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Lunedì 12 Agosto 2019 07:13

A margine dell’incontro con il Ministro della Giustizia


Onestà e buone intenzioni dell’on. Bonafede


Proficuo è stato l’incontro del Ministro della Giustizia, on. Alfonso Bonafede, con i sindaci della Val d’Enza, le famiglie abusate di Bibbiano, gli operatori sociali del territorio e con le associazioni che tutelano i minori. L’appuntamento, tenuto a Cavriago (RE) l’8 agosto, era stato organizzato dai deputati e consiglieri regionali del M5S che hanno invitato anche le associazioni di fuori regione, come la nostra, per un confronto a vasto respiro.

Il ministro - persona disponibile, chiara nei suoi futuri programmi in merito agi affidi e ai minori e fermo nelle decisioni - ha voluto e creato la “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori” con decreto ministeriale del 22 luglio e i lavori si concluderanno entro novembre 2019.

Cinque sono i compiti della squadra speciale: “monitorare lo stato di attuazione della legislazione vigente: evidenziare le criticità della normativa vigente; esaminare ed elaborare proposte di modifiche normative; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidamenti famigliari: proporre circolari di armonizzazione delle procedure”.

E’ fuori dubbio la volontà del ministro a fare chiarezza su queste problematiche e la squadra speciale integrata da presenze esterne al ministero di fatto ancora una volta non ne fanno parte i genitori, cioè gli protagonisti e responsabili della tutela dei propri figli. La commissione per valutare l’operato dei tribunali, dei servizi psico-sociali, degli avvocati dovrebbe tenere fuori proprio le organizzazioni che tutelano ordini o lobby professionali al centro del dibattito, certamente non positivo.

Molte associazioni, come la nostra, da oltre vent’anni denunciano gli abusi istituzionali (tribunali, strutture psico-sociali, ordini professionali, ecc.) sui minori nelle separazioni che di fatto non vengono tutelati nel loro diritto a restare inseriti nella famiglia di origine garantendo loro il diritto alla bigenitorialità e, ai loro genitori, il diritto alla co-genitorialità.

Non siamo certi, però, che nella squadra ministeriale si parlerà dei milioni di minori che, troppo spesso, subiscono quotidiani e silenziosi abusi per un affido poco equo e rispettoso dei loro diritti, preferendo, al contrario, dare risposte agli abusi emergenti dalla cronaca. L’abuso è sempre abuso e su ciascuno bisogna indagare sul livello di gravità e sulle responsabilità.

Solo ora una giudice ha avuto la forza di mettere in discussioni gli affidi, gli operatori psico-sociali, le comunità protette a tutela dell’infanzia e, di conseguenza, dovrà chiamare in causa anche i tribunali che avallavano acriticamente l’operato dei servizi psico-sociali senza predisporre i dovuti controlli e gli amministratori di enti locali da cui dipendono tutte queste strutture ma che si sono guardati bene dai dovuti controlli sia sulla professionalità degli operatori coinvolti a vario titolo che sui costi che ricadono sui contribuenti italiani.

Ancora una volta la presenza dei genitori è esclusa dalle commissioni di indagini, mentre, al contrario, una commissione di genitori dovrebbe affiancare tutti i tribunali e tutti gli assessorati alle politiche sociali per prevenire il pullulare di stravaganti “protocolli” tra genitori ed avvocati come se gli avvocati non fossero “operatori” del diritto a pagamento che assistono i genitori ma non li rappresentano. Speriamo che, crisi di governo permettendo, si corregga questo imperdonabile “dimenticanza”.

Si esce dalla difficile situazione degli affidi, a nostro parere, stabilendo un Regolamento per disciplinare l’attività dei servizi psico-sociali nell’affido di minori con genitori non più conviventi. La nostra associazione dal 2016 ha focalizzato la propria attività sulla stesura del Regolamento, incaricato affidato all’avv. Gerardo Spira, esperto di pubblica amministrazione e di diritto minorile. Il testo è stato messo a disposizione delle regioni e degli enti locali da cui dipendono gli operatori psico-sociali e le comunità a loro collegate. La regione Valle d’Aosta lo discuterà in autunno ed è stata approvata all’unanimità una mozione che ne prevede la discussione alla regione Umbria, dopo l’insediamento del nuovo consiglio regionale.

Sono intervenute, nel dibattito di Cavriago varie organizzazioni di genitori e singoli genitori privati ingiustamente dei propri figli. Il nostro intervento (come riportato in questo sito) ha riscosso un grande successo tra i presenti sottolineato dai continui applausi che interrompevano l’esposizione delle proposte e considerazioni dell’associazione. Al termine, il presidente, Ubaldo Valentini, e la segretaria, Anna Benedetti, sono stati avvicinati da tanti genitori, associazioni e forze politiche per futuri contatti su specifiche problematiche e per la collaborazione in altre iniziative culturali sul territorio. A tutti è stata garantita la massima collaborazione e la disponibilità ad ospitare nel nostro sito i loro interventi in materia di affido dei minori nelle separazioni e nelle famiglie momentaneamente in difficoltà.

 
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Venerdì 02 Agosto 2019 19:07

Chiesta una indagine sull’affido dei minori in Valle d’Aosta


La nostra associazione ha chiesto, ufficialmente e con risposta scritta, al presidente dei servizi sociali, all’assessore alle politiche sociali, al presidente della Regione, al presidente del Tribunale, al presidente del Tribunale per i minorenni, alla Procura della Repubblica c/o Tribunale, alla Procura della Repubblica c/o la Corte dei Conti, alla Corte dei Conti di Aosta di aprire una indagine sull’affido dei minori in Valle d’Aosta per conoscere:

“se gli affidamenti disposti in comunità protette, nelle case famiglie e nelle singole famiglie della Regione Valle d’Aosta o nelle strutture extra-regionali sono stati effettuati in regime di legittimità procedimentali; se durante il periodo di collocamento dei minori sono stati individuati, incaricati e disposti i controlli; se di ciò sono stati redatti regolari verbali e conservati agli atti; se sono state verificate le congruità delle rette pagate dall’ente pubblico a tali strutture e se le stesse rendono pubblici i loro bilanci, gli operatori che seguono i minori, le loro professionalità e i programmi da loro messi in atto a tutela di questi minori sottratti alle famiglie di origine, temporaneamente o definitivamente, come nelle adozioni; se tali provvedimenti di collocazione extra-familiare dei minori siano stati realmente indispensabili e se sono state esperite – con la dovuta certificazione – altre vie per sostenere i genitori nello loro genitorialità ed evitare, nella stragrande maggioranza di casi, il drammatico distacco da entrambi i genitori o solo da uno; se sono state verificate le vere finalità di queste comunità e se sono state verificate a chi realmente tali strutture sono riconducibili; se, infine, ad oggi sono state rilevate criticità e come queste sono state risolte”.

Si chiede, in definitiva, alla luce dei fatti emersi dalle indagini presso le case famiglia della regione Emilia, che le istituzioni a cui compete la tutela dei minori verifichino la correttezza della continua – e talvolta incomprensibile – sottrazione dei minori ai genitori per collocarli presso costose strutture sia ad Aosta che fuori regione sulle quali manca un continuo monitoraggio esterno.

La nostra associazione opera a livello nazionale da ventidue anni nella tutela dei minori e, in Valle, da anni ha pubblicamente denunciato gli abusi “istituzionali” nei confronti di minori figli di separati e dei loro genitori sia sulla stampa che con conferenze e convegni. Dinnanzi ai continui dinieghi alla richiesta di trasparenza sia da parte dell’assessore alle politiche sociali e della maggioranza regionale che, al contrario, esaltano la bontà degli operatori e dei loro dirigenti sia da parte dei diretti responsabili del servizio socio-sanitario stesso che, contra legem, rifiutano ai genitori l’accesso ai fascicoli dei propri figli, è obbligatoria una approfondita indagine da parte dei Tribunali e della Procura della Repubblica c/o il Tribunale ordinario, il Tribunale per i Minorenni, la Corte dei Conti, della Corte dei Conti sulla legittimità e/o opportunità di questi provvedimenti, sulla gestione professionale delle strutture, sui costi e sui bilanci ed infine sulla correttezza dell’operato dei servizi sociali.

Una società correttamente istituzionalizzata ha il dovere di partecipare e controllare ciò che avviene nella sfera pubblica, in modo imparziale e, soprattutto, perché le funzioni costano risorse ed investimenti di cui ognuno di noi deve dar conto.

Stessa indagine, nei prossimi giorni, verrà avanzata anche in Umbria, dove lo strapotere di certe istituzioni è più che mai evidente e dove al cittadino non è permesso nemmeno chiedere la trasparenza sui provvedimenti che riguardano i propri figli.

Nei prossimi giorni daremo pronta documentazione dell’iniziativa.

Chiunque, indignato per quanto sta succedendo nel mondo dei servizi sociali e delle istituzioni italiane (e non solo nella regione Emilia-Romagna) preposte alla tutela dei minori e chi è a conoscenza di casi da denunciare (garantiamo la massima riservatezza delle origini delle informazioni che comunque verificheremo direttamente) o ha subito sulla propria pelle gli abusi dei servizi sociali, delle case-famiglie e delle comunità protette e degli organi giudicanti ci contatti al 347.6504095 o su Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , disponibili anche ad un incontro. Stiamo preparando un dossier e daremo una mano a chi ha subito abusi sui propri figli e su di sé, come genitori e nonni.

Il direttivo dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori.

 
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Lunedì 29 Luglio 2019 08:45

Aosta: gli amministratori si arrabbiano


La politica si fa con i soldi dei cittadini

che chiedono trasparenza e pubblico conto


L’avv. Jans dell’avvocatura regionale Vda invia una nota-diffida all’associazione per avere, a suo parere, offeso la onorabilità e decoro personale ed istituzionale del presidente Fosson, dell’assessore Baccega e dei dirigenti regionali e degli assistenti sociali. Questa la nostra risposta. In allegato la nota-diffida e il parere pro-veritate dell’avv. Spira. Ai soci e ai cittadini le gradite valutazioni.

***

La diffida, perfettamente in linea con i comunicati stampa dell’amministrazione valdostana, richiamandosi ai comunicati stampa del 3 aprile, 6 e 10 luglio,

Rileva, in prima battuta, inesattezze e pretestuose affermazioni, in esse contenute, “lesive dell’onorabilità e del decoro personale e istituzionale del Presidente, dell’assessore e della dirigenza individuata nel Comunicato stampa e più in generale dei dirigenti regionali e assistenti sociali”.

Contesta poi l’errato richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015, in forza della legge regionale n. 22 del 2010, ritenuta corretta per la dirigenza, secondo gli artt. 18 e 21, confermando a tal proposito la legittimità delle attribuzioni di coordinatore assegnato con la deliberazione n. 371/2019.

Ritiene pretestuose le affermazioni dell’associazione contenute nel comunicato stampa “L’assessore Baccega non la racconta giusta”, interpretando, secondo l’avvocato, una immagine negativa della figura istituzionale.

L’avvocato Jans trova, inoltre, lesiva l’onorabilità delle istituzioni valdostane l’accostamento ai fatti occorsi a Bibbiano della Regione Emilia Romagna.

Precisa, il legale della V.D.A, che l’amministrazione valdostana durante un incontro, (non precisa quale e con quale amministratore) è stata “leale”, fornendo tutti i chiarimenti del proprio operato. E ritiene ancora che la risposta all’interpellanza del consigliere Cognetta del 4 luglio è stata correttamente data dall’assessore in Consiglio.

Ritiene infine che il comunicato del 10 luglio sia stato “un nuovo attacco alle istituzioni, in particolare ai servizi sociali, di cui l’associazione dovrà rendere conto.

Conclude che l’Amministrazione valuterà la portata dei comunicati al fine della tutela della onorabilità istituzionale.

L’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori, che ho l’onore di rappresentare, da oltre 20 anni porta avanti nei confronti istituzionali la battaglia intesa a considerare “innanzitutto i minori” nelle questioni della famiglia separata o divorziata, e a rispettare i principi ed i valori che riguardano diritti e dignità degli interessati. Ciò nei confronti di Autorità ed Istituzioni che hanno a che fare con la problematica della famiglia e soprattutto nei confronti dei soggetti informatori ed attuatori dei principi

Dove abitano gli intoccabili!

Dove abitano gli intoccabili!

della Costituzione e delle leggi dello Stato.

Il cittadino richiede il rispetto delle leggi e le garanzie del giusto e corretto procedimento nei casi che lo riguardano, cioè imparzialità, uguaglianza di trattamento, applicazione del contraddittorio e giusto processo.

Abbiamo rilevato che in V.D.A nella materia che discutiamo non viene applicata la legge 241/90 e per di più i Servizi sociali sono portatori di una cultura di preferenze e di privilegi di genere, che hanno già segnato profondamente il valore della vita e l’importanza della presenza culturale dei genitori nel rapporto con i figli e con la società. La separazione non è un valore istituzionale, ma un accadimento che non deve pregiudicare la serena continuità della vita sociale.

Essenziale è la funzione delle istituzioni nei procedimenti aperti, ancora più importante è il ruolo politico di chi rappresenta la comunità. Abbiamo chiesto, come detta la legge, applicazione di regole a tutti i livelli e garanzie di comportamento per tutti.

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Lunedì 29 Luglio 2019 08:27

Violenze e maltrattamenti contro i figli degli altri

Una pratica che si perde nella notte dei tempi


Avv. Gerardo spira *

“Mi sono occupato di ndrangheta per anni, ma questa inchiesta è umanamente devastante”. Così ha commentato i fatti di Bibbiano il Procuratore capo di Modena.

Lo sconcerto della frase ha provocato una rivolta incontenibile della mia cultura giuridica, prima ancora di quella umana, conoscendo come si arriva a queste situazioni, chi vi è coinvolto, chi provvede e dove sono le responsabilità. Tutti tacciono quando i crimini restano dolosamente soffocati sotto la cenere. Tutti farneticano quando poi questi, anche per strane coincidenze, scoppiano e invadono il mondo dell’informazione. Quando ciò accade, riemerge la frenetica corsa a cercare le responsabilità. Qualcuno invece si sofferma sulle conseguenze alle persone e sul danno alla società.

E, come sempre accade, chi è senza protezione o è ultimo della filiera, diventa il capro espiatorio. Chi ha il potere più forte se ne avvale e punta l’indice con frasi che servono a distrarre dal gravissimo problema. I fatti accaduti nella Regione Emilia, ancora in embrione, hanno fatto riemergere nella mia memoria, chissà perché, la storia del piccolo Di Matteo, sciolto nell’acido dalla Mafia il 23 gennaio 1981. Gli effetti distruttivi psicologici hanno la stessa valenza. In questo comune i figli degli altri, che si continuano a chiamare minori, sono stati maltrattati, torturati e sottoposti a pratiche di inaudita criminalità.

I figli di Bibbiano hanno subito violenze dalle istituzioni, da coloro che avrebbero dovuto proteggerli e considerarli come figli propri. La società che li ha strappati ai genitori e alla famiglia, con mascherati provvedimenti di affidamenti ha disposto il loro internamento presso una struttura, che agiva con il consenso istituzionale, soggiogandoli, attraverso un modus operandi, ad un fine contrario alla legge.

Eludo le notizie riportate nell’inchiesta di oltre 300 pagine. Il Gip definisce le pratiche torture indelebili. Il risultato porterà ad effetti devastanti nel futuro della vita di quei ragazzi.

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Giovedì 11 Luglio 2019 16:52

Valle d’Aosta

Un capolavoro dell’assessorato alle politiche sociali


Padre separato valdostano cacciato dalla casa coniugale

Da una settimana è costretto a vivere in macchina

 

L’assessore Baccega ripete a tutti che i servizi sociali della “sua” regione sono assai efficienti, imparziali, preparati e la loro dirigente è stata promossa sul campo con una operazione politica al vaglio della magistratura contabile.

Il caso che riportiamo dimostra tutto il contrario, cioè che ad Aosta esiste prevalentemente una politica sociale di genere e che, nonostante le nostre ripetute denunce, anche su queste pagine, e le proteste dei genitori separati questa prassi non verrà cambiata per volontà politica.

Il presente comunicato stampa, inviato alla stampa, ai consiglieri regionali, al presidente del consiglio regionale e al presidente della giunta, è stato inviato anche a tutti i soci, chiedendo una loro libera presa di posizione che, se consenzienti, avremmo poi pubblicato su queste pagine.

Tutti i lettori possono intervenire e farci conoscere il loro pensiero, specificando se il loro contributo potrà essere pubblicato.

***

Un padre di 3 figli (uno con gravi difficoltà psicologiche) ha dovuto lasciare la casa coniugale di proprietà pubblica (assegnata al nucleo familiare) nella quale era rimasto a vivere con il figlio maggiorenne (economicamente non autosufficiente) dopo che la moglie (che trascorreva gran parte del giorno e della notte sui social) se ne era andata via, accusando presunte violenze verbali del coniuge e ritenendosi in pericolo lei e le i figli.

I servizi sociali - senza minimamente sentire il padre che in questi anni aveva mandato avanti la famiglia e provveduto da solo, al rientro dai lavoro a preparare i pasti per i figli, curare la loro igiene personale e quella dell’abitazione - si sono rivolti al Tribunale per i minorenni di Torino ed hanno chiesto ed ottenuto di collocare i minori in una comunità di Aosta. Le accuse di violenza non sono state però conformate dalla donna dinnanzi al giudice del T.M. e il procedimento, di fatto, è stato dichiarato chiuso rimettendo gli atti al tribunale di Aosta dove è in corso il procedimento di separazione chiesto con addebito al marito dalla signora.

I solerti servizi sociali (su cui si chiede ufficialmente di indagare) sono arrivati perfino a chiedere alla questura la sospensione della licenza di caccia e il ritiro delle armi al marito perché la moglie non si sentiva serena, anche se non l’ha denunciato minacce. Provvedimento del tutto assurdo.

I servizi, nonostante la moglie avesse abbandonato la casa coniugale e due figli fossero in comunità, con celerità le hanno trovato una nuova abitazione perché, a loro dire, si trovava in emergenza abitativa.

Il presidente del tribunale, con salomonica saggezza, ha stabilito che i due minori (di cui uno con forte disabilità psichica è divenuto maggiorenne) fossero stati collocati presso la madre nella casa familiare da cui se ne era andata; che il padre, disoccupato dopo il ridimensionamento della ditta edile dove lavorava e il cui reddito era uguale a quello della moglie, versasse un assegno di mantenimento per i due figli, mentre quello maggiorenne, in attesa di lavoro e che aveva scelto di stare col padre per le condotte materne, sarebbe stato a suo totale carico; che il padre doveva abbandonare la casa coniugale entro poche settimane e trovarsi una casa in affitto dove andare a vivere con l’altro figlio. Il presidente del tribunale inspiegabilmente si è dimenticato che la legge prevede che i figli, anche se maggiorenni ma non autonomi, devono essere mantenuti dai genitori, i quali devono provvedere anche al loro alloggio e che non possono essere obbligati a stare col genitore con cui non vogliono stare; che la madre potrebbe trovarsi una occupazione stabile (da sempre rifiutata) per mandare avanti la famiglia; che il padre può disporre di un reddito mensile di €. 700, simile a quello della moglie, (e frequenta, a differenza della signora, corsi finalizzati all’occupazione) con il quale deve pagare l’assegno di mantenimento di €. 400, le spese straordinarie al 50% anche se non preventivamente autorizzate, l’affitto di una nuova abitazione con relative utenze, provvedere al figlio maggiorenne e a sé stesso. Cioè dovrebbe disporre di un reddito di circa 2000 euro al mese! Tutto ciò al tribunale e ai servizi sociali non interessa!

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Lunedì 08 Luglio 2019 08:03

Aosta: Sul diritto di accesso agli atti dei servizi sociali


L’assessore Baccega non la racconta giusta!


Il sig. Baccega, assessore alle politiche sociali della Valle d’Aosta, il 4.7.2019, nel rispondere all’interpellanza del consigliere Cognetta, sul rifiuto di accesso agli atti dei servizi sociali, suoi dipendenti, dopo il solito preambolo “politichese” ha dovuto ammettere che il problema esiste. Ma che, però, le domande dei genitori interessati vengono respinte perché violano la legge sulla privacy.

Questo il suo pensiero. Senza indicare a quale legge si riferisca e ignorando che la materia è stata abbondantemente superata non solo dalla giurisprudenza, ma dallo stesso legislatore che con il D.Lgs 2013 n.33, art. 5 bis ha riformato tutta la concezione sull’accesso agli atti amministrativi del cittadino italiano. Quindi da Palermo alla Valle D’Aosta. Esiste in tutt’Italia lo stesso interesse e diritto allargato per controllare ciò che fa l’Amministrazione pubblica.

Il gran rifiuto, dobbiamo pensare, dell’assessore Valdostano è stato concordato con le istituzioni coinvolte, per evitare che si vada a “ficcare lo sguardo” in uno spazio che, per ragioni riservate, deve restare privacy. Finalmente i separati di Aosta comprendono che la politica del servizio di assistenza dice no alle richieste di accesso perché l’assessore Baccega è contrario alla legge e alla regolamentazione.

Il rifiuto politico-amministrativo permette all’assessore e ai suoi dipendenti di tenere nascosto ai genitori e ai cittadini gli atti di affidamento, di contribuzione e di gestione dei fondi pubblici, basato su criteri discrezionali e personali. I fatti di Reggio Emilia hanno ormai acceso la miccia ovunque e anche in questa Regione si dovrà fare chiarezza. Lo abbiamo chiesto con apposita nota e ci auguriamo che programmi e promesse siano stati fatti secondo legge, senza parzialità e senza favoritismi.

La legge è uguale per tutti, vale anche in Valle d’Aosta.

La risposta dell’assessore può essere il suo pensiero personale, ma non un assioma di diritto. Le famiglie, i minori e i problemi che li riguardano sono fatti pubblici, disciplinati in leggi pubbliche e pubblicamente vanno trattati. L’assessore asserisce che l’avvocatura regionale ha avuto vari incontri sul tema dell’accesso agli atti con le associazioni, con l’ufficio minori e il dipartimento di psicologia. Noi, che siamo forse l’unica associazione nella regione impegnata, abbiamo avuto solo incontro e alle nostre obiezioni non è stata data risposta dai presenti. Poi non siamo stati più chiamati. Forse perché l’assessore conosce il nostro pensiero in materia, per averlo scritto, verbalizzato e depositato con la proposta di regolamentazione? Dei fantomatici incontri, a cui non siamo stati invitati, non abbiamo riscontri verbali. Ne gradiremmo copia.

Baccega, nella risposta alla Question time, ha preannunciato la sua decisione, filtrata attraverso un pensiero, già probabilmente concordato e condiviso, che la delega giudiziaria si estende anche nel campo amministrativo, per assimilazione giudiziaria, dell’attività svolta dai servizi, quando il Tribunale manda il provvedimento a questi per l’istruttoria. E quando la materia nasce e si sviluppa di ufficio o per intervento di parte? Che succede? Di che natura sono gli interventi dei servizi sociali? Quindi, secondo i promotori della allarmante tesi, quando il provvedimento nasce davanti al tribunale i servizi sociali, “per assimilazione”, rifiutano l’accesso agli atti. Quando invece il conflitto nasce e sviluppa fuori da tribunale, secondo quale “assimilazione” i servizi rifiuteranno l’accesso? In diritto esistono termini e procedure chiaramente previsti e non artificiosi raggiri di parole. Le risposte della Pubblica amministrazione, dice la legge, devono essere sempre motivate e il motivo deve affondare le radici nella normativa esistente. Il sig. Baccega, nella congerie dei pensieri, ha perduto per la strada importanti momenti di principi, previsti dalla legge sul processo civile e quello sulla vita della Pubblica amministrazione. Giusto processo, imparzialità e contraddittorio si sviluppano in tutte le fasi, sia davanti al Tribunale che davanti alla P.A. La violazione, oltre ad intaccare il principio previsto all’art. 97 della Costituzione, incide in tutto il procedimento. O forse nella Valle d’Aosta esiste una legge diversa da quella applicata in tutta l’Italia?

L’accesso agli atti è un diritto sancito nella legge italiana, ripreso nell’art. 13 del codice deontologico professionale degli assistenti sociali e sacramentato nella stessa legge regionale n.19. Pare che la funzione pubblica in VDA si muova come la barca in mare ondoso.

Ora l’avvocatura regionale e l’ufficio legale dell’Asl – a detta dell’assessore che in questi mesi, comunque, si è sempre sottratto a pubblico confronto coi separati valdostani – hanno promesso di partorire una circolare sulla contestata materia. Le circolari hanno il significato di occasione. Non sostituiscono la legge. Come non la sostituiscono gli accordi e i protocolli. I doveri e le deferenze non possono muoversi contro i diritti dei cittadini. Se ciò accade è altra cosa. E i fatti dell’Emilia e Romagna lo ricordano. E’ un grave errore cercare di nasconde il dramma della verità: il forte disagio dei minori e dei loro genitori e i suicidi di padri estromessi dalla vita ordinaria dei propri figli che in VDA pesano come un macigno sulla coscienza valdostana.

La politica, quella buona, fatta di confronti aperti e di riconoscimenti di posizioni, oggi paga in termini di verità e non di promesse. La prima si fonda sul rispetto del valore dell’uomo e dei suoi diritti. La seconda si fonda sulla politica del fare. La politica delle promesse è finita, perché i minori nascono con gli occhi aperti e le famiglie hanno capito che i diritti non sono merce di scambio.

La nostra associazione si batte per la trasparenza e per la pubblicazione dei fatti della società che comunque si discutono pubblicamente nelle aule di giustizia e negli uffici della P.A. La cosiddetta privacy, ormai tutti lo sanno, è usata come scusante per nascondere fatti e misfatti. La legge, verità e la giustizia innanzitutto!

 

 
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Mercoledì 03 Luglio 2019 08:01

I soldi e gli affari travolgono dignità e diritti


“Mi hanno strappato i miei figli e gli assistenti sociali mi deridevano”. E’ questo il racconto straziante di un padre vittima del fattaccio della provincia di Reggio Emilia.


Avv. Gerardo Spira *


La Notizia shock ha sorpreso l’Italia intera, in un momento in cui le famiglie si organizzano e si apprestano a programmare le vacanze estive. In ogni famiglia si parla della clamorosa e vergognosa vicenda in cui risultano coinvolti politici, medici, psicologi e assistenti sociali. Sedici, sono al momento, le ordinanze di custodia cautelare tra cui il sindaco di Bibbiano, provincia di Reggio Emilia.

La notizia però non ha sorpreso la nostra Associazione, che da molto tempo sta gridando sul fenomeno delle illecite sottrazioni di minori ai genitori. Fenomeno più o meno esteso in diverse parti del territorio nazionale. Molti procedimenti da cui sono derivate le ordinanze di affidamento, risultano, a nostro avviso di una superficialità inaudita. I soldi e gli affari travolgono dignità e diritti, in un gioco concorrente e condiviso di interessi, alla luce del sole, con procedure scandalose e affidamenti diretti in case famiglia, che diventano a lungo andare luoghi di rieducazione e di trattamenti speciali. L’inchiesta è stata curata dal Giudice Valentina Salvi, la quale, nella prima dichiarazione pubblica, ha lasciato intendere che andrà fino in fondo per accertare le responsabilità di chi aveva il dovere di vigilare e controllare e non lo ha fatto. Lasciamo alla magistratura il compito di approfondire. Ma non possiamo, come cittadini, studiosi ed operatori mettere un tappo sulla coscienza, specialmente in un momento in cui questo problema lo avevamo intuito e sollevato in una occasione in cui una donna straniera, guidata dalla consulenza di un telefono amico di colore della presidenza del consiglio, era riuscita a sottrarre i figli al padre circense, collocati, in gran segreto, in una struttura del Palermitano. Chiusa, poi, per violenze e abusi sui minori. La nostra voce valse a far puntare il faro sulla vicenda. Ma niente di più. Tutto fini nella stretta del controllo giudiziario, coperta dal solito segreto di ufficio. Il dolore costrinse il padre a cedere alla proposta. “Se vuoi vedere i tuoi figli, devi concedere alla tua convivente di portarseli in Olanda.” Così è stato. Non sappiamo se le Procure della Repubblica hanno approfondito quella vicenda, come da noi richiesto in tutte le sedi competenti. Il gioco è possibile perché Tribunale e Giudice tutelare si affidano e confidano che le procedure vengano svolte secondo legge. Invece, non è assolutamente così.

Si comincia dal famigerato art. 403 del c.c., usato e abusato per sottrarre i figli ai genitori, per motivi di urgenza e necessità. L’urgenza è lo stato di abbandono, convulsamente interpretato e applicato anche per un disordine di vita ambientale e la necessità è la privazione della potestà genitoriale, ora responsabilità. Quest’ultima viene presa di mira per portare a termine il piano. La norma, molto avvertita in diritto applicato, è stata più volte ripresa e segnalata dalla massima giurisprudenza, per gli abusi continui segnalati ed eccepiti. Ultima modifica risulta quella collegata alla legge 184/83, meglio conosciuta legge sulle adozioni. In sostanza il legislatore ha voluto dare uno sbocco alla complessa materia per facilitare le adozioni di minori che si trovano nello stato di abbandono, ma non di provocarlo per altre finalità.

La predetta condizione, esasperata con provvedimenti di dubbia legittimità giuridica, ha permesso di costruire un sistema organizzato per sottrarre i minori ai genitori, anche con una scusa falsamente inventata, per dirottarli in una delle case famiglia, gestite senza controlli pubblici o con controlli pilotati.

E la magistratura, i tribunali, il giudice tutelare? Qui si ferma la nostra denuncia.

A nostro avviso i provvedimenti giurisdizionali ed amministrativi non si esauriscono con la decisione. Vanno oltre. Questi vanno vigilati e controllati. E, ancor prima, vanno immessi in un percorso di regolarità accertata della struttura a cui affidare, degli affidamenti (coop, figure professionali), nonché di regolarità dei procedimenti amministrativi. Nei provvedimenti dei tribunali di affidamento dei minori alle cosiddette case, non si dà atto che affidamento, strutture e personale risultano legittimi.

Ora cosa accade? Centinaia di figli sono stati sottratti ai genitori per essere deportati in strutture di cui non si conoscono condizioni, requisiti e organizzazione, i veri proprietari; milioni di euro vengono destinati per investimenti in questi servizi in favore di attività svolte sotto il patrocinio di Enti pubblici territoriali, causanti danni all’erario e danni al futuro di generazioni non recuperabili dopo gli sconvolgenti trattamenti di cui abbiamo letto.

E’ bene che si vada fino in fondo. Ma è anche bene che magistratura, tribunali e giudici tutelari aprano gli occhi sulle relazioni dei servizi. E’ necessario ed urgente che il sistema venga sottoposto ad un rigoroso controllo delle procedure, alla Regolamentazione delle attività dei servizi e all’applicazione delle responsabilità

La Cassazione (Civile, sez. III, 16 ottobre 2015 provvedimento n. 20928 - presidente. Salmè - est. Lanzillo) in merito si è così espressa: “Il carattere gravemente colposo delle condotte commissive ed omissive degli assistenti sociali, determinanti l’allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare in assenza di ragioni tali da giustificare un tale provvedimento, configura la responsabilità dell’Amministrazione comunale per fatto dei propri dipendenti e l’obbligo della stessa di risarcire i genitori del minore che abbiano subito la lesione della integrità e della serenità del loro nucleo familiare. In ipotesi siffatte, dunque, il Comune è chiamato a rispondere ex art. 2049 c.c. sulla base di una fattispecie di responsabilità che gli è addebitabile oggettivamente, per effetto della condotta colposa dei suoi dipendenti, nell’esercizio delle loro specifiche funzioni e non anche ex art. 2043 c.c. per la illiceità del provvedimento di allontanamento di cui all’art. 403 c.c. Ne consegue che, ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria, non assume rilievo l’omessa prova degli elementi costitutivi dell’illecito ex art. 2043 c.c., né la circostanza che il provvedimento non sia stato fatto oggetto di annullamento”

Non solo. La responsabilità si estende a tutte le Autorità di controllo che direttamente e indirettamente partecipano alla vicenda e ne vengono a conoscenza.

* esperto di diritto minorile e di diritto amministrativo - Contatti: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. – tel. +39.348.4088690

 

 

 
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Martedì 02 Luglio 2019 16:44

Sconcertante verità in Valle d’Aosta


I responsabili di pregiudizi e danni ai minori!

 

Nel Convegno del 21 giugno tenuto ad Aosta sul tema “Valle d’Aosta sul tema: nelle separazioni siamo tutti responsabili di pregiudizi e danni ai minori!” sono emerse a chiare lettere alcune considerazioni che non potranno lasciare indifferente l’attuale maggioranza, l’Assessore alla Sanità, Salute e Politiche sociali, Mauro Baccega, e la Presidente del Consiglio Regionale Emily Rini e tutti i capigruppo invitati al dibattito, i quali hanno snobbato il confronto per la netta chiusura a queste problematiche, che riguardano oltre il 65% delle coppie valdostane con figli! Le istituzioni sono sempre chiamate in causa ogni qualvolta un minore viene “punito” nei suoi sentimenti e nelle sue aspirazioni e al suo genitore viene proibito, contra legem, di esercitare il proprio diritto-dovere alla co-genitorialità.

Chi nega la drammaticità di queste situazioni appare indifferente anche ai numerosi suicidi di padri separati - oltre cento a partire dal 1996, numero inferiore ai dati veri, per il silenzio di istituzioni e stampa - che ogni anno si verificano in vallata e che rappresentano un indiscutibile fallimento per le istituzioni coinvolte, tutte, e per la società valdostana.

Marina Vergoni, vice presidente dell’associazione, con fermezza e competenza ha evidenziato come i minori troppo spesso non sono tutelati, prima di tutto, dai servizi sociali e dai giudici che sottovalutano il fatto che un bambino o un ragazzo in età adolescenziale ha forte bisogno di affetto da parte dei propri genitori. E’ stata molto dura contro la prassi con cui i figli vengono tolti alla famiglia e affidate ad una comunità, “creando in loro un grave danno per un trauma psicologico che non verrà mai più superato e che condizionerà per sempre la loro vita futura”.

L’avv. Gerardo Spira ha denunciato l’urgenza di un “Regolamento” “per fermare prepotenze e abusi dei servizi sociali” ed ha più volte affermato che «le istituzioni, compresi i tribunali, non rispettano i principi dettati in modo unitario dal legislatore. La Valle d’Aosta, anche se regione a statuto speciale, deve seguire e rispettare le leggi italiane. Il tema delle separazioni in Valle d’Aosta è complicato e c’è molta confusione nel rispettare le leggi che lo regolamentano. E non va dimenticato che un cittadino ha il diritto di porre domande, non solo ai servizi sociali, ma anche al tribunale per conoscere tempi e modi di un procedimento giudiziale che lo riguardano, per esprimere il proprio parere sui tanti protocolli che tribunali e avvocati si danno senza il loro coinvolgimento».

L’avv. Francesco Valentini ha evidenziato il funzionamento delle istituzioni valdostane che, nei fatti, troppo spesso non rispettano i diritti dei minori e dei loro genitori. Gli assistenti sociali non rispettano il dovere della trasparenza, arrivando a ritenersi estranei addirittura ai vincoli della legge sulla pubblica amministrazione, negano ai genitori l’accesso ai fascicoli che li riguardano, devono rendere trasparenti i finanziamenti per i figli di genitori separati che elargiscono solo ed esclusivamente a quello collocatario senza renderne conto all’altro. “Occorre, quindi, predisporre un regolamento regionale per l’assegnazione dei contributi, ed attivare controlli pubblici seri, strutturati con personale capace e indipendente, sulla gestione dei contributi pubblici da concedere e/o concessi ed occorre predisporre un registro unico regionale per evitare troppe discrezionalità”.

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