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Nelle separazioni e nell’affido dei minori


Al tribunale di Monza la giustizia che non c’è


Alla luce dei provvedimenti emessi in materia di diritto di famiglia e diritto minorile dal Tribunale di Monza porta l’impotente genitore (quasi sempre il padre) all’amara conclusione che in questo tribunale, spesso, la giustizia non c’è e che l’abusato “superiore interesse dei minori”, come viene scritto nelle sentenze, è una affermazione vuota, una burla. La premessa potrebbe essere ritenuta strumentale e, allora, riportare alcuni fatti concreti è un atto dovuto per dimostrare la intollerabilità di quanto è capitato a numerosi genitori separati di Monza e dintorni.

Il caso. In presenza di affido dei figli quasi paritario, un padre li aveva con sé per poche ore (3/4) in meno della madre ogni due settimane, ma il giudice (lo stesso che presiederà il processo), fin dall’udienza presidenziale, concede alla madre la collocazione prevalente dei figli, le assegna la casa coniugale (in comproprietà al 50% tra i genitori) ed impone allo stesso un mantenimento mensile per i figli, nonostante disoccupato, e la corresponsione del 50% delle spese straordinarie determinate in base a un protocollo - contraddittorio e talvolta in contrasto con il codice civile - stipulato tra il tribunale e il locale ordine degli avvocati, che non può avere alcun valore giuridico, poiché i giudici applicano la legge e le spese straordinarie vanno accertate e stabilite caso per caso.

Inutili le successive opposizioni e la sentenza di separazione non modifica nulla, ma penalizza indebitamente il padre, poiché, con una siffatta collocazione di minori, c’è il mantenimento diretto. Quindi, niente assegno mensile passato alla madre e nessuna assegnazione (o revoca della stessa) della casa coniugale alla moglie, perché i figli restano con lei solo 6/8 ore in più al mese.

Un immigrato africano, che vive da anni nell’hinterland milanese con i figli, si separa dalla moglie, che lo accusa di versare nel suo c/c soldi extra stipendio, ma lui si difende, sostenendo che l’origine di quei contanti versati gli provengono dai parenti che sono in Africa  e che  sono necessari per far fronte alle difficoltà economiche post-separazione. Nella sentenza di separazione viene scritto che le dichiarazioni del marito non sono veritiere, perché sono gli africani che lavorano in Italia ad inviare soldi ai familiari restati in Africa, ma non viceversa. La sorella di quest’uomo è titolare, in Africa, di un importante pozzo petrolifero, ma non muore di fame, come, invece, con toni razzisti, sostiene il collegio giudicante.

Ad un padre africano con i figli in affido paritario, il tribunale di Monza toglie la disponibilità della casa coniugale (di cui è proprietario al 50%) per assegnarla, illegittimamente, alla madre, la quale vi ha subito introdotto la nonna e la zia, mentre il nonno è addirittura nel suo Stato di famiglia e, in alcuni fine settimana, ospita anche gli zii. La casa, quasi insufficiente per tre persone, ne ospita stabilmente sei/otto. I figli non hanno più i propri vitali spazi ed hanno un pessimo rapporto con nonni e zia (i servizi sociali, che ben conoscono le loro difficoltà, li ascoltano in presenza dei familiari contestati e non possono dire loro la verità) e il padre ha fatto istanza al giudice per allontanare da quella casa nonni e zia. Il giudice, candidamente, ha rigettato l’istanza, perché la madre può ospitare chi vuole e nessuno può limitare la sua libertà, senza pensare, però, alla libertà e ai diritti dei minori assegnatari, assieme alla madre, della casa coniugale. Che dire?
In un controverso processo di separazione, viene nominata una Ctu per verificare i comportamenti lesivi della madre sui figli, la quale arriva alla conclusione che i figli debbano venire affidati, in modalità paritaria, con una perfetta permanenza al 50% con ambedue i genitori.
Il tribunale rispetta questa proposta, ma non prevede l’affido paritario dei figli bensì il collocamento prevalente presso la madre.
Al padre, nonostante trascorra con i figli un tempo identico a quello materno, gli viene imposto di versare alla madre un assegno di mantenimento di 600,00 euro mensili in contrapposizione del dell’obbligato diretto della prole essendo in presenza di un affido paritario. Le spese straordinarie, inoltre, vengono accollate al padre per il 60%. Il tribunale assegna alla madre la casa coniugale di esclusiva proprietà dei nonni paterni, creando gravi e incessanti attriti tra locatore e locatario che si riflettono sulla serenità nonni/nipoti. La signora percepisce, inoltre, la totalità degli assegni familiari, bonus pubblici e privati per separate con figli conviventi. La signora in questo contesto persiste senza trovare lavoro alcuno da oltre sei anni.

Un padre di Verderio (LC) con quattro figli, che si vede assegnati al comune di residenza, seguiti dai servizi sociali, e collocati presso di lui, che vive con i propri genitori. La madre era sospesa dalla responsabilità genitoriale e non poteva vedere i figli, ma, poi, il tribunale, senza la dovuta giustificazione, ha permesso alla madre anche di tenere i figli a dormire a casa sua, nonostante il disagio da loro manifestato. La figlia maggiore si rifiuta di vedere la madre, anche solo per pochi minuti. La situazione va avanti da anni e nessuno sembra preoccupato di verificare la fondatezza delle richieste del padre, sistematicamente “perseguitato” dal servizio sociale.

Questa è una giustizia che sicuramente non tutela il superiore interessi del minore e il cittadino non può restare a guardare.

 

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