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Mercoledì 23 Aprile 2014 18:15

UN NUMERO PER L'ASSOCIAZIONE

Il 5 per mille dato alla nostra associazione verrà impiegato per

Tutelare

le pari opportunità genitoriali tra padre e madre.

Organizzare

convegni, conferenze, tavole rotonde, pubblici dibattiti, attività di auto mutuo aiuto, attività di mediazione familiare e sociale, corsi informativi e formativi rivolti ai genitori, ai figli e ai nonni, agli operatori sociali e alla società e per organizzare tutto ciò che è utile a contenere la conflittualità e a diffondere la cultura del rispetto dei diritti dei minori a partire da quello della bigenitorialità.

Fornire

un servizio di assistenza e di educazione familiare in fase pre-post separazione per assicurare comunque ai figli un sano contesto affettivo-educativo e ai genitori utili     indicazioni su come superare i momenti di conflittualità senza farli ricadere sui figli.

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Mercoledì 16 Aprile 2014 10:35

Un Protocollo per tutti i figli dietro e fuori dalle sbarre

Avv. Gerardo Spira


In altro studio abbiamo affrontato l'argomento dei minori contesi nelle contraddizioni del sistema civile-amministrativo. Approfondiremo ora l'argomento sotto l'aspetto procedurale per ritrovare i punti nevralgici di discussione  della problematica.

La coppia  in conflitto avvia le iniziative  riguardanti il minore rivolgendosi al tribunale ordinario o a quello dei minorenni, secondo la competenza.

La separazione  consensuale o giudiziale diventa di fondamentale importanza per la futura convivenza dei separati, per cui le condizioni convenute, per le diverse conseguenze imprevedibili, vanno esplicitate in tutti i presumibili aspetti sperimentati nelle anomalie evolutive della vita successiva.

I paletti conficcati in modo giusto, al momento della separazione,  sono i migliori deterrenti a possibili sconfinamenti, quando questi vengono concordati ed omologati nell'esclusivo interesse del minore.

L'esperienza saggistica, nel caso di separazione consensuale, è sicuramente un valido aiuto per la stipulazione di un patto chiaro, analitico e condizionato a severe sanzioni in caso di mancato rispetto.

Un patto con prescrizioni chiare è di garanzia non solo per la parte più penalizzata e cioè per il genitore non “collocatario”, ma soprattutto la migliore fonte per tutelare  il minore. Un contratto ben definito riduce gli spazi per  strategie malevoli tese ad escludere l'altro e certamente limita il dissanguamento di risorse umane ed economiche nei complessi e defaticanti procedimenti.

L'assorbimento del conflitto in patti e condizioni chiare riporta la crisi nel normale e civile alveo della vita della famiglia separata. Il minore vivrà una vita serena ed equilibrata come qualsia altro bambino e non subirà alcuna conseguenza pregiudizievole alla evoluzione della sua vita di rapporti e di relazioni.

Per questo sono importanti i ruoli degli Organi deliberanti, l'organizzazione istituzionale, la preparazione e le capacità dei soggetti operanti.

La carenza di norme, di piani e programmi con valore di legge, ha generato e genera il vuoto in cui si accentuano conflitti e confusione, alterati da interventi incompetenti, alimentati da   malagiustizia frustrata, dannosa e fuorviante.

I poteri dello Stato, con tutte le ramificazioni delegate, assistono impassibili senza porre rimedio ad una situazione condannata più volte dall'Europa e divenuta insostenibile per le finanze pubbliche.

Eppure la soluzione è nelle leggi delegate e nei poteri attribuiti alle Regioni, province e comuni. Basta mettere in moto il PROTOCOLLO chiaro e disciplinato per riportare tutti gli attori nell'alveo del corretto proposito  del rispetto della dignità di una sola persona maltrattata, danneggiata e diffamata: il minore. La responsabilità di ciò che accade  non è addebitabile alla coppia in lite, che accecata da vuote pretese si perde in un pericoloso pantano,  ma alle istituzioni che operano nella materia e maggiormente a coloro che sono chiamati a partecipare, concorrere e decidere con scienza e coscienza. In primo luogo sono responsabili Giudici e magistrati, Servizi socio-sanitari e organizzazioni che ruotano intorno all'affare, in secondo luogo Regioni e Comuni che non hanno  pensato di “scrivere” un preciso protocollo valido per tutti.

 

Chi non ha fatto il suo dovere e potrebbe fermare la strage degli innocenti è lo Stato con le istituzioni delegate delle  Regioni e degli Enti Locali.

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Martedì 08 Aprile 2014 16:42

Aosta

Il dovere di non dimenticare


Il  7 aprile di 18 anni fa (giorno di Pasqua del 1996)  davanti al tribunale di Aosta un padre separato, Antonio Sonatore, professore e psicologo di Aosta, si diede fuoco per protestare contro il giudice che gli aveva negato il diritto di essere padre e contro l’assenza delle istituzioni locali nei lunghi anni di lotta per rivendicare il suo naturale diritto-dovere di genitore.

Un gesto estremo - non condivisibile -  che per la prima volta in Italia proponeva il dramma dei tantissimi padri separati che le istituzioni  estromettono dalla vita dei loro figli. In tutto il mondo il 7 aprile, in ricordo del suo gesto, si tiene il World Memorial Day (Giornata Mondiale della Memoria) istituita nel 2006 dall’Associazione  Figli Negati, per ricordare tutti i padri separati che si sono tolti la vita, ritrovandosi umiliati ed impotenti dinnanzi alle ingiuste separazioni che li estromettevano – di fatto – dalla vita dei loro figli.

Il gesto di Antonio Sonatore   ebbe grande risalto sui media nazionali e in Aosta la gente comune – non le istituzioni – per molti giorni continuò a portare un fiore giallo sul luogo del tragico gesto, volendo così sottolineare la vicinanza a quell’uomo amato e stimato da tutti e che tutti da mesi avevano visto sfilare in piazza con cartelli che spiegavano la sua emarginazione genitoriale.

Lo scorso anno, nel 17° anniversario, i padri separati di Aosta (facenti parte dell’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori) e singole persone depositarono nello stesso luogo una corona di fiori e fiori gialli per ricordare, con Antonio Sonatore, tutti quei padri che lasciati soli nella loro disperazione per la mancanza di pari opportunità genitoriali e per trattamenti giudiziari tanti discrezionali che finiscono per colpire sempre e solo il padre.

La Valle d’Aosta, quella che conta, non ama ricordare il tragico gesto di questo cittadino e ci hanno accusato di voler proporre l’atto di un suicida come esempio di paternità e un congiunto del prof. Sonatore ha fatto un esposto alla Procura della Repubblica perché, a suo dire, ricordare il gesto estremo di un padre che lottava per il diritto alla genitorialità è offendere i suoi familiari, cioè coloro che ben conoscevano il dramma che quel loro familiare stava vivendo e che da tempo manifestava pubblicamente contro chi, a vario titolo, gli avevano tolto il diritto alla paternità.

Nel 2016, ad Aosta si terrà una imponente manifestazione dei padri separati ed estromessi dalla vita dei loro figli per decreto dei tribunali e per ricordare il sacrificio di tanti padri – troppi purtroppo - che privati dei loro figli ed oppressi da ingiusti provvedimenti giudiziari si tolgono la vita.

Nei prossimi mesi l’associazione si farà promotrice, forse anche con pubblica  petizione, per richiedere al comune di dedicare una via e/o un monumento  ad Antonio Sonatore, il cui gesto, anche se non condividibile,  va inquadrato nel forte dolore di un padre privato del suo inalienabile dovere-diritto alla genitorialità nell’indifferenza della comunità e, forse, delle stesse istituzioni. Alcuni artisti hanno dato la loro disponibilità per il  monumento.

Un signore, assieme ad un suo amico, in questi giorni ci ha contattato per conoscere cosa avremmo fatto per ricordare Antonio Sonatore, apprezzato e stimato loro insegnante. I cittadini non dimenticano! Le istituzioni sì e vorrebbero far passare nell’oblio gesti scomodi.

Quando si verificano queste tragedie le responsabilità sono molteplici e nessuno può chiamarsi fuori: istituzioni, cittadini, amici e parenti. Questo sacrificio umano non ha indotto chi dovrebbe tutelare i minori e il genitore più debole a prestare più attenzione ai figli coinvolti nelle separazioni garantendo loro una equa presenza di ambedue i genitori, rimuovendo, anche con energia, gli ostacoli posti in essere dal genitore più forte. Aosta ne è, purtroppo, un triste esempio.

Certa stampa, poi, non indaga mai sulle profonde ragioni di gesti estremi, soprattutto se commessi dai padri. Un altro padre separato, la mattina del 6 gennaio di quest’anno, nel silenzio di tutti si è tolto la vita.

 
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Venerdì 21 Marzo 2014 16:37

Associazione “Giù le mani dai bambini” : San Benedetto del Tronto

8 marzo 2014


Abusi sui minori

 

come conseguenza della ordinaria violazione dei loro diritti e del diritto alla genitorialità nelle separazioni. Le responsabilità dei servizi sociali e dei tribunali. Oggi cosa fare?

 

di Ubaldo Valentini *

I relatori che mi hanno preceduto hanno evidenziato come i mali sociali quali plagio, pedofilia, violenze psichiche e fisiche, Pas, ecc..  e i conseguenti abusi sui bambini e sulle loro famiglie siano provocati, prevalentemente, dalla delinquenza comune ed organizzata e dalle sette pseudo-religiose abusanti che in Italia operano nella indifferenza di tutti e, troppo spesso, con la copertura delle istituzioni.

Per prevenire questi devastanti fenomeni, però, occorre andare oltre la “manovalanza” di persone senza scrupoli - strutturati in organizzazioni e/o potentati parareligiosi per meglio realizzare i propri fini abusanti - e ricercare anche coloro che, in modo più o meno indiretto, si sono resi responsabili del malessere dei minori e del genitore meno presente, mal gestendo istituzioni pubbliche evocate alla loro tutela: i tribunali e i servizi sociali.

Occorre,  altresì, premettere anche alcune considerazioni sulle responsabilità e/o sulle assenze della famiglia e degli stessi genitori nella crescita dei minori abusati.

Esistono responsabilità ed  inadempienze educative ed affettive dei genitori – non sicuramente di quello che subisce la violenza sui propri figli affidati o collocati presso l’altro - nell’abuso dei diritti dei minori che possono essere individuate - solo a titolo esemplificativo -  nella loro eccessiva litigiosità canalizzata prevalentemente su questioni di coppia; nel non continuare a rispettare la centralità dei figli quando finisce un amore; nella  scarsa considerazione delle ricadute sui figli che la separazione o la cessazione della convivenza conflittuale può avere; nella eccessiva preoccupazione degli adulti a ricostruirsi  subito una nuova convivenza e/o famiglia senza considerare le ripercussioni che tali scelte potranno avere nel minore in difficoltà; nella ricerca di nuovi figli con altre persone o nell’accettazione in casa di quelli dell’altro/a partner; nel rifiuto di qualsiasi confronto mediato da terzi professionalmente competenti; nel sottovalutare il possibile disagio del minore, talvolta ben celato per non urtare il familiare con cui deve vivere o per non procurare ulteriori dispiaceri all’altro genitore; la latitanza delle istituzioni nel non verificare adeguatamente  il contesto relazionale in cui il genitore affidatario e/o collocatario fa vivere il proprio figlio.

Accertata la situazione a rischio dei propri figli, il genitore meno presente (o talvolta  addirittura  estromesso) ha il dovere di chiedere immediati provvedimenti restrittivi nei confronti dell’altro genitore che non solo non tutela il proprio figlio, inserendolo in strutture plagianti e/o in sette schiavizzanti, ma che di fatto gli sottrae la figura insostituibile dell’altro genitore. Il padre, oltre ai minori, di fatto è la vittima di questi abusi che avvengono sempre, ripeto sempre, con il consenso, diretto o tacito, del genitore affidatario o collocatario.

Il fenomeno degli abusi psicologici sui minori, nelle famiglie separate o non più conviventi, non viene quasi mai preso in considerazione dai servizi sociali prima e dai tribunali poi, limitandosi a considerare, eventualmente, solo l’abuso sessuale.

 

Il plagio come reato non esiste più, ma le sue conseguenze nella formazione della personalità del minore sono deleterie e condizioneranno, più o meno marcatamente, tutta la sua esistenza con il rischio reale di divenire, talvolta, un disadattato sociale e  un emarginato. Tutto ciò ha un assurdo costo umano sulla vittima, adulto di domani, ed un elevato costo economico per la società. Di questi aspetti se ne parla poco.

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Mercoledì 26 Febbraio 2014 17:19

Corte d'appello di Torino

 

Come la giustizia non tutela i minori


La Corte di Appello di Torino ha rigettato il reclamo avverso il decreto del  Tribunale dei minorenni di Torino impugnato dalla  nonna della bambina valdostana che, dopo nove anni di permanenza con sé (anche dopo l’improvvisa morte del padre), contro la volontà della minore e senza alcuna opera di preparazione è stata collocata presso la madre naturale che la richiedeva anche se in tutti questi anni non si era mai presa cura della figlia e non aveva mai versato una lira per il suo mantenimento, pur lavorando.

La nonna aveva fatto presente ai tribunali il trascorso della madre della nipote, le relazioni del Sert ed aveva contestato le relazioni dei servizi sociali del luogo che non avevano mai preso in considerazione le richieste della figlia, le segnalazioni della nonna, il rifiuto della madre a sottoporsi all’esame tricologico, le segnalazioni della pediatra nonché specializzata in neuropsichiatria infantile che denunciava il malessere della bambina quando, in qualche fine settimana,  era costretta a restare con la madre in Aosta in casa del nonno materno. Una assistente sociale che seguiva la minore, su specifica segnalazione della nonna all’Asl, era stata sostituita per scarsa oggettività. Le relazioni della psicologa inviate al tribunale sono eloquenti da sole e meriterebbero una valutazione scientifica.

Nonostante tutto ciò, la sezione minorile della Corte d’Appello non solo non ha accolto la richiesta del procuratore generale che chiedeva l’audizione della minore e una Ctu per verificare il dichiarato malessere della minore ma ha anche rigettato il documentato reclamo. Le considerazioni che seguono vogliono solo evidenziare come, dinnanzi a fatti denunciati, occorra una diversa procedura di approfondimento per fugare qualsiasi sospetto di rischio per una minore che le istituzione devono tutelare, indipendentemente dalle asserzioni di una madre che stranamente ora rivuole la figlia quando in passato non aveva esercitato con entusiasmo la propria genitorialità.

 

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Lunedì 27 Gennaio 2014 16:46

Quando la separazione consensuale è dannosa

 

Assistiamo alla omologazione di separazioni consensuali con clausole che, oltre a prestarsi a varie interpretazioni, spesso sono impraticabili. Con crescente preoccupazione vediamo che il genitore non collocatario è costretto ad impugnare la separazione sottoscritta, talvolta solo dopo alcuni mesi, poiché quanto concordato non viene rispettato e il padre, quasi sempre lui, deve sottostare ai desiderata e/o ricatti della madre.

Nello specifico, il genitore affidatario impone un suo calendario di visite, sue modalità di attuazione, consapevole che il tribunale nei suoi confronti mai applicherà quanto previsto dall’art.709 ter c.p.c.. Accanto al mancato rispetto del diritto di permanenza dei figli col padre, sottoscritto con la consensuale, la madre non gli richiede il consenso preventivo sulle spese straordinarie, arrivando a determinare lei quali siano da ritenersi spese straordinarie e non esita a denunciarlo per “mancati alimenti” se non provvede a soddisfare i suoi imperativi economici. Si mette in piedi, così, un contenzioso penale che non tutti i padri possono sostenere non avendo le risorse per pagare i legali. Alcuni tribunali non  esitano a condannare sempre il padre con multe e mesi di arresto convertibili in ulteriori sanzioni pecuniarie anche quando il loro rifiuto a pagare è motivato proprio dalla mancanza di soldi.

Le modifiche delle condizioni contenute nella separazione consensuale difficilmente vengono modificate dal giudice proprio perché sottoscritte da ambedue i genitori; non vengono cambiate nemmeno quando il genitore che paga l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie (sovente non autorizzate) è in cassa integrazione o è rimasto senza lavoro o viene chiamato a pagare spese non concordate e non documentate o non dovute. Non si comprende, in verità, cosa debba accadere ad un padre per vedersi accolta la sua richiesta di modifica delle condizioni di separazione e per vedersi rispettato nei propri diritti-doveri di genitore e di cittadino.

 

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Martedì 21 Gennaio 2014 10:57

Solo con l’affido condiviso alternato

c’è la vera tutela dei figli nelle separazioni


di Ubaldo Valentini *


La cultura dominante, figlia dei tempi e degli interessi della classe emergente, vorrebbe che nelle separazioni i figli  abbiano una collocazione prevalente presso un solo genitore, ovviamente quasi sempre la madre. Alcune forze politiche e socio-religiose, femministe per vocazione e per convenienza, vorrebbero modificare la legge sul condiviso (n.54/2006) per introdurre il principio della scelta vincolante di una unica residenza e del genitore prevalente.  Ma non solo.

Il Forum delle famiglie cattoliche da una parte  propone di privare il minore anche del diritto ad essere sentito dal giudice in merito al suo affido e dall’altra vuole reintrodurre il principio della sua permanenza con i propri genitori solo secondo il principio dei tempi equipollenti ( cioè sulla qualità dello stare assieme con l’uno e con l’altro genitore), escludendo la possibilità di permanenza in tempi equivalenti (cioè gli stessi tempi tra i due genitori). Permane il pregiudizio che per un figlio di separati è diseducativo avere due case e due programmazioni del tempo con i genitori.

Non contano, dunque, le ore dello stare assieme ma la qualità dell’incontro stesso. E’ una vecchia storia che tutti ben conosciamo.

Tutti costoro dimenticano, volutamente, che l’equità del tempo trascorso con ambedue i genitori contribuisce in modo determinante al raggiungimento della qualità del rapporto genitore-figlio e si dimentica che proprio questa disuguaglianza di tempi è il principale motivo del contendere nelle aule giudiziarie.

I Tribunali con sempre maggiore frequenza dispongono l’affido condiviso alternato (cioè la permanenza paritetica dei figli presso ambedue i genitori) anche quando i genitori non abbiano un buon rapporto fra loro, purché le distanze delle rispettive abitazioni non costituiscano un ostacolo per le libere e spontanee frequentazioni dei genitori da parte del minore. Questa  forma di affido, però,  richiede una solida cultura della bi-genitorialità nei genitori, nei giudici, negli avvocati e, se coinvolti, nei servizi sociali.

Le difficoltà esistono e sono: mancanza di una autentica cultura delle pari opportunità genitoriali; la non sempre evidente disponibilità, da parte dei genitori, a guardare al bene dei figli e non solo alle loro esigenze e rivendicazioni di persone adulte; la non sempre chiara disponibilità del giudice a leggere attentamente i fascicoli della separazione, rinunciando alle solite prassi consuetudinarie che finiscono per negare, di fatto, lo spirito del condiviso; il ricorso a psicologi ed assistenti sociali il cui parere non sempre è libero da propensioni e/o condizionamenti ideologici e non sempre è sorretto da una comprovata professionalità; la scarsa capacità e disponibilità della società a considerare i minori come persone con propri diritti, tempi e spazi. I minori di oggi saranno i cittadini di domani e loro gestiranno la società stessa ed è assurdo considerarli, perché minori, non come soggetti a rimorchio dell’adulto più forte.

I pregiudizi da superare sono tanti.

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Martedì 21 Gennaio 2014 10:56

Quale diritto dei nonni nel nuovo decreto sulla filiazione!

 

avv. Gerardo Spira

 

Il legislatore italiano stenta a mantenere il passo con i tempi che hanno cambiato la vita di relazioni nella società. Prevalgono interessi di gruppi o di clientela politica o peggio ancora interessi di casta curati e gestiti dai soliti galoppini, pronti ad aggiungere o togliere una parola, spostare la virgola o il punto e virgola nel momento in cui viene formulata la norma.

Tanto basta a cambiare il senso della frase e a scaricare la responsabilità attuativa sugli operatori del diritto, costretti a discutere sulla interpretazione autentica, restrittiva o estensiva. Mentre il medico studia l'ammalato muore e la famiglia irreversibilmente sta attraversando questa fase Il Decreto legislativo 154 di fine anno, in attuazione della delega parlamentare sulla filiazione , che entrerà in vigore il 7 febbraio prossimo, ha messo la parola fine sulla diatriba dei diritti dei minori e sui conflitti di coppia. La legge 54 del 2006 sull'affidamento condiviso, mai attuato, è stata svuotata di contenuto e messa da parte con un colpo di mano di fine anno.

Il legislatore, dopo l'introduzione del reato di femminicidio, colto in piena estate, il 14 agosto, quando tutti erano al mare, ne ha fatto un'altro a fine anno, mentre gli italiani brindavano per l'arrivo del nuovo. Con la novella normativa è stato restaurato il solo diritto per il genitore collocatario e deciso che l'altro deve stare “ a cuccia “ e deve solo “pagare “. E' stato cancellato il conflitto, con opportuni rimaneggiamenti normativi ed è stato, con sottile garbo, consigliato all'avvocatura di specializzarsi in altre materie, perché il genitore non collocatario, quasi sempre il padre, non ha più diritti. Gli avvocati saranno solo di genere femminile, come i magistrati e le procedure saranno una pura e semplice prassi di rito, del tipo burocratico.

Come si dice in gergo è cessata la materia del contendere. Un cambio di passo richiede una forte presa di posizione, rivoluzionaria, da parte di tutte quelli che hanno a cuore la difesa dei diritti, mettendo in atto una azione forte a tempo indeterminato capace di fermare il Paese. Esaminiamo l'aspetto che la nuova normativa ha riguardato i nonni. Guarda caso, l'attento legislatore ha prestato più attenzione ad essi che ad uno dei genitore, “fatto fuori “ dal diritto di famiglia. Ma vediamo come e con quali effetti. La precedente norma, art 155 c.c, intitolata.”provvedimenti riguardo ai figli” parlava del diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori ….....e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

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