Consigli Utili
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Non c’è illecito penale per il mancato pagamento delle spese straordinarie


Pretendere che le spese straordinarie

siano imprevedibili e sempre autorizzate

 

 

avv. Francesco Valentini *

Nelle separazioni e nei divorzi giudiziali, la fantasia di alcuni tribunali non ha limiti nel ritenere come spese straordinarie anche quelle che nulla hanno a vedere con l’imprevidibilità e straordinarietà delle stesse. Frequentemente non hanno nemmeno il buon gusto di vincolare tali spese al consenso preventivo ed obbligatorio dell’altro genitore, quello che, invece, deve pagare anche se tenuto all’oscuro di tutto dal collocatario e, spesso, anche dagli stessi figli.

La genericità di alcuni provvedimenti provvisori ed urgenti e delle sentenze di separazione e divorzio che non prevedono il carattere della imprevedibilità ed eccezionalità delle spese straordinarie e non vincolano la scelta al consenso obbligatorio dell’altro genitore - anche scritto in presenza di conflittualità tra i genitori - alimentano confusioni e conflittualità che potrebbero essere, invece, facilmente eliminate. Non si può supporre, come i fatti poi hanno sempre confermato, che talvolta le spese straordinarie (la cui natura non sempre è fiscalmente chiara) vengono fatte per mettere in ulteriore difficoltà il genitore obbligato a pagarle al 50%.

Compito del Tribunale è quello di emettere provvedimenti chiari ed equi a tutela di ambedue i genitori proprio per evitare e/o contenere la naturale conflittualità tra i due genitori. Tutto ciò porterebbe ad una drastica riduzioni ai troppi reclami e ricorsi per le modifiche dei provvedimenti necessari proprio perché contengono palesi contraddizioni e ingiustizie.

Il consenso - eccetto in presenza di pericolo di vita se l’altro genitore non è raggiungibile nemmeno telefonicamente - in regime di affido condiviso, non può essere ignorato è resta condizione imprescindibile per pretendere la restituzione della quota da parte dell’obbligato, cioè del genitore non collocatario.

Tramite il proprio difensore occorre pretendere chiarezza sulla distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie. Ogni tribunale ha la sua prassi ed alcuni hanno stilato dei protocolli in accordo con gli ordini degli avvocati ma senza minimamente coinvolgere i genitori e le associazioni di categoria, cioè i diretti interessati.

Le spese straordinarie - ci ricorda la cassazione -  sono “quelle spese non ragionevolmente prevedibili e preventivabili perché non rientranti nella consuetudine e nelle normali esigenze di vita dei figli e che non possono considerarsi esigue in rapporto al tenore di vita della famiglia” (Cassazione civile, sez. I, 01/10/2012, n. 16664)

Così vediamo che alcuni tribunali, nell’ambito delle spese scolastiche, considerano spese straordinarie la mensa, il materiale scolastico, i libri e i trasporti. L’assegno di mantenimento per i figli comprende le spese ordinarie e gli alimenti e le spese sopra menzionate sono coperte da tale assegno.  I libri e le tasse scolastiche sono spese prevedibili e quindi sono da considerarsi ordinarie come le spese sanitarie consuetudinarie (visite di controllo routinarie, ticket e medicine da banco, ecc.).

 

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Fondo di solidarietà statale per i separati bisognosi


La legge di stabilità ha istituito, in modo simbolico e sperimentale, un Fondo di solidarietà a tutela del coniuge in stato di bisogno. La somma messa a disposizione sarà di €. 250.000,00 per il 2016 ed €. 500.000,00 per il 2017. Questi gli articoli:

Art. 226-ter.

A valere sulle risorse del Fondo di cui al comma 226-bis, il coniuge in stato di bisogno che non è in grado di provvedere al mantenimento proprio e dei figli minori, oltre che dei figli maggiorenni portatori di handicap grave, conviventi, qualora non abbia ricevuto l’assegno determinato ai sensi dell’articolo 156 del codice civile per inadempienza del coniuge che vi era tenuto, può rivolgere istanza da depositare nella cancelleria del tribunale del luogo ove ha residenza, per l’anticipazione di una somma non superiore all’importo dell’assegno medesimo

Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, ritenuti sussistenti i presupposti di cui al periodo precedente, assumendo, ove occorra, informazioni, nei trenta giorni successivi al deposito dell’istanza, valuta l’ammissibilità dell’istanza medesima e la trasmette al Ministero della giustizia ai fini della corresponsione della somma di cui al periodo precedente.

Il Ministero della giustizia si rivale sul coniuge inadempiente per il recupero delle risorse erogate. Quando il presidente del tribunale o il giudice da lui delegato non ritiene sussistenti i presupposti per la trasmissione dell’istanza al Ministro della giustizia, provvede al rigetto della stessa con decreto non impugnabile. Il procedimento introdotto con la presentazione dell’istanza di cui al primo periodo non è soggetto al pagamento del contributo unificato.

Art. 226-quater.

Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottate, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni necessarie per l’attuazione dei commi 226-bis e 226-ter, con particolare riguardo all’individuazione dei tribunali presso i quali avviare la sperimentazione, alle modalità per la corresponsione delle somme e per la riassegnazione al Fondo di cui al comma 226-bis delle somme recuperate ai sensi del terzo periodo del comma 226-ter.

Il coniuge in stato di bisogno presenta istanza alla cancelleria del tribunale competente per residenza e autorizzato dal Ministero – perché all’inizio, fase sperimentale - non tutti i tribunali verranno autorizzati - e il presidente del tribunale, acquisite proprie informazioni e stabilita l’ammissibilità dell’istanza entro 30 gg., la inoltrerà al Ministero della giustizia per l’erogazione della somma richiesta. La non ammissibilità non sarà impugnabile.

Il Ministero della giustizia si rivale poi al recupero della somma anticipata.

 
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Obbligatorietà assegno mantenimento per i figli


"E' dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio".(Costituzione italiana, art.30)

Quantificazione

“Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:

1) le attuali esigenze del figlio;

2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;

3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;

4) le risorse economiche di entrambi i genitori;

5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

L'assegno è automaticamente adeguato agli indici Istat in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.

Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi". (Codice civile, art. 337 ter)

In qualunque momento, anche durante il procedimento di separazione giudiziaria, l’obbligato (il genitore non collocatario) che non riesce più ad assolvere all’erogazione dell’assegno di mantenimento per i figli per sopravvenute modifiche dei propri redditi  ha il diritto-dovere di ricorrere al tribunale per chiedere la modifica dei precedenti provvedimenti economici a favore del beneficiario, genitore collocatario.

I ricorsi (ex art. 708 e 710 c.p.c.) vengono rigettati da alcuni tribunali perché ritengono come irrilevanti le variazioni dei redditi dell’obbligato o del beneficiario. Una variazione economica al ribasso dell’obbligato e/o un incremento dei redditi del beneficiario sono sempre rilevanti perché incide sul principio della proporzionalità fra i genitori nel  mantenimento della prole.

Alcuni tribunali hanno concordato con l’ordine degli avvocati della circoscrizione un protocollo d’intesa per determinare l’entità degli assegni di mantenimento. Tale protocollo non è rispettoso delle reali situazioni sociali ed economiche dei genitori e, in particolare, viene sottoscritto senza aver minimamente coinvolto i diretti interessati, i genitori, e senza aver previsto una casistica delle singole situazioni familiari.

 
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Cosa pretendere da un legale


Caro avvocato, quanto costi?

 

Sono un genitore che, in dieci anni di procedimenti giudiziari, pensavo di vedere riconosciuto il mio diritto ad essere padre e ad avere una giustizia economica nel mantenimento dei figli. Ho speso inutilmente cifre con quattro zeri tra parcelle ai legali, CTU, consulenze varie proposte dal mio legale e dai servizi sociali. L’alternativa sarebbe stata quella di rinunciare al mio diritto alla paternità. Ho chiesto aiuto ai miei genitori, ai miei fratelli e ai cognati e così ho potuto sostenere queste spese poiché il mio stipendio, seppure fosse un buon stipendio, era insufficiente.

In tutti questi anni  ho cambiato tre legali (due matrimonialiste e un giovane professionista) senza vedere riconosciuti i miei diritti di genitore che chiedeva solo di poter fare il padre e stare con i propri figli. A ciascun legale ho sempre chiesto un preventivo di spesa per il procedimento, ma la risposta è stata sempre la stessa: “se lei ha fiducia in me non c’è bisogno di un preventivo. Non posso prevedere l’evoluzione della causa, la sua durata e gli atti da fare e non posso prevederne i costi. Comunque le verrò incontro e mi pagherà mensilmente con piccole rate. Non sono un cane e le darò una mano sui costi”. Per non urtare l’avvocato, trovandoti in una situazione difficile,  accetti tutto e non pensi alle somme che poi pretendono da te.

Puntualmente la mano mi è stata data ma per chiedere esose parcelle. Un legale mi ha perfino minacciato di farmi il pignoramento dello stipendio se non pagavo subito per un procedimento puntualmente perso, il quale, in caso di inadempienza, sarebbe stato aggravato anche delle ulteriori spese accessorie.

I figli, crescendo e valutando il comportamento materno, un bel giorno si sono presentati a casa mia per stare definitivamente  con me. Ciò ha comportato un nuovo procedimento poiché la madre non voleva rinunciare a ottocento euro al mese di mantenimento e non voleva mantenere i figli che non vivevano più con lei,  non voleva restituirmi la mia casa dove felicemente viveva con il suo amante. Il tribunale non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà dei miei figli ed ha stabilito un assegno di mantenimento a carico della madre di euro seicento al mese, oltre alle spese straordinarie al 50%. Preciso che la mia ex-moglie guadagnava, allora, sui tremila euro al mese; ha due appartamenti di sua proprietà, mentre io avevo solo un appartamento dove stava lei con i figli e l’amante e percepivo uno stipendio da statale di 1.600 euro al mese. Giustizia avrebbe voluto che lei mi versasse come assegno di mantenimento per i figli lo stesso importo mensile che io le versavo, pur avendo redditi che erano il doppio dei miei.

I figli hanno riacquistato quella loro serenità che nemmeno i servizi sociali avevano preso in considerazione e questo è quello che conta per me.

In questo ultimo anno ho incontrato tanti padri separati e sono venuto a conoscenza delle loro dolorose vicende familiari che sono, però, tanto simili fra loro. Ho deciso di fare una riflessione sui costi dei legali, sul fiorente mercato delle separazioni, sull’inutilità dei servizi sociali, sul business sull’evasione fiscale e sull’impossibilità per tanti genitori a far valere i propri diritti perché i legali costano tantissimo e perché le istituzioni sono latitanti su queste problematiche.

Prendo in esame solo l’aspetto legale e tengo a precisare che non tutti i legali si comportano allo stesso modo, ma la maggioranza di loro, in barba alla deontologia professionale, hanno un atteggiamento arrogante e vessatorio nei confronti del cliente separato o separando, sia esso uomo che donna, e al mal capitato cittadino non resta che organizzarsi affinché la giustizia sia un diritto per tutti ed affinché finiscano certe baronie professionali. Questo è il senso della riflessione-denuncia che segue. Per la professione che svolgo mi è stato possibile informarmi su quanto scrivo e  documentarmi sulle leggi e sulla giurisprudenza vigente. Allego alcuni documenti e fac-simili che potrebbero risultare utili a chi si trova in difficoltà.

 

a. Obbligatorio il preventivo dei costi del procedimento giudiziario

Vi sono dunque tre sistemi di tariffazione: a) a percentuale sull'esito della causa (patto di quota lite);  b) a forfait (sia come somma unica ma anche come somma annuale);  c) secondo la tariffa forense. In assenza di specifico accordo scritto, nonostante le disposizioni di legge, si continuano ad applicare le tariffe forensi che prevedevano un minimo ed un massimo per ogni attività professionale resa dall'avvocato, a seconda delle circostanze del caso concreto (difficoltà, impegno richiesto, importanza, condizioni patrimoniali dell'assistito, ecc.). Il tribunale, se chiamato a liquidare la vertenza, fa riferimento a tariffe nazionali stabilite per legge.

Le parcelle variano da legale a legale e sono pochissimi sono i professionisti che propongono al cliente un preventivo di spesa per ogni singolo procedimento giudiziario, che sia equo, trasparente e rispettoso di tutti i diritti del cliente stesso, compreso quello del recesso senza penale.

Il preventivo dei costi – a seguito del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività" - è obbligatorio a partire dal 25.1.2012 per tutti coloro che esercitano una professione regolamentata, i quali prima di ricevere l’incarico devono comunicare al cliente tutte le informazioni che riguardano i costi a vario titolo collegati alle singole attività professionali che prevedono di dover svolgere per adempiere l'incarico ricevuto (onorario, bolli, diritti, ecc., viaggi, vitto, alloggio) (vedi allegato)

Il preventivo verrà rilasciato in forma scritta solo se richiesto dal cliente. I professionisti dovranno comunicare ai clienti anche i dati della loro assicurazione per danni derivanti da attività professionale, se esistente. Chi non rispetterà tale obbligo, incorrerà in sanzioni disciplinari.

Le proposte di contratto - quasi tutte - contengono clausole capestro per il cliente e senza le dovute precisazioni scritte – come nel fac-simile allegato - non deve essere sottoscritto.  Vediamone alcune:

1. Il contratto di incarico deve

a. contenere dettagliatamente tutte le possibili attività da svolgere e i relativi costi, come pure le possibili spese vive

b. prevedere solo i costi dei singoli interventi (listino prezzi) e solo alla fine verrà compilata, in base alle voci del contratto, la parcella del professionista

c. deve risultare chiaramente chi seguirà in prima persona il procedimento

Il cliente non sa, di fatto, quale professionista seguirà il suo procedimento giudiziario poiché il contratto proposto dal legale prevede che “il professionista potrà delegare lo svolgimento della prestazione a terzi collaboratori o sostituti, sotto la sua responsabilità”. Quindi ogni udienza può essere seguita da un legale diverso, il quale, come sovente avviene anche oggi,  non sa quasi nulla del procedimento  e spesso viene solo informato verbalmente il giorno prima o la mattina stessa dell’udienza. Le sostituzioni vengono fatte, quasi sempre, perché il titolare del procedimento è impegnato, in quel giorno, in altri procedimenti da lui ritenuti più importanti.

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