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Giovedì 03 Agosto 2017 16:30

Al Tribunale minorile di Genova la Giustizia è amministrata non in nome del popolo italiano! L’assurda odissea di una madre francese.


Una madre attende Giustizia da 11 anni

Un tribunale minorile da chiudere, subito!


Una vicenda atroce che dimostra la indifferenza e/o strafottenza di chi dovrebbe tutelare i minori, sempre. Non esprimiamo valutazioni di merito che spettano ai giudici e agli organi di controllo sul loro operato, ma abbiamo l’obbligo di denunciare ritardi ed omissioni, segnalati e protetti in una parte della regione Liguria in cui il Tribunale per i minori di Genova, spesso è assurto all’onore della cronaca per la facilità con cui toglie e separa i figli dai genitori. Il nostro caso non è solo incredibile, ma assurdamente sconcertante per l’irrispettoso comportamento dei protagonisti, al limite della decenza giudiziaria.

Nei prossimi giorni parleremo di un’altra vicenda simile a questa dove una madre è stata dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale e il suo ricorso per la revisione del provvedimento con tanto di documentazione resta nel cassetto del giudice senza risposta alcuna. Siamo, in questo altro caso, in presenza dello stesso “chiacchierato” giudice, di una assistente sociale inattendibile – condannata anche dallo stesso ordine di cui fa parte per il suo operato relativo al caso che tratteremo -, di un avvocato nominato dal T.M. quale tutore di una minore e condannato per il suo operato, degli stessi giudici onorari.

Nel caso che sotto riportiamo c’è pure la figura di un magistrato nominato, chissà perché, difensore civico regionale, il quale dalla elevata ignoranza, in accordo con il responsabile del Comune dove operano i servizi sociali della figlia della madre francese, ha negato l’accesso agli atti come previsto dalla legge 241/90. La discrezionalità presunta è diventata comune metodo, per molti rappresentanti dello Stato per prevaricare, comprimere diritti dei cittadini ed abusare della legge.

Da 11 anni questa donna di nazionalità francese lotta per vedersi riconosciuto il diritto a frequentare la figlia, a viverla come madre e a curarne le sensibilità di donna. Da undici anni il Tribunale di Genova, si palleggia la questione e non riesce ad emettere una decisione sulla vicenda, tenendo la donna nel pallone e lasciando che intanto il tempo faccia un miracolo. Abbiamo bisogno di giudici capaci di prendere decisioni con rapida responsabilità. Questo caso sottratto alla giustizia è costato milioni di euro tra giudici, personale del comune ed avvocati.

Dove sono finiti i principi di efficienza, di efficacia ed economicità tanto voluti dalla legge? Come mai il CSM, a cui è stata sottoposta questa vicenda (come pure l’altra che pubblicheremo nei prossimi giorni) e la Corte dei Conti, per quanto riguarda lo sperpero di danaro pubblico, non mettono le mani sulla situazione di questo tribunale, impenetrabile ed oscuro?

Che cosa impedisce di aprire una inchiesta seria su ciò che accade, sui procedimenti, aperti e non chiusi per lungo tempo, su personaggi e soggetti che circolano, sempre gli stessi, su rapporti e modalità di vita condivisa?

Non è fuori luogo fare una severa verifica sull’operato dei vari Pm di Genova e di Imperia e sui giudici coinvolti in questa vicenda per verificarne la correttezza. Indubbiamente quanto pubblicato in queste pagine potrebbe indurre qualcuno a mettere in atto ritorsioni di vario genere e la nostra associazione non mancherà di denunciare tutto al fine di garantire trasparenza e terzietà degli organi giudicanti. I figli sono dei genitori e non “giocattoli” in mano alle istituzioni pubbliche che dovrebbero tutelarli con solerzia sempre ed ovunque. L’assistente sociale non ha alcun potere di legge di sospendere gli incontri protetti made-figlia a sua discrezione e il giudice non può avallare questo abuso dopo neve mesi. Questi signori sono stati ricusati, ma inutilmente. Che cosa li lega a qualcuno che dirige il caso?

Ultima annotazione. Il giudice di genere, anche relatore, titolare del procedimento, da undici anni non sente personalmente la minore, i genitori, i loro avvocati, delegando il giudice onorario, anche nell’audizione della mino9re avvenuta senza alcuna garanzia per la minore stessa, ed ignora le Ctu di qualificati professionisti di psicologia dell’età evolutiva, da lui non designati. Invitiamo a scriverci il vostro parere a: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. . Provvederemo a pubblicarli, anche in forma anonima, e ad inoltrarli sia al presidente del T.M. di Genova che agli organi superiori a cui spetta il dovere del controllo, fino ad oggi, eluso nonostante specifiche denunce.

***

Una giovane donna francese si è trasferita a Menton presso un’amica avendo trovato un nuovo lavoro in quella zona. Durante una serata in discoteca, incontra un attraente giovane italiano. Nasce, fra loro, una simpatia che ben presto si trasformerà in qualcosa di più impegnativo. Lei ha trent’anni e lui è di un anno più grande. Convenzionalmente li chiameremo Lucia e Luca.

La donna, dopo alcuni mesi, rimane incinta e il fidanzato la convince ad abortire. Lucia, rientrata a casa dopo l’intervento, nella notte accusa atroci dolori al basso ventre e, vivendo da sola, chiama il fidanzato per essere accompagnata nuovamente in ospedale non potendo contattare il medico di famiglia. Luca si rifiuta di aiutarla e nelle ore successive non si preoccupa nemmeno di accertarsi sul suo stato di salute.

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Mercoledì 02 Agosto 2017 18:37

Lettera di denuncia sulla malagiustizia

 

Il rapporto con mio figlio ammalato che mi cerca,

ostacolato dalla madre e dall’assistente sociale


Pubblichiamo la lettera di un padre che da anni si è visto sottratto il figlio dalla madre che da Roma, senza alcun accordo con il marito e in regime di affido condiviso, si è trasferita a Milano per seguire il suo nuovo compagno da cui ha avuto un figlio. A nulla sono valse le denunce del padre mentre le “bugie” della madre hanno trovato pieno accoglimento presso i giudici romani del Tribunale per i minori e della Corte d’Appello. Per il minore, attaccatissimo al padre e ai nonni paterni, è iniziato un inaudito calvario che perdura nonostante una sentenza che riconosce le false accuse della ex-moglie e revoca la sospensione (frettolosa e illegale) della responsabilità genitoriale e la delicata malattia del figlio, scoperta non dalla madre con cui era costretto a vivere ma dallo stesso padre nei rari incontri avuti con lui.

Le responsabilità dei giudici romani in tutta questa vicenda potrebbero essere tali e di una evidente gravità che altri giudici, con le consuete lungaggini e con stratagemmi tipici, potrebbero operare per attutire le loro responsabilità e, sicuramente, non nel “superiore interesse dei minori”.

I servizi sociali hanno tutelato e ancora tutelano la madre responsabile del forte e preoccupante disagio del ragazzino che, invece, ha bisogno solo di serenità e di stare dove vuole stare.  Il padre, i nonni e gli zii paterni sono stati estromessi dalla vita di Luca (i nomi, in corsivo, sono tutti fittizi ndr). I pianti e le suppliche del ragazzino per le istituzioni non hanno alcuna rilevanza. Non c’è nemmeno un pizzico di compassione e pietà dinnanzi alla gravità della situazione del minore.

E’ questa la tutela dei minori?

La lettera è stata inviata alle istituzioni lombarde interessate al caso. Sono passati mesi e questo ragazzino sembra non esistere. Nessuno ha preso in considerazione la sua delicata situazione di salute. L’arroganza istituzionale è passata anche sulla malattia del minore.

Invitiamo ad inviarci i vostri commenti che ben volentieri pubblicheremo, anche in forma anonima se richiesta. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. – 347.6504095

***

Dott.ssa Alessi,

a seguito mia mail del 10/06/2017 e nostra conversazione telefonica del 11/06/2017 durante la quale Le ho manifestato le mie perplessità sul piano vacanza di Luca stilato dalla madre, con pec del 12/06/2017 mi viene inoltrata da funzionario sconosciuto, mai visto e letto nelle more del procedimento, tal Maria Rosa Sannipoli, una proposta inammissibile, in violazione degli articoli 7 e seguenti della legge 241/90 (assenza del procedimento amministrativo) che non tiene conto del “superiore interesse del minore” e non agevola il regolare deflusso del percorso avviato. Sono molto risentito per il suo comportamento da cui emergono: mancanza di rispetto per me e mio figlio, cattiva educazione nei miei confronti, trascuratezza totale per il caso in questione e da cui traspare nettamente la sua posizione di parte. La legge le impone equilibrio ed imparzialità!

Fin dal nostro primo incontro ho dovuto contrariarla per divergenze culturali; le sue iniziative aggravavano ed aggravano il procedimento che mi vede coinvolto a danno di mio figlio, mio, di altri aventi diritto, oltre che dell’erario pubblico.

Lei sta bloccando il procedimento e non invia la relazione al Giudice, sebbene richiestale, come da nota in mio possesso e neppure a seguito alla formale diffida del mio legale (omissione e rifiuto). Si è accordata per favorire qualcuno? Perché i cittadini Italiani devono pagare lungaggini burocratiche derivanti da incapacità amministrativa?

La mia posizione è chiara e risulta dalle relazioni degli operatori ospedalieri. Avrei voluto evitare precisazioni su comportamenti vecchi e nuovi, ma a questo punto, le reputo importanti, perché non si continui sulla strada intrapresa, che ha procurato e procura danni gravi e irreparabili allo stato psicofisico di mio figlio.

 

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Martedì 01 Agosto 2017 10:18

Incontro con la rappresentanza politica e burocratica della Valle d’Aosta


Diritti e Doveri dei minori e dei genitori

si applicano con uguale peso e contrappeso


avv. Gerardo Spira*

 

La problematica dei minorenni nell'ambito della questione famiglia è sfociata in diversi rivoli che non aiutano, a mio avviso, ad assicurare l'orientamento della legge e della giurisprudenza verso il superiore interesse del minore.

E' questo un concetto che tutti esprimono, ma che di fatto risulta sottratto ai buoni propositi, forse peri diversi interessi e ragioni.

L'anelito della verità dovrebbe stimolare studiosi ed operatori a ricercare una via unica sia nell'interesse della giustizia che della società.

I conflitti e le questioni sempre più crescenti dimostrano che il diritto, pur nelle tracce della giurisprudenza, si muove con incertezza, talvolta più dannosa del conflitto stesso.

Dalla legge sul divorzio a quella sulle separazioni abbiamo assistito ad una variegazione di decisioni, anche nella stessa fattispecie, che purtroppo hanno inciso negativamente sui rapporti tra le parti in conflitto e ancor più negativamente su quelli dei figli.

Non abbiamo reso un buon servigio alla società e non lo rendiamo quando consapevoli di ciò che accade non ci sforziamo di mettere la parola fine su di una situazione che diviene uno stillicidio continuo nelle relazioni interpersonali di tutti i soggetti in campo.

La materia è stata ubriacata da rigurgiti di livori trasfusi attraverso il timbro dello Stato e quello ancor più qualificante del Giudice che non si attarda più a comprendere le ragioni di un genitore che non vede un figlio da anni e non riesce a sentirlo per le varie frapposizioni quotidiane che gli distruggono la vita.

La collocazione, termine inventato lungo il percorso della giurisprudenza è il primo grave errore che, al di là del valore giuridico, ha fruttato vantaggi ad una parte e svantaggi ad un'altra, contro il cosiddetto principio dell'imparzialità.

Buon andamento ed imparzialità si intersecano e si completano in un solo valore che la legge costituzionale richiama sempre nell'affermazione dei diritti e dei doveri con uguale peso e contrappeso.

Poi le segnalazioni o i ricorsi continui fanno il resto. A questo punto ogni tentativo di trovare una soluzione giusta naufraga nel vasto mare di una discussione accademica che non ha niente di diritto, ma solo spunti, eccezioni e comportamenti di persone che si affrontano armeggiando i sentimenti e gli affetti dei minori, in nome dei grandi principi scritti nel diritto internazionale e nazionale.

Eppure non esiste nessun tribunale che possa decidere in materia di sentimenti. Quando ciò avviene è un obbrobrio giuridico - giudiziario.

Veniamo al punto che ritengo di grande importanza per trovare la via corretta nel percorso delle procedure e immettere la discussione nel filone corretto delle fasi interessate.

I sentimenti comuni delle persone separate sono di poca stima, in generale, verso gli operatori e la giustizia.

 

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Venerdì 14 Luglio 2017 11:31

AOSTA - C.S.V. - Sala Convegni - Via Xavier de Maistre, n. 19

Mercoledì 19 luglio 2017 ore 17,30

L’Avv. Gerardo Spira tratterà il tema

“Regolamento per i procedimenti amministrativi

in materia di minori e diritto di accesso

agli atti dei servizi sociali.

 

L’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori si rivolge agli enti locali italiani, competenti in materia minorile, per regolamentare con apposito protocollo tutta l’attività dei servizi sociali e garantire il diritto di acceso agli atti da parte dei genitori sia conviventi che separati.

Per regolamentare questa delicata materia, l’avv. Gerardo Spira, esperto di diritto amministrativo e diritto minorile, ha stilato un Regolamento che verrà discusso e fatto proprio da Regioni e comuni da cui dipendono i servizi sociali.

La materia delle attività relative ai minori conseguenti alle separazioni o divorzi è stata affrontata dalle Regioni e comuni in modo parziale lasciando spazi aperti, come quello sulle separazioni e divorzi restata assegnata ai Servizi sociali (che operano senza alcune regolamentazione) e risulta, infatti, mancante o carente di disciplina nella fase amministrativa in cui la Pubblica Amministrazione è chiamata ad intervenire con l'organizzazione ed i servizi.

Tale situazione permette ai servizi sociali regionali e comunali di attivare e sviluppare gli interventi secondo prassi e criteri discrezionali, con conseguenze sulle persone e sui minori.

 

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Venerdì 14 Luglio 2017 11:29

Al comune di Perugia iniziata la discussione del


Regolamento per la gestione delle attività

dei servizi sociali sull’affido dei minori

 

Il testo del Regolamento, che viene presentato nei comuni e nelle regioni italiane, è stato stilato dall’avv. Gerardo Spira per conto della nostra Associazione e fatto proprio dal consigliere comunale e regionale dott. Sergio De Vincenzi che ne ha condiviso l’impianto e lo ha presentato come proposta di delibera al comune di Perugia.

(*) Successivamente è stata illustrata la Proposta di delibera presentata dal consigliere Sergio De Vincenzi del gruppo consiliare Misto ai fini dell’adozione del Regolamento riguardante il procedimento amministrativo e il diritto di accesso agli atti dei servizi sociali nella materia di minori.

De Vincenzi, nelle premesse, ha evidenziato che i minori sono sempre più esposti agli effetti di una non corretta impostazione del procedimento amministrativo presso i servizi sociali comunali a seguito di separazione/divorzio o per altre condizioni.

La materia delle attività relative ai minori conseguenti alle separazioni o divorzi risulta infatti mancante o carente di disciplina nella fase amministrativa in cui la Pubblica Amministrazione è chiamata ad intervenire con l’organizzazione ed i servizi.

E’ quindi necessario che si proceda all’introduzione di uno specifico regolamento che consenta di tutelare tutte le figure (minori, genitori e dipendenti comunali) coinvolte nell’istruttoria e nella definizione finale dei procedimenti. Il regolamento consta di 26 articoli ed è suddiviso in cinque titoli: disposizioni generali, attività amministrativa, procedimento amministrativo e termini, efficacia e pubblicità, accesso atti.

Il regolamento è incentrato su alcuni principi di base. Innanzitutto viene garantita la massima trasparenza nelle varie fasi del procedimento che deve consentire la più ampia partecipazione possibile dei due genitori.

Viene garantita, altresì, la terzietà dei servizi sociali comunali indispensabile per la tutela dei diritti dei minori e dei genitori.

Si prevede che il procedimento amministrativo si concluda con una relazione informativa quanto più possibile oggettiva. Ciò anche tramite la limitazione della discrezionalità nel procedimento che deve concludersi con relazioni scevre da proposte vincolanti, spettanti all’autorità Giudiziaria.

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Lunedì 26 Giugno 2017 15:23

Regolamentazione dei servizi sociali

Certezza dell'azione, certezza del diritto e certezza

della decisione a tutela della famiglia e dei minori

nei casi di separazione e divorzio

 

La regolamentazione dell’attività dei servizi sociali nelle separazioni e divorzi incomincia ad entrare nel dibattito degli enti locali, vista la sua urgenza, come i cittadini da anni chiedono alle istituzioni preposte alla tutela dei minori.

In Valle d’Aosta alcuni gruppi consigliari hanno valutato la proposta e l’hanno presentata all’esame del consiglio regionale ed altri comuni ne stanno seguendo l’esempio. In Umbria altrettanto stanno facendo alcune forze politiche. Il testo del Regolamento, è stato stilato dall’avv. Gerardo Spira - esperto a livello nazionale in diritto amministrativo e minorile – per conto dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori. Forze politiche di altre Regioni hanno già contattato l’associazione per aderire alla loro iniziativa. Ora rendiamo conto di quanto avvenuto al comune di Perugia.

Un vuoto funzionale e legislativo durato oltre 20 anni ha consentito ai servizi sociali degli Enti territoriali (regioni, province e comuni) di eludere una legge dello Stato (legge 241/90) e di svolgere attività amministrativa nei casi di separazioni e divorzi in assenza di regolamentazione.

Da oltre 20 anni l'Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori, con sede nazionale in Umbria, sta portando avanti una battaglia di civiltà contro i diritti violati dei minorenni in difesa dei principi costituzionali del valore della famiglia.

Da oltre 20 anni l'Associazione ha denunciato la confusione istituzionale dei ruoli della giustizia minorile e degli Enti territoriali, la invasione di campo delle competenze e la negazione del diritto dei genitori separati e divorziati a conoscere e partecipare al procedimento aperto davanti ai servizi sociali della P.A.

La mancata disciplina e l'assenza della regolamentazione delle attività in dipendenza di separazione e divorzio hanno consentito il libero arbitrio delle funzioni amministrative nelle decisioni che hanno riguardato e riguardano genitori e figli.

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Lunedì 19 Giugno 2017 10:15

Papà, posso dormire con te?


di Vito Carenza *

 

Ci sono uomini che acquistano pagine sui giornali su cui disegnare cuori per confermare un amore o riconquistarlo. Ci sono padri che utilizzano la stessa carta per disegnare il distacco, lungo anche un solo istante, che frattura lo spazio e il tempo col proprio figlio. La separazione tra due genitori è quasi sempre l’equazione di quella di un genitore, spesso il papà, dal figlio, un’azione mai equa, perché non c’è in natura un limite spazio temporale entro cui i due devono smettere di agire insieme.

Porre un confine al rapporto più epidermico, carnale, sanguigno, il più ricco di complicità, di amicizia, di visioni, di progetti, di crescita, è di per sé un freno violento. Accettabile solo razionalmente, e ciò vale tanto per le mamme quanto per i papà, la ragione stessa ha un rifiuto quando il pregiudizio storico violenta con superficialità la paternità. Una condizione male riconosciuta anche all’interno di una famiglia convenzionale, perché al papà che si occupa del proprio figlio è assegnato ancor oggi un’identità ibrida col nome di “mammo”. Il papà della prima colazione, quello che annusa il pannolino sporco, il papà materasso, è un uomo, un maschio, è uno dei due genitori. Ogni fase genitoriale che a questi, così come alla mamma, viene sottratta è violenza, perché è lo strappo dai piaceri doveri più spontanei.

Con la carta si prova così a tracciare le linee non tanto del talento di ciascun individuo, bensì delle diverse forme di strappo. Assenze improvvise a cui non ci si abitua, mutilazioni interiori che disegnano un nuovo volto che si alterna con l’originario, quest’ultimo quando padre e figlio riprendono il cammino interrotto. Lo squarcio dell’anima di chi sente la responsabilità parziale di non esser riuscito a dare al figlio ciò che questi vorrebbe. Avvicinarlo così in uno stretto abbraccio, e guancia su guancia provare ad assorbire l’odore di ogni parola, di una risata, di un capriccio. Sentire la stretta della sua mano attorno ad uno o più dita, una pressione tale che come una pompa riempie gli occhi di lacrime. La fatica delle bugie o delle mezze verità che due genitori separati devono saper dire, il tenere a bada la propria verità che vive chiusa in cella e periodicamente e circostanziatamene scuote le sbarre.

Se si crede che i figli non nascono per opera dello Spirito Santo, che il sentire maschile non si può etichettare come meno capace rispetto a quello femminile, se si pensa siano fondamentali per un bambino i diversi approcci alla vita, quello dell’uomo e quello della donna, è giusto allora che si lavori per il raggiungimento della più assoluta condivisione dell’affido dei figli di coniugi separati, quando capaci e meritevoli entrambi di crescerli.

Si viola l’intimità del rapporto genitore figlio quando questa si pubblicizza in un’aula di tribunale, è un’ulteriore ferita da sopportare quando il nome del proprio figlio è scritto su un atto di tribunale e pronunciato negli stessi ambienti. Se vero che ogni figlio è il più bello agli occhi del proprio genitore, in tale circostanza quel giustificato e generoso ego di bellezza, di orgoglio, quell’amore supremo viene frustato quando il luogo d’incontro dei nomi dei bambini si trasferisce dall’aula dell’asilo a quella del tribunale, omologando quella bellezza individuale E’ il tradimento nei confronti del bambino.

Scorre il filo delle sensazioni lungo tanto quanto è profondo il mare sensibile del papà, nel quale egli stesso vive forte della riserva d’aria accumulata nell’omonima ora. Perché ci si sente in una inaccettabile prigione, dove il giusto tempo da condividere è scandito dalle ore e dai giorni determinati, dal Natale non più rosso di sera, Babbo Natale ha la slitta rotta, arriva adesso a mezzogiorno del 26 dicembre, come l’esplosione del nuovo anno la si vive insieme agli abitanti dell’emisfero occidentale.

Questo è il mare conosciuto in cui galleggiamo, i più sprovveduti dicono di saperci nuotare e si spogliano come istruttori, incapaci di tuffarsi in quello di un bambino, tanto timorosi da non vederlo nel mappamondo.

* padre separato che ha lottato per suo figlio e per il rispetto della sua paternità

 
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Lunedì 19 Giugno 2017 10:08

Assegno Divorzile


Basta un tardivo colpo di spugna

sulle superficialità del passato?


avv. Francesco Valentini*

La legge n. 898 del 1970, all’art. 5 c. 6, recita che: “con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.

Stabilisce che, in presenza di richiesta di assegno divorzile, il tribunale, tenuto conto dei vari fattori elencati dal legislatore, deve valutare la mancanza di “mezzi adeguati” dell’ex coniuge richiedente l’assegno o, comunque, della sua impossibilità a “procurarseli per ragioni oggettive”.

La individuazione del parametro di riferimento per la determinazione dei “mezzi adeguati” e “le ragioni oggettive” ha dato adito a controversie dottrinali e giurisprudenziali tanto che la Cassazione, a sezioni unite, con le sentenze nn. 11490 e 11492 del 29 novembre 1990 ha sbrigativamente risolto il problema affermando che il parametro doveva essere individuato: “nel tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio”.

I tribunali si adeguarono a questo parametro senza tener conto che durante il matrimonio i due coniugi vivevano in una stessa famiglia e che, con la separazione-divorzio, i nuclei familiari da gestire erano divenuti due e che, pertanto, era impossibile garantire “il tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio”.

Il tenore di vita invece di garantire equità tra i due coniugi ha finito per penalizzare quasi sempre l’uomo, soprattutto quando con il suo reddito medio-basso doveva mantenere i figli, la ex-moglie, pagare il mutuo sulla casa dove abitavano i figli con la madre (spesso con indebita presenza dell’amante e/o convivente) e sostenere anche il canone di affitto per una abitazione per sé e per i figli quando erano con lui.

Non va dimenticato, inoltre, che spesso il coniuge richiedente l’assegno divorzile, la moglie, risulta disoccupata mentre in realtà lavora a nero e/o se in costanza di matrimonio si è sistematicamente rifiutata di lavorare e contribuire al mantenimento della famiglia.

Circostanze queste non sempre dovutamente considerate ed indagate per valutare se, in base alla L. 898/70, ne esistevano i presupposti e, se dovuto, per quantificare l’assegno stesso.

Con la sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017, sez. I civ., la Suprema di Cassazione ha fatto chiarezza su questo delicato aspetto del divorzio ed ha sgomberato il terreno da presupposti indebiti e non previsti dal codice civile.

 

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