alcolizzato. Stesse accuse vengono riformulate anche al ricorso presso il Tribunale per i minorenni di Perugia per chiedere la decadenza della responsabilità genitoriale del compagno. Presenta ricorso al Tribunale civile di Terni per chiedere l’affido esclusivo del figlio, un assegno di mantenimento mensile per lo stesso di €.800.00 (il padre è operaio agricolo!), oltre tutte le spese straordinarie (senza alcuna autorizzazione delle stesse) a totale carico del padre, con la richiesta specifica che il padre venga estromesso da qualsiasi decisione sul figlio.

La Procura della Repubblica di Terni archivia definitivamente la querela perché i testimoni amici della signora e da lei citati nella querela hanno escluso le violenze del compagno ed hanno attestato, al contrario, l’aggressività anche in pubblico della signora nei suoi confronti e i rapporti affettuosi padre-figlio.

Il Tribunale per i minorenni rigetta l’istanza di decadenza della potestà genitoriale e il Tribunale civile di Terna rigetta l’affido esclusivo e dispone l’affido condiviso, stabilisce un mantenimento mensile per il figlio di €. 250,00, le spese al 50% ed ha disposto incontri liberi padre-figlio.

Il Sert di Orvieto sottopone ad esami clinici il compagno per alcolismo e uso di stupefacenti ed ha sconfessato l’accusa della signora.

Alla madre, pochi mesi prima che incontrasse il padre di suo figlio, rimanendo subito incinta, non aveva avuto il rilascio del permesso di soggiorno dalla Questura di Frosinone a causa della sua pericolosità sociale in quanto era stata deferita all’A.G per molestia o disturbo alle persone (luglio 2011); per stupefacenti (settembre 2010); veniva denunciata per lesioni personali e violazione del domicilio (novembre 2009); nel novembre dello stesso anno veniva convocata al Commissariato di Fiuggi come persona indagata del reato di furto in abitazione”.

La Procura di Terni scagiona il padre a metà settembre e la stessa continua ad essere ospitata nel Centro antiviolenza Liberetutte di Terni pur non avendo più titolo. In quattordici mesi la collettività ha pagato alcunde decine di migliaia di euro al Centro che indebitamente l’ha ospitata e che ha l’interesse a tenerla. Non solo, la signora da Agosto percepisce l’assegno di mantenimento per il figlio e dichiara di non poter sostenere le spese dei viaggi del figlio perché disoccupata, ma anvanza continue richieste di potersi allontanare da Terni con il figlioper andare al mare o fare viaggi in Italia per incontrare i suoi parenti guardandosi bene dall’indicare la città e dove porterà il minore. Visto che il minore vive in comunità a spese dello Stato, tutto o parte dello stesso dovrebbe essere versato a copertura di quanto pagato con soldi pubblici

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