Attualità ARCHIVIO
Dalla parte dei figli PDF Stampa E-mail

 

Dalla parte dei figli


Le separazioni sono al centro delle attenzioni dei media - talvolta per recondite ragioni personali, per celati giustificativi o per ritorni economici – ricorrendo all’apporto di professionisti di grido (spesso tali anche per le salate parcelle), dei cosiddetti collettori di gossip, di conduttori di trasmissioni radio-televisive a cui interessa particolarmente l’indice di ascolto (senza scrupoli si costruiscono ipotetiche situazioni con attori e si spacciano per vere) e la riconoscenza dei colleghi e del mondo che conta, di genitori separati con un certo conto in banca e di separati alla ricerca di un protagonismo che uccide il garantismo che invece dicono di difendere.

Mancano, come protagonisti, genitori separati comuni, la cui quotidianità è impegnata tra lavoro poco retribuito, problematiche esistenziali, con o senza la presenza dei figli, e non hanno capacità o possibilità di ergersi a eroi, talvolta solo di carta. Di loro nessuno si occupa, soprattutto se le difficoltà della vita li relega ai margini di una società avida nel primeggiare e nello schiacciare gli altri, ad ogni livello. Di loro, frequentemente, si parlerà solo per fare scoop e suscitare consenso negli ascoltatori o nei lettori. I legali, senza soldi, non sembrano essere disponibili a tutelare la loro genitorialità, messa in discussione dall’altro ex-coniuge, e i diritti negati dei figli.

La stragrande maggioranza dei separati vive la propria genitorialità puntando al rapporto significativo con i figli anche in situazioni di difficoltà, rifuggendo il clamore delle “piazze”. Alcuni genitori, a dire il vero, rivendicano, pretendono, una pari genitorialità e la totale disponibilità della controparte, dimenticando che un passato non può essere annullato e non può non suscitare perplessità nell’altro genitore e nelle istituzioni preposte alla tutela dei minori.

Assistiamo quotidianamente alla fiera delle vanità, dove rimbombano slogan, consigli, analisi, critiche, proposte e tanta, ma tanta, ovvietà. Solo raramente si sentono commenti sensati (non mi riferisco in modo specifico a quelli legali) e soprattutto calati opportunamente in una vasta realtà che sfugge a tanti legislatori, politici, servizi sociali, psicologi, sociologi, uomini di fede, operatori mediatici e agli opinionisti.

L’editoria, infine, ha scoperto un filone che potrebbe far cassa, soprattutto se gli autori sono personaggi noti per la loro professione. Esistono tanti libri pieni di casi-fotocopia spacciati per eclatanti e pieni di asserzioni ormai note anche ai più distratti. Pochi autori presentano analisi approfondite,


psichiche e sociali, che mettono in discussione la nostra cultura, il nostro essere genitori, il nostro essere società e la stessa procreazione dei figli fatta per amore ma troppo spesso anche con leggerezza, per distrazione, per gioco e/o a caso.

La vera genitorialità non consiste nella sola procreazione – azione alquanto facile e sbrigativa - ma nell’assumersi le responsabilità di scelte fatte o non fatte ma di cui ciascuno ne è ugualmente autore e dalle quali ne conseguono doveri inalienabili. I figli sono chiamati alla vita e non gettati nella vita. Con questa ottica, forse, cambierebbero tante cose.

Ritornando ai media, sentiamo, come accennato, asserzioni dette e ridette, fritte e rifritte; vediamo sempre gli stessi volti. I veri assenti o i veri dimenticati, in concreto poi, sono le possibili vittime delle separazioni: i figli, ostaggi di conflittualità genitoriali ed oggetto di interesse per chi nel loro nome ha messo in piedi redditizie strutture e professioni, vecchie e nuove.

Le problematiche legate alle separazioni consensuali e giudiziarie esistono e nessuno può mettere in dubbio questa dura realtà con inevitabili ricadute sui figli e sulla società odierna e, in modo preoccupante, su quella futura.

I minori - al centro della rottura della famiglia - saranno i protagonisti della società nei prossimi decenni. La loro tormentata crescita odierna condizionerà il loro essere persona adulta, genitori, amministratori, non potendo avere presente, nella interiorità, la testimonianza di genitori “adulti”, rispettosi dei propri figli e preoccupati di dar loro sicurezza e affetto, testimoni di una vita responsabile ed attenta alle esigenze di coloro che sono stati chiamati alla vita per una scelta non condivisa ma subita.

Si parla sempre dei figli, è vero, e si dice voler tutelare i loro diritti alla bigenitorialità contro la sopraffazione del genitore affidatario o collocatario. Sacrosanta verità poiché due sono i genitori e ognuno con propri ruoli, competenze e doveri, purché questa particolare attenzione non si esaurisca nelle carte bollate e nelle inutili mediazioni più o meno imposte dai giudici nelle cause di separazione e/o di divorzio e affidate alle strutture pubbliche o a quelle convenzionate.

I figli non possono essere relegati ad oggetti indifesi di soggetti adulti.

Nessuna indagine nazionale, approfondita e scientifica, è stata fatta sui figli dei separati per conoscere il loro parere sulla pesante situazione che molti di loro spesso subiscono. Dati oggettivi in tal senso potrebbero essere di estrema utilità ai tribunali, ai servizi sociali, alla scuola e, soprattutto, agli stessi genitori a cui compete educare e crescere la propria prole senza i consueti “ma” e senza deleghe in bianco ad altri.

La bigenitorialità è un dovere per il genitore e un diritto per i figli, i quali non hanno responsabilità nella fine di un amore e di un progetto familiare. La separazione scandisce una rottura familiare e una “scissione” della famiglia di origine, rimpiazzata da nuove relazioni e da nuovi figli, chiamati alla vita per siglare o rendere importante una nuova unione.

Il presupposto sostenuto dai genitori separati è quello comunemente condiviso dalla società e cioè che l’adulto ha diritto a rifarsi una nuova vita, che i figli del precedente matrimonio o delle precedenti unioni devono rispettare, che i loro figli sono ugualmente felici delle nuove presenze e della famiglia allargata, talvolta molto allargata e ballerina. Il diritto primario del genitore separato viene prima di quello dei figli minori; la sua libertà non può essere condizionata dalla presenza talvolta esigente dei figli stessi. Non mancano casi in cui si arriva a dire che tanto i figli si adegueranno agevolmente alle nuove realtà familiari e quando non le accettano lo fanno per egoismo.

Si arriva a sostenere il giustificativo che tanto quando saranno grandi penseranno alla propria vita e dimenticheranno il genitore anziano. Pochi valutano il disagio talvolta provocato in loro dalla famiglia allargata, dall’abbandono di un genitore, anche se momentaneo, dai continui spostamenti di casa in casa, di città in città, senza fissa dimora, senza la continuità delle relazioni parentali ed amicali, dei riferimenti culturali ed affettivi.

Si dimentica, in questi casi, che il diritto a crescere sereni, il rifiuto dell’abbandono e il rispetto delle esigenze esistenziali dei minori vengono ancor prima dei progetti di genitori che temono tremendamente - loro sì - lo scorrere del tempo e la solitudine.

Ma ci si è mai chiesto se i nostri figli soffrono la solitudine, se hanno paure per il temuto (talvolta reale) abbandono di uno o ambedue i genitori e che proprio queste paure li portano spesso a prediligere quel genitore che per loro rappresenta stabilità affettiva ed educativa, rispetto e comprensione? E quando poi ai genitori scelgono i nonni?

Ci si è mai chiesto se, oltre l’apparenza spesso imposta dal contesto interiore ed esterno, i nostri figli sono felici? La felicità è un diritto per tutti e un vincolo per il genitore che deve rimodulare la propria esistenza rispettando i loro tempi e le loro esigenze, senza ignorare o tradire le loro aspettative.

Amarli, educarli, aiutarli a crescere culturalmente per inserirsi fiduciosi in una società con autonomia, anche economica, desiderosi di libertà e democrazia nel rispetto degli altri, è un compito arduo ma non impossibile. Basta volerlo e in ciò può aiutarci l’esempio dei nostri antenati. Il resto sono solo parole al vento.

Queste riflessioni non sono frutto di prevenzioni ideologiche e/o confessionali o quant’altro. Sono solo considerazioni di un padre che venticinque anni fa ha iniziato una dura battaglia, anche nei tribunali, per il proprio figlio e per sé, imponendo le giuste ragioni per una genitorialità esercitata e non delegata.

Ha dedicato il proprio tempo libero al figlio e, da quando è stato affidato a lui, da 13 anni ha rimodulato i propri tempi e i propri spazi nel rispetto delle esigenze del minore senza mai demonizzare la madre.

Non è stato un padre fortunato, ma un padre che ha lottato nella quotidianità per il figlio con modalità e risultati alterni e da quindici anni, con l’associazione, ha incontrato migliaia di genitori separati per aiutarli a far valere i propri diritti e quelli dei loro figli, ricordando sempre a tutti che i genitori sono due, che non sono sostituibili con surrogati e che le responsabilità delle separazioni, variando la percentuale, vanno condivise tra i due coniugi.

Nessuno può scagliare la prima pietra perché completamente esente da colpe o leggerezze. Verità questa che non fa piacere sentirsi ripetere ma che è indispensabile prenderne coscienza per meglio gestire il futuro dei figli e vivere con equilibrio la fine di un amore.

La giustizia, oggi, delega il decidere alla mediazione familiare, “impone” ai genitori in conflitto un accordo impossibile facendo intendere che un qualsiasi accordo è sempre migliore di un intervento del presidente del tribunale o del giudice da lui designato. Si arriva così, con l’accondiscendente collaborazione dei legali, alla trasformazione della iniziale separazione giudiziale in consensuale. Tutti sono consapevoli che dopo pochi mesi queste frettolose e imposte decisioni (o falsa “pace”) riportano nuovamente gli ex-coniugi in tribunale per la gestione dei figli, con ulteriore aggravio di spese.

Occorre rispetto per il genitore che richiede la revisione delle condizioni di separazione quando non funzionano, anche se la richiesta avviene solo poco dopo mesi dalla “condizionata” separazione consensuale. Il giudice ha l’obbligo di analizzare e decidere, caso per caso, leggendo tutte le carte, senza valutazioni sommarie e senza timore di applicare l’art. 709 ter c.p.c. ma nemmeno senza reverenziale accondiscendenza a schemi ideologici che premiano troppo spesso la maternità a scapito di una attenta paternità, come in molti oggi riconoscono a questo genitore talvolta più significativo per la crescita e formazione dei figli.

Compito delle istituzioni è la tutela dei minori e ricordare, anche in modo energico, a quei genitori che talvolta frettolosamente antepongono il proprio io al bene dei figli, che quest’ultimi sono un fine e non un mezzo - convinzioni talvolta celate nella propria interiorità - per giustificare le scelte dell’adulto.

Ubaldo Valentini

 
MINORI SENZA DIRITTI - 20 Giugno 2010 PDF Stampa E-mail

I minori senza diritti.

Allegati:
FileDimensioni
Download this file (minori_senza_diritti.pdf)minori_senza_diritti.pdf162 Kb
 
<< Inizio < Prec. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Succ. > Fine >>

Pagina 1 di 20

NOTA! Questo sito utilizza i cookie e tecnologie simili. Se non si modificano le impostazioni del browser, l'utente accetta. Per saperne di più.

EU Cookie Directive Module Information