Martedì 20 Agosto 2019 15:41 |
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Riflessione su un’altra sentenza del tribunale di Aosta
Il divorzio è un affare di genere,
paga sempre il padre!
Avv. Gerardo Spira*
Un’altra sentenza del Tribunale di Aosta ha stimolato le nostre riflessioni sulla giustizia di “confine”.
Armati della solita serenità mentale e con l’ausilio del puntiglioso bagaglio culturale, rafforzato dallo spirito di sfogliare le migliori pagine del diritto, leggiamo e commentiamo un’altra decisione emessa dal Tribunale di Aosta che certamente, animerà la critica giuridica e segnerà effetti nella vita di persone che, in ogni caso sono state attori e vittime della vicenda. Quando la Giurisprudenza cambia orientamento, vuol dire che il giudice ha intensamente impegnato la sua professionalità, nella ricerca quotidiana di interpretare i diversi aspetti evolutivi della società. Oppure è l’avvocatura di frontiera che, da posizione fortemente autonoma, coglie le nuove spinte dei rapporti umani e li sottopone al vaglio rigoroso di un tribunale attento e pronto a recepire le novità.
Siamo d’accordo che i genitori sono autorità e punti di riferimento, ma non di impressione o pressione. Se la base di formazione è di assoluto rispetto, nessuno figlio si oppone al genitore. Egli discute, si esprime, ma non lo rinnega mai. Quando un figlio si pone in contrapposizione, l’equilibrio familiare si interrompe e salta tutto il sistema di rapporti e relazioni. Ciò generalmente accade quando il punto di riferimento non esiste e uno soltanto dei genitori esercita il controllo sui figli. Da qui nasce il disagio e si sviluppano i cosiddetti “atteggiamenti iperprotettivi materni (sic). Sono atteggiamenti studiati o istinti di natura non controllabili?”.
In questo momento la giustizia deve puntare il faro, vigilare ed osservare. In questa fase le istituzioni devono attivare le armi dei controlli. La ragione non sta mai da una parte, si dice.
E’ vero. Ma il genitore non deve essere mai rifiutato, specialmente se per futili motivi di vita conflittuale. Il genitore (padre e madre) è un valore che supera ogni ragione critica personale. Il discorso si può ampliare in tante direzioni, ma il genitore resta sempre tale e la Giustizia deve disporre che i servizi sociali e chi li sostituisce adottino metodologie capaci di assicurare un risultato condiviso. L’uomo e la donna hanno uguali opportunità, sono parimenti riconosciuti nei principi costituzionali e sono uguali davanti alla legge.
Dunque condizioni e situazioni vanno esaminate con questa visione nelle separazioni e nei divorzi. Entrambi i genitori, detta la legge, devono adempiere ai predetti doveri, responsabilmente insieme. Il legislatore usa il termine “entrambi”. Non esiste un genitore di serie A e di serie B, oppure uno migliore dell’altro. Entrambi hanno funzioni e ruoli che tendono allo stesso fine, quello di crescere e far maturare la famiglia secondo, si dice, la regola del buon padre. Le istituzioni, in questa materia, con le decisioni più disparate invece di risolvere hanno aggravato il problema. Le condizioni critiche esistono, ma vanno esaminate e considerate, senza pregiudizi e trattamento di favore.
I figli maggiorenni, usciti fuori dalla responsabilità genitoriale, vanno considerati “uomini o donne” e non ragazzi. E, come tali, trattati negli impegni. Se un figlio non ha fatto niente, o non ha assunto capacità di scelta, la società deve porsi seriamente il problema e ricercarne la ragione. Qualcuno ha sbagliato e la causa va ricercata non nella parte che è stata tenuta lontana, bensì nell’ambito in cui i membri vivono gioie e dolori della vita quotidiana. Il collocamento presso uno dei genitori, comporta anche questa responsabilità, che va addebitata, innanzitutto, come tutti gli oneri, sul genitore che ne ha preteso ed ottenuto quella destinazione. Si sa che la frequenza fa la pratica e questa produce buoni frutti se correttamente idonea. La Giustizia ha un grande ruolo propositivo nella funzione, per il rispetto delle regole e della legalità, per il rispetto del ruolo dei genitori, e quello della famiglia e di tutti i membri. La famosa regola della diligenza del buon padre di famiglia vale per tutti e va sempre tenuta presente
I figli della coppia, che stiamo esaminando, alla data della sentenza (luglio 2019) hanno la seguente età: la figlia anni 17, il figlio anni 24.
Veniamo al caso (Tribunale ordinario di Aosta - Sentenza n. 248/2019 pubbl. il 25/07/2019).
Nel 2016 la sig.ra (x) ricorre al Tribunale per la separazione, che viene definita consensualmente alle condizioni, concordate e accettate da entrambe le parti. I figli vengono collocati presso la madre.
Il sig. (y) con l’entrata in vigore della nuova legge, decide di chiedere il divorzio, nel 2017 (epoca in cui la figlia aveva 15 anni e il figlio 22), sulla scorta di una serie di domande, che lasciano comprendere lo stato della questione.
La sig.ra x contesta, rifiuta l’istruttoria su alcuni punti, aderisce su altri, e accetta l’ammissione al divorzio ma a condizione.
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Lunedì 12 Agosto 2019 07:16 |
Cavriago (RE), 8 agosto, incontro con il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
Il contributo della nostra associazione tramite il presidente Ubaldo Valentini
Tribunali e Servizi sociali tutelano i minori?
Pretendiamo chiarezza sugli affidi nelle separazioni.
La nostra “Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori, aps” è sorta nel 1998 e da ventidue anni opera a livello nazionale con la specifica finalità della tutela dei minori nelle separazioni per garantire loro la bigenitorialità e ai due genitori il rispetto della co-genitorialità.
Hanno fatto clamore i fatti di Bibbiano, ma questa triste realtà è sempre esistita. Per troppo tempo, nonostante le denunce dei genitori e dei familiari, non si è voluto approfondire il problema della sottrazione dei minori; non si è voluto verificare quanto accadeva (compresi i costi) nelle strutture in cui i minori, per disposizione volontaria di spregiudicate istituzioni, venivano collocati.
Gli abusi riguardano circa un milione di figli minorenni che finiscono nel giro intoccabile e concordato sistema delle pubbliche istituzioni, le quali abusano della loro dignità esistenziale in nome del “superiore interesse”. Parliamo di tribunali per minori e tribunali ordinari che con spregiudicati servizi socio-sanitari, segnano il destino di tantissimi figli, sin dalla tenera età, privandoli dei genitori e della famiglia.
Un mondo rimasto chiuso ed intoccabile tra tribunali, servizi sociali, Ctu, giudici onorari dei tribunali e delle Corti d’appello sez. minorile, psicologi, avvocati, educatori, forze dell’ordine, associazioni di genere e variegate lobby affaristiche. Il patto tra “questi” (sempre le stesse persone) tipico delle società che operano fuori dallo Stato legale, sfalda il primo fondamento della società: la famiglia intesa nella sua naturale esistenza ed estensione di soggetti che vivono nell’equilibrio di legami e di relazioni.
Una sottile politica di genere, manifestata ed espressa attraverso il filo conduttore di una giurisprudenza “sfaticata”, di prassi ricorrente e di cultura molto discrezionale, ha portato a sfaldare il concetto di genitore, ad emarginarne uno, a mettere in discussione il principio delle pari opportunità, come previsto dalla L. 54/2006 e a minare l’affido paritario.
Il disastro istituzionale ha provocato il rigurgito, come spesso accade, di tutte quelle forze oscure, massoniche e non, che tentano di approfittare del momento per trascinare la politica nella querelle per scopi marcati contro la famiglia ed i propri figli. La legge 54/2006 è rimasta la cenerentola sulla carta. Basta dare alla stessa credibilità e bloccare la deviazione abusiva degli affidamenti extra famiglia. L’affidamento in case e luoghi protetti per la legge è “una eccezione”. Per le istituzioni ed i tribunali, è diventata una regola. Si svuotano le famiglie per riempire case e luoghi in cui si consumano i più atroci delitti, contro la volontà dei genitori, senza controlli e con la corresponsabilità di “persone togate” e servizi soggiogati.
Il padre è il genitore più colpito (94%). I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Per le strampalate decisioni dei tribunali ,le famiglie sono in eterno conflitto, padri finiscono in miseria e vengono giustificate, con clamorose sentenze, situazioni contrarie al normale modus di vita di una famiglia. Queste decisioni non fanno stato, ma fanno esempio e invogliano a percorrere strade contrarie alle convenienze sociali.
La privacy è divenuto un istituto di luogo comune nelle risposte per vietare l’accesso agli atti, la partecipazione del genitore nel procedimento presso i servizi sociali. La trasparenza è un termine scritto nella legge che non ha alcun valore. Il sistema istituzionale ha permesso di mettersi d’accordo per sottrarre i figli ai genitori e alla famiglia, con motivazioni senza alcuna logica giuridica.
Il codice penale è divenuto “una barzelletta”. Annullata la presenza istituzionale dei servizi sociali nella fase amministrativa, al Tribunale è spianata la strada per confermare una decisone concordata prima e confermata dopo.
La nostra associazione, in varie parti d’Italia, ha posto un problema di grande importanza. Le situazioni delle separazioni vanno regolamentate sia nella fase amministrativa che in quella giudiziaria. Quella giudiziaria va disciplinata con un percorso snello, chiaro e prescrittivo. Vanno assolutamente messe al bando prassi e discrezionalità. La fase amministrativa va regolamentata, come vuole la legge.
Noi ci siamo fatti promotori di un Regolamento per disciplinare l’attività dei servizi sociali degli Enti che riguarda la famiglia separata e i loro figli nel rispetto della legge 241/90, la quale ha sottratto alla P.A la possibilità di ragionare con criteri discrezionali e per sentito dire. La vita e le azioni degli Enti territoriali devono avvenire secondo corretti procedimenti, consentendo al cittadino di partecipare e di avere accesso ai documenti che lo riguardano. Consapevoli di ciò che accade in questo mondo, abbiamo sempre segnalato alle Autorità competenti fatti ed abusi. Dopo i clamorosi fatti di Bibbiano abbiamo prodotto un esposto, ai Tribunali ordinari e per minori, alle Procure della Repubblica c/o i Tribunali e presso la Corte dei Conti perché venga avviata una approfondita indagine per verificare se gli affidamenti disposti in comunità protette, nelle case famiglie e nelle singole famiglie o nelle strutture extra-regionali sono stati effettuati in regime di legittimità procedimentali; se durante il periodo di collocamento dei minori sono stati individuati, incaricati e disposti i controlli; se di ciò sono stati redatti regolari verbali e conservati agli atti; se sono state verificate le congruità delle rette pagate dall’ente pubblico a tali strutture e se le stesse rendono pubblici i loro bilanci, gli operatori che seguono i minori, le loro professionalità e i programmi da loro messi in atto a tutela di questi minori sottratti alle famiglie di origine, temporaneamente o definitivamente, come nelle adozioni; se tali provvedimenti di collocazione extra-familiare dei minori siano stati realmente indispensabili e se sono state esperite – con la dovuta certificazione – altre vie per sostenere i genitori nello loro genitorialità ed evitare, nella stragrande maggioranza di casi, il drammatico distacco da entrambi i genitori o solo da uno; se sono state verificate le vere finalità di queste comunità e se sono state verificate a chi realmente tali strutture sono riconducibili; se, infine, ad oggi sono state rilevate criticità e come queste sono state risolte.
E’ indispensabile ed urgente cercare le responsabilità a qualsiasi livello, come ha scritto il P.M che svolge le indagini su Bibbiano, perché i fattacci di cui parliamo avvengono per assenza di vigilanza e di controllo di chi doveva ed ha mancato di svolgere la propria funzione
La Nostra proposta parte dalla legge ed in forza di questa sono state attivate mozioni sia in Valle D’Aosta che nella Regione Umbria, accolte al momento con l’approvazione di linee guida, tutt’ora in corso.
Riteniamo che la materia, per la sua importanza, debba trovare apposita disciplina dal Governo centrale con una disposizione unica, valida su tutto il territorio nazionale per evitare clientelismi e strumentalizzazioni politiche. La famiglia e i minori sono gli stessi sia in Sicilia che in Lombardia, perché i loro valori sono stati ricompresi nella Costituzione per essere affermati in modo identico sia a Palermo che a Milano.
La famiglia è l’unica titolata all’affidamento, in tutta la sua estensione. L’affidamento extra, deve restare un istituto residuale ed eccezionale, come detta la legge, con tutte le garanzie dei controlli e della vigilanza.
Gli artt. 3, 29, 30 e 97 della Costituzione restano il baluardo insormontabile, non possibile di interpretazioni contrarie a principi che hanno fatto e fanno parte della cultura civile del nostro Paese.
Fuori dalle istituzioni, mafie, corruzioni, illegalità e abusi.
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Lunedì 12 Agosto 2019 07:13 |
A margine dell’incontro con il Ministro della Giustizia
Onestà e buone intenzioni dell’on. Bonafede
Proficuo è stato l’incontro del Ministro della Giustizia, on. Alfonso Bonafede, con i sindaci della Val d’Enza, le famiglie abusate di Bibbiano, gli operatori sociali del territorio e con le associazioni che tutelano i minori. L’appuntamento, tenuto a Cavriago (RE) l’8 agosto, era stato organizzato dai deputati e consiglieri regionali del M5S che hanno invitato anche le associazioni di fuori regione, come la nostra, per un confronto a vasto respiro.
Il ministro - persona disponibile, chiara nei suoi futuri programmi in merito agi affidi e ai minori e fermo nelle decisioni - ha voluto e creato la “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori” con decreto ministeriale del 22 luglio e i lavori si concluderanno entro novembre 2019.
Cinque sono i compiti della squadra speciale: “monitorare lo stato di attuazione della legislazione vigente: evidenziare le criticità della normativa vigente; esaminare ed elaborare proposte di modifiche normative; promuovere la creazione di una banca dati nazionale integrata relativa agli affidamenti famigliari: proporre circolari di armonizzazione delle procedure”.
E’ fuori dubbio la volontà del ministro a fare chiarezza su queste problematiche e la squadra speciale integrata da presenze esterne al ministero di fatto ancora una volta non ne fanno parte i genitori, cioè gli protagonisti e responsabili della tutela dei propri figli. La commissione per valutare l’operato dei tribunali, dei servizi psico-sociali, degli avvocati dovrebbe tenere fuori proprio le organizzazioni che tutelano ordini o lobby professionali al centro del dibattito, certamente non positivo.
Molte associazioni, come la nostra, da oltre vent’anni denunciano gli abusi istituzionali (tribunali, strutture psico-sociali, ordini professionali, ecc.) sui minori nelle separazioni che di fatto non vengono tutelati nel loro diritto a restare inseriti nella famiglia di origine garantendo loro il diritto alla bigenitorialità e, ai loro genitori, il diritto alla co-genitorialità.
Non siamo certi, però, che nella squadra ministeriale si parlerà dei milioni di minori che, troppo spesso, subiscono quotidiani e silenziosi abusi per un affido poco equo e rispettoso dei loro diritti, preferendo, al contrario, dare risposte agli abusi emergenti dalla cronaca. L’abuso è sempre abuso e su ciascuno bisogna indagare sul livello di gravità e sulle responsabilità.
Solo ora una giudice ha avuto la forza di mettere in discussioni gli affidi, gli operatori psico-sociali, le comunità protette a tutela dell’infanzia e, di conseguenza, dovrà chiamare in causa anche i tribunali che avallavano acriticamente l’operato dei servizi psico-sociali senza predisporre i dovuti controlli e gli amministratori di enti locali da cui dipendono tutte queste strutture ma che si sono guardati bene dai dovuti controlli sia sulla professionalità degli operatori coinvolti a vario titolo che sui costi che ricadono sui contribuenti italiani.
Ancora una volta la presenza dei genitori è esclusa dalle commissioni di indagini, mentre, al contrario, una commissione di genitori dovrebbe affiancare tutti i tribunali e tutti gli assessorati alle politiche sociali per prevenire il pullulare di stravaganti “protocolli” tra genitori ed avvocati come se gli avvocati non fossero “operatori” del diritto a pagamento che assistono i genitori ma non li rappresentano. Speriamo che, crisi di governo permettendo, si corregga questo imperdonabile “dimenticanza”.
Si esce dalla difficile situazione degli affidi, a nostro parere, stabilendo un Regolamento per disciplinare l’attività dei servizi psico-sociali nell’affido di minori con genitori non più conviventi. La nostra associazione dal 2016 ha focalizzato la propria attività sulla stesura del Regolamento, incaricato affidato all’avv. Gerardo Spira, esperto di pubblica amministrazione e di diritto minorile. Il testo è stato messo a disposizione delle regioni e degli enti locali da cui dipendono gli operatori psico-sociali e le comunità a loro collegate. La regione Valle d’Aosta lo discuterà in autunno ed è stata approvata all’unanimità una mozione che ne prevede la discussione alla regione Umbria, dopo l’insediamento del nuovo consiglio regionale.
Sono intervenute, nel dibattito di Cavriago varie organizzazioni di genitori e singoli genitori privati ingiustamente dei propri figli. Il nostro intervento (come riportato in questo sito) ha riscosso un grande successo tra i presenti sottolineato dai continui applausi che interrompevano l’esposizione delle proposte e considerazioni dell’associazione. Al termine, il presidente, Ubaldo Valentini, e la segretaria, Anna Benedetti, sono stati avvicinati da tanti genitori, associazioni e forze politiche per futuri contatti su specifiche problematiche e per la collaborazione in altre iniziative culturali sul territorio. A tutti è stata garantita la massima collaborazione e la disponibilità ad ospitare nel nostro sito i loro interventi in materia di affido dei minori nelle separazioni e nelle famiglie momentaneamente in difficoltà.
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Venerdì 02 Agosto 2019 19:07 |
Chiesta una indagine sull’affido dei minori in Valle d’Aosta
La nostra associazione ha chiesto, ufficialmente e con risposta scritta, al presidente dei servizi sociali, all’assessore alle politiche sociali, al presidente della Regione, al presidente del Tribunale, al presidente del Tribunale per i minorenni, alla Procura della Repubblica c/o Tribunale, alla Procura della Repubblica c/o la Corte dei Conti, alla Corte dei Conti di Aosta di aprire una indagine sull’affido dei minori in Valle d’Aosta per conoscere:
“se gli affidamenti disposti in comunità protette, nelle case famiglie e nelle singole famiglie della Regione Valle d’Aosta o nelle strutture extra-regionali sono stati effettuati in regime di legittimità procedimentali; se durante il periodo di collocamento dei minori sono stati individuati, incaricati e disposti i controlli; se di ciò sono stati redatti regolari verbali e conservati agli atti; se sono state verificate le congruità delle rette pagate dall’ente pubblico a tali strutture e se le stesse rendono pubblici i loro bilanci, gli operatori che seguono i minori, le loro professionalità e i programmi da loro messi in atto a tutela di questi minori sottratti alle famiglie di origine, temporaneamente o definitivamente, come nelle adozioni; se tali provvedimenti di collocazione extra-familiare dei minori siano stati realmente indispensabili e se sono state esperite – con la dovuta certificazione – altre vie per sostenere i genitori nello loro genitorialità ed evitare, nella stragrande maggioranza di casi, il drammatico distacco da entrambi i genitori o solo da uno; se sono state verificate le vere finalità di queste comunità e se sono state verificate a chi realmente tali strutture sono riconducibili; se, infine, ad oggi sono state rilevate criticità e come queste sono state risolte”.
Si chiede, in definitiva, alla luce dei fatti emersi dalle indagini presso le case famiglia della regione Emilia, che le istituzioni a cui compete la tutela dei minori verifichino la correttezza della continua – e talvolta incomprensibile – sottrazione dei minori ai genitori per collocarli presso costose strutture sia ad Aosta che fuori regione sulle quali manca un continuo monitoraggio esterno.
La nostra associazione opera a livello nazionale da ventidue anni nella tutela dei minori e, in Valle, da anni ha pubblicamente denunciato gli abusi “istituzionali” nei confronti di minori figli di separati e dei loro genitori sia sulla stampa che con conferenze e convegni. Dinnanzi ai continui dinieghi alla richiesta di trasparenza sia da parte dell’assessore alle politiche sociali e della maggioranza regionale che, al contrario, esaltano la bontà degli operatori e dei loro dirigenti sia da parte dei diretti responsabili del servizio socio-sanitario stesso che, contra legem, rifiutano ai genitori l’accesso ai fascicoli dei propri figli, è obbligatoria una approfondita indagine da parte dei Tribunali e della Procura della Repubblica c/o il Tribunale ordinario, il Tribunale per i Minorenni, la Corte dei Conti, della Corte dei Conti sulla legittimità e/o opportunità di questi provvedimenti, sulla gestione professionale delle strutture, sui costi e sui bilanci ed infine sulla correttezza dell’operato dei servizi sociali.
Una società correttamente istituzionalizzata ha il dovere di partecipare e controllare ciò che avviene nella sfera pubblica, in modo imparziale e, soprattutto, perché le funzioni costano risorse ed investimenti di cui ognuno di noi deve dar conto.
Stessa indagine, nei prossimi giorni, verrà avanzata anche in Umbria, dove lo strapotere di certe istituzioni è più che mai evidente e dove al cittadino non è permesso nemmeno chiedere la trasparenza sui provvedimenti che riguardano i propri figli.
Nei prossimi giorni daremo pronta documentazione dell’iniziativa.
Chiunque, indignato per quanto sta succedendo nel mondo dei servizi sociali e delle istituzioni italiane (e non solo nella regione Emilia-Romagna) preposte alla tutela dei minori e chi è a conoscenza di casi da denunciare (garantiamo la massima riservatezza delle origini delle informazioni che comunque verificheremo direttamente) o ha subito sulla propria pelle gli abusi dei servizi sociali, delle case-famiglie e delle comunità protette e degli organi giudicanti ci contatti al 347.6504095 o su
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, disponibili anche ad un incontro. Stiamo preparando un dossier e daremo una mano a chi ha subito abusi sui propri figli e su di sé, come genitori e nonni.
Il direttivo dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori.
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Lunedì 29 Luglio 2019 08:45 |
Aosta: gli amministratori si arrabbiano
La politica si fa con i soldi dei cittadini
che chiedono trasparenza e pubblico conto
L’avv. Jans dell’avvocatura regionale Vda invia una nota-diffida all’associazione per avere, a suo parere, offeso la onorabilità e decoro personale ed istituzionale del presidente Fosson, dell’assessore Baccega e dei dirigenti regionali e degli assistenti sociali. Questa la nostra risposta. In allegato la nota-diffida e il parere pro-veritate dell’avv. Spira. Ai soci e ai cittadini le gradite valutazioni.
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La diffida, perfettamente in linea con i comunicati stampa dell’amministrazione valdostana, richiamandosi ai comunicati stampa del 3 aprile, 6 e 10 luglio,
Rileva, in prima battuta, inesattezze e pretestuose affermazioni, in esse contenute, “lesive dell’onorabilità e del decoro personale e istituzionale del Presidente, dell’assessore e della dirigenza individuata nel Comunicato stampa e più in generale dei dirigenti regionali e assistenti sociali”.
Contesta poi l’errato richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015, in forza della legge regionale n. 22 del 2010, ritenuta corretta per la dirigenza, secondo gli artt. 18 e 21, confermando a tal proposito la legittimità delle attribuzioni di coordinatore assegnato con la deliberazione n. 371/2019.
Ritiene pretestuose le affermazioni dell’associazione contenute nel comunicato stampa “L’assessore Baccega non la racconta giusta”, interpretando, secondo l’avvocato, una immagine negativa della figura istituzionale.
L’avvocato Jans trova, inoltre, lesiva l’onorabilità delle istituzioni valdostane l’accostamento ai fatti occorsi a Bibbiano della Regione Emilia Romagna.
Precisa, il legale della V.D.A, che l’amministrazione valdostana durante un incontro, (non precisa quale e con quale amministratore) è stata “leale”, fornendo tutti i chiarimenti del proprio operato. E ritiene ancora che la risposta all’interpellanza del consigliere Cognetta del 4 luglio è stata correttamente data dall’assessore in Consiglio.
Ritiene infine che il comunicato del 10 luglio sia stato “un nuovo attacco alle istituzioni, in particolare ai servizi sociali, di cui l’associazione dovrà rendere conto.
Conclude che l’Amministrazione valuterà la portata dei comunicati al fine della tutela della onorabilità istituzionale.
L’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori, che ho l’onore di rappresentare, da oltre 20 anni porta avanti nei confronti istituzionali la battaglia intesa a considerare “innanzitutto i minori” nelle questioni della famiglia separata o divorziata, e a rispettare i principi ed i valori che riguardano diritti e dignità degli interessati. Ciò nei confronti di Autorità ed Istituzioni che hanno a che fare con la problematica della famiglia e soprattutto nei confronti dei soggetti informatori ed attuatori dei principi
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Dove abitano gli intoccabili!
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della Costituzione e delle leggi dello Stato.
Il cittadino richiede il rispetto delle leggi e le garanzie del giusto e corretto procedimento nei casi che lo riguardano, cioè imparzialità, uguaglianza di trattamento, applicazione del contraddittorio e giusto processo.
Abbiamo rilevato che in V.D.A nella materia che discutiamo non viene applicata la legge 241/90 e per di più i Servizi sociali sono portatori di una cultura di preferenze e di privilegi di genere, che hanno già segnato profondamente il valore della vita e l’importanza della presenza culturale dei genitori nel rapporto con i figli e con la società. La separazione non è un valore istituzionale, ma un accadimento che non deve pregiudicare la serena continuità della vita sociale.
Essenziale è la funzione delle istituzioni nei procedimenti aperti, ancora più importante è il ruolo politico di chi rappresenta la comunità. Abbiamo chiesto, come detta la legge, applicazione di regole a tutti i livelli e garanzie di comportamento per tutti.
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Lunedì 29 Luglio 2019 08:27 |
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Violenze e maltrattamenti contro i figli degli altri
Una pratica che si perde nella notte dei tempi
Avv. Gerardo spira *
“Mi sono occupato di ndrangheta per anni, ma questa inchiesta è umanamente devastante”. Così ha commentato i fatti di Bibbiano il Procuratore capo di Modena.
Lo sconcerto della frase ha provocato una rivolta incontenibile della mia cultura giuridica, prima ancora di quella umana, conoscendo come si arriva a queste situazioni, chi vi è coinvolto, chi provvede e dove sono le responsabilità. Tutti tacciono quando i crimini restano dolosamente soffocati sotto la cenere. Tutti farneticano quando poi questi, anche per strane coincidenze, scoppiano e invadono il mondo dell’informazione. Quando ciò accade, riemerge la frenetica corsa a cercare le responsabilità. Qualcuno invece si sofferma sulle conseguenze alle persone e sul danno alla società.
E, come sempre accade, chi è senza protezione o è ultimo della filiera, diventa il capro espiatorio. Chi ha il potere più forte se ne avvale e punta l’indice con frasi che servono a distrarre dal gravissimo problema. I fatti accaduti nella Regione Emilia, ancora in embrione, hanno fatto riemergere nella mia memoria, chissà perché, la storia del piccolo Di Matteo, sciolto nell’acido dalla Mafia il 23 gennaio 1981. Gli effetti distruttivi psicologici hanno la stessa valenza. In questo comune i figli degli altri, che si continuano a chiamare minori, sono stati maltrattati, torturati e sottoposti a pratiche di inaudita criminalità.
I figli di Bibbiano hanno subito violenze dalle istituzioni, da coloro che avrebbero dovuto proteggerli e considerarli come figli propri. La società che li ha strappati ai genitori e alla famiglia, con mascherati provvedimenti di affidamenti ha disposto il loro internamento presso una struttura, che agiva con il consenso istituzionale, soggiogandoli, attraverso un modus operandi, ad un fine contrario alla legge.
Eludo le notizie riportate nell’inchiesta di oltre 300 pagine. Il Gip definisce le pratiche torture indelebili. Il risultato porterà ad effetti devastanti nel futuro della vita di quei ragazzi.
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Giovedì 11 Luglio 2019 16:52 |
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Valle d’Aosta
Un capolavoro dell’assessorato alle politiche sociali
Padre separato valdostano cacciato dalla casa coniugale
Da una settimana è costretto a vivere in macchina
L’assessore Baccega ripete a tutti che i servizi sociali della “sua” regione sono assai efficienti, imparziali, preparati e la loro dirigente è stata promossa sul campo con una operazione politica al vaglio della magistratura contabile.
Il caso che riportiamo dimostra tutto il contrario, cioè che ad Aosta esiste prevalentemente una politica sociale di genere e che, nonostante le nostre ripetute denunce, anche su queste pagine, e le proteste dei genitori separati questa prassi non verrà cambiata per volontà politica.
Il presente comunicato stampa, inviato alla stampa, ai consiglieri regionali, al presidente del consiglio regionale e al presidente della giunta, è stato inviato anche a tutti i soci, chiedendo una loro libera presa di posizione che, se consenzienti, avremmo poi pubblicato su queste pagine.
Tutti i lettori possono intervenire e farci conoscere il loro pensiero, specificando se il loro contributo potrà essere pubblicato.
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Un padre di 3 figli (uno con gravi difficoltà psicologiche) ha dovuto lasciare la casa coniugale di proprietà pubblica (assegnata al nucleo familiare) nella quale era rimasto a vivere con il figlio maggiorenne (economicamente non autosufficiente) dopo che la moglie (che trascorreva gran parte del giorno e della notte sui social) se ne era andata via, accusando presunte violenze verbali del coniuge e ritenendosi in pericolo lei e le i figli.
I servizi sociali - senza minimamente sentire il padre che in questi anni aveva mandato avanti la famiglia e provveduto da solo, al rientro dai lavoro a preparare i pasti per i figli, curare la loro igiene personale e quella dell’abitazione - si sono rivolti al Tribunale per i minorenni di Torino ed hanno chiesto ed ottenuto di collocare i minori in una comunità di Aosta. Le accuse di violenza non sono state però conformate dalla donna dinnanzi al giudice del T.M. e il procedimento, di fatto, è stato dichiarato chiuso rimettendo gli atti al tribunale di Aosta dove è in corso il procedimento di separazione chiesto con addebito al marito dalla signora.
I solerti servizi sociali (su cui si chiede ufficialmente di indagare) sono arrivati perfino a chiedere alla questura la sospensione della licenza di caccia e il ritiro delle armi al marito perché la moglie non si sentiva serena, anche se non l’ha denunciato minacce. Provvedimento del tutto assurdo.
I servizi, nonostante la moglie avesse abbandonato la casa coniugale e due figli fossero in comunità, con celerità le hanno trovato una nuova abitazione perché, a loro dire, si trovava in emergenza abitativa.
Il presidente del tribunale, con salomonica saggezza, ha stabilito che i due minori (di cui uno con forte disabilità psichica è divenuto maggiorenne) fossero stati collocati presso la madre nella casa familiare da cui se ne era andata; che il padre, disoccupato dopo il ridimensionamento della ditta edile dove lavorava e il cui reddito era uguale a quello della moglie, versasse un assegno di mantenimento per i due figli, mentre quello maggiorenne, in attesa di lavoro e che aveva scelto di stare col padre per le condotte materne, sarebbe stato a suo totale carico; che il padre doveva abbandonare la casa coniugale entro poche settimane e trovarsi una casa in affitto dove andare a vivere con l’altro figlio. Il presidente del tribunale inspiegabilmente si è dimenticato che la legge prevede che i figli, anche se maggiorenni ma non autonomi, devono essere mantenuti dai genitori, i quali devono provvedere anche al loro alloggio e che non possono essere obbligati a stare col genitore con cui non vogliono stare; che la madre potrebbe trovarsi una occupazione stabile (da sempre rifiutata) per mandare avanti la famiglia; che il padre può disporre di un reddito mensile di €. 700, simile a quello della moglie, (e frequenta, a differenza della signora, corsi finalizzati all’occupazione) con il quale deve pagare l’assegno di mantenimento di €. 400, le spese straordinarie al 50% anche se non preventivamente autorizzate, l’affitto di una nuova abitazione con relative utenze, provvedere al figlio maggiorenne e a sé stesso. Cioè dovrebbe disporre di un reddito di circa 2000 euro al mese! Tutto ciò al tribunale e ai servizi sociali non interessa!
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Lunedì 08 Luglio 2019 08:03 |
Aosta: Sul diritto di accesso agli atti dei servizi sociali
L’assessore Baccega non la racconta giusta!
Il sig. Baccega, assessore alle politiche sociali della Valle d’Aosta, il 4.7.2019, nel rispondere all’interpellanza del consigliere Cognetta, sul rifiuto di accesso agli atti dei servizi sociali, suoi dipendenti, dopo il solito preambolo “politichese” ha dovuto ammettere che il problema esiste. Ma che, però, le domande dei genitori interessati vengono respinte perché violano la legge sulla privacy.
Questo il suo pensiero. Senza indicare a quale legge si riferisca e ignorando che la materia è stata abbondantemente superata non solo dalla giurisprudenza, ma dallo stesso legislatore che con il D.Lgs 2013 n.33, art. 5 bis ha riformato tutta la concezione sull’accesso agli atti amministrativi del cittadino italiano. Quindi da Palermo alla Valle D’Aosta. Esiste in tutt’Italia lo stesso interesse e diritto allargato per controllare ciò che fa l’Amministrazione pubblica. 
Il gran rifiuto, dobbiamo pensare, dell’assessore Valdostano è stato concordato con le istituzioni coinvolte, per evitare che si vada a “ficcare lo sguardo” in uno spazio che, per ragioni riservate, deve restare privacy. Finalmente i separati di Aosta comprendono che la politica del servizio di assistenza dice no alle richieste di accesso perché l’assessore Baccega è contrario alla legge e alla regolamentazione.
Il rifiuto politico-amministrativo permette all’assessore e ai suoi dipendenti di tenere nascosto ai genitori e ai cittadini gli atti di affidamento, di contribuzione e di gestione dei fondi pubblici, basato su criteri discrezionali e personali. I fatti di Reggio Emilia hanno ormai acceso la miccia ovunque e anche in questa Regione si dovrà fare chiarezza. Lo abbiamo chiesto con apposita nota e ci auguriamo che programmi e promesse siano stati fatti secondo legge, senza parzialità e senza favoritismi.
La legge è uguale per tutti, vale anche in Valle d’Aosta.
La risposta dell’assessore può essere il suo pensiero personale, ma non un assioma di diritto. Le famiglie, i minori e i problemi che li riguardano sono fatti pubblici, disciplinati in leggi pubbliche e pubblicamente vanno trattati. L’assessore asserisce che l’avvocatura regionale ha avuto vari incontri sul tema dell’accesso agli atti con le associazioni, con l’ufficio minori e il dipartimento di psicologia. Noi, che siamo forse l’unica associazione nella regione impegnata, abbiamo avuto solo incontro e alle nostre obiezioni non è stata data risposta dai presenti. Poi non siamo stati più chiamati. Forse perché l’assessore conosce il nostro pensiero in materia, per averlo scritto, verbalizzato e depositato con la proposta di regolamentazione? Dei fantomatici incontri, a cui non siamo stati invitati, non abbiamo riscontri verbali. Ne gradiremmo copia.
Baccega, nella risposta alla Question time, ha preannunciato la sua decisione, filtrata attraverso un pensiero, già probabilmente concordato e condiviso, che la delega giudiziaria si estende anche nel campo amministrativo, per assimilazione giudiziaria, dell’attività svolta dai servizi, quando il Tribunale manda il provvedimento a questi per l’istruttoria. E quando la materia nasce e si sviluppa di ufficio o per intervento di parte? Che succede? Di che natura sono gli interventi dei servizi sociali? Quindi, secondo i promotori della allarmante tesi, quando il provvedimento nasce davanti al tribunale i servizi sociali, “per assimilazione”, rifiutano l’accesso agli atti. Quando invece il conflitto nasce e sviluppa fuori da tribunale, secondo quale “assimilazione” i servizi rifiuteranno l’accesso? In diritto esistono termini e procedure chiaramente previsti e non artificiosi raggiri di parole. Le risposte della Pubblica amministrazione, dice la legge, devono essere sempre motivate e il motivo deve affondare le radici nella normativa esistente. Il sig. Baccega, nella congerie dei pensieri, ha perduto per la strada importanti momenti di principi, previsti dalla legge sul processo civile e quello sulla vita della Pubblica amministrazione. Giusto processo, imparzialità e contraddittorio si sviluppano in tutte le fasi, sia davanti al Tribunale che davanti alla P.A. La violazione, oltre ad intaccare il principio previsto all’art. 97 della Costituzione, incide in tutto il procedimento. O forse nella Valle d’Aosta esiste una legge diversa da quella applicata in tutta l’Italia?
L’accesso agli atti è un diritto sancito nella legge italiana, ripreso nell’art. 13 del codice deontologico professionale degli assistenti sociali e sacramentato nella stessa legge regionale n.19. Pare che la funzione pubblica in VDA si muova come la barca in mare ondoso.
Ora l’avvocatura regionale e l’ufficio legale dell’Asl – a detta dell’assessore che in questi mesi, comunque, si è sempre sottratto a pubblico confronto coi separati valdostani – han no promesso di partorire una circolare sulla contestata materia. Le circolari hanno il significato di occasione. Non sostituiscono la legge. Come non la sostituiscono gli accordi e i protocolli. I doveri e le deferenze non possono muoversi contro i diritti dei cittadini. Se ciò accade è altra cosa. E i fatti dell’Emilia e Romagna lo ricordano. E’ un grave errore cercare di nasconde il dramma della verità: il forte disagio dei minori e dei loro genitori e i suicidi di padri estromessi dalla vita ordinaria dei propri figli che in VDA pesano come un macigno sulla coscienza valdostana.
La politica, quella buona, fatta di confronti aperti e di riconoscimenti di posizioni, oggi paga in termini di verità e non di promesse. La prima si fonda sul rispetto del valore dell’uomo e dei suoi diritti. La seconda si fonda sulla politica del fare. La politica delle promesse è finita, perché i minori nascono con gli occhi aperti e le famiglie hanno capito che i diritti non sono merce di scambio.
La nostra associazione si batte per la trasparenza e per la pubblicazione dei fatti della società che comunque si discutono pubblicamente nelle aule di giustizia e negli uffici della P.A. La cosiddetta privacy, ormai tutti lo sanno, è usata come scusante per nascondere fatti e misfatti. La legge, verità e la giustizia innanzitutto!
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