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Venerdì 19 Dicembre 2014 17:12

Troppe tragedie si consumano all’ombra delle separazioni

 

Vite spezzate: non solo condanna

di Ubaldo Valentini *

 

La stampa riporta con enfasi le tragedie familiari che si consumano a seguito di separazioni subite o imposte cioè quando uno dei due partner viene estromesso dalla vita dell’altro e/o dei propri figli.

Gli omicidi-suicidi non sono mai giustificati.  Stiamo attenti, però, a non strumentalizzare tragedie familiari che si spiegano solo calandoci umilmente nel vissuto di vite spezzate da drammi spesso più grandi dei protagonisti. La piaga del femminicidio non sempre è sufficiente a spiegare l’assurdità di questi sconvolgenti eventi ed è dovere di tutti, per una retta informazione e comprensione dei fatti,  andare oltre la scontata riprovazione.

Gli amori si spezzano, ma spesso con essi, si  vuole spazzar via con un colpo di spugna progetti, speranze, illusioni, delusioni, cioè sentimenti traditi che condizionano il nostro agire. Togliere la vita agli altri e soprattutto ai propri figli è un gesto folle, nessuno lo nega, ma occorre vedere se  certi accadimenti avvengano anche per l’indifferenza delle istituzioni e della società consumistica che non si ferma nemmeno dinnanzi ai sentimenti e ai drammi personali, alla solitudine distruttiva e all’emarginazione in cui certe persone vengono a trovarsi nell’indifferenza del mondo che li circonda.

In tutti questi anni di attività ho incontrato tantissime persone lacerate dal dolore causato loro dal partner che improvvisamente ha misconosciuto progetti affettivi e familiari costruiti durante il fidanzamento e riaffermati dalla convivenza, facendoli sentire esseri inutili. Si mettono in moto meccanismi delicatissimi e devastanti, talvolta ingestibili, che portano l’individuo rifiutato a chiudersi in sé stesso, a diffidare di tutto e di tutti perché gli crolla un mondo a cui aveva dato tutto se stesso e in cui credeva ciecamente. Il partner, comunicandogli, talvolta con sarcastica freddezza,  che l’amore è finito e che quindi deve mettersi in disparte da subito - spesso rinunciando ai figli che però deve continuare a mantenere - non gli concede il tempo per poter discutere e confrontarsi sui tanti perché  suscitati da una siffatta decisione.

Non basta dire: “tutto è finito”, “non ti amo più”, “non provo più nulla per te”, “tu non mi rendi più felice”, “amo un altro o un’altra”, “tu devi sparire dalla mia vista”, “voglio rifarmi una vita”, “da anni aspettavo questo momento”, quando si dimentica che certi sentimenti costitutivi dell’esistenza di ciascuno e del vissuto quotidiano non si possono liquidare con semplici battute che, sovente, in molti casi sono anche oltraggiose.

 

L’amore può finire ma se ne parla e si concede alla controparte il tempo necessario per rielaborare una decisione unilaterale spesso inaspettata che porta al crollo di un mondo attorno al quale si era costruita una vita di relazione e di genitorialità con tanti sacrifici e con tante speranze. Sui sentimenti non si gioca e la facile condanna sociale non aiuta a crescere e a

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Martedì 11 Novembre 2014 17:14

A Perugia succede anche questo

 

Se il giudice non tutela i minori

 

Il tribunale dei minorenni di Perugia senza minimamente preoccuparsi della situazione economica di un padre in gravi difficoltà economiche ha emesso un decreto urgente e provvisorio con cui  lo ammonisce che se non pagherà con regolarità l’assegno di mantenimento dei figli, verranno presi nei suoi confronti “provvedimenti limitativi delle facoltà genitoriali”.

A causa dell’attuale crisi, questo padre ha dovuto chiudere la propria attività commerciale e lavorare a part-time, percependo uno stipendio irrisorio; è stato costretto ad andare a vivere con l’anziano padre e non riesce a pagare per intero l’assegno di mantenimento dei figli.

Il tribunale era a conoscenza della sua situazione finanziaria e del fatto che, per poter vedersi riconoscere il secondogenito, aveva dovuto sostenere ingenti spese legali, mai addebitate alla moglie che gli aveva negato la paternità, nonostante tutti i figli fossero stati concepiti con la procreazione assistita La signora, subito dopo il concepimento del secondo figlio, aveva lasciato la casa del marito  per andare a vivere con un compagno dipendente pubblico da cui ha avuto, poi, altri figli sempre con la procreazione assistita, vietando al marito di poter stare con questo figlio.

Il padre si è visto costretto a ricorrere al tribunale, fare gli accertamenti del DNA che hanno sconfessato la signora. Nonostante ciò, la madre si è opposta a cambiare il cognome del figlio, contravvenendo alle sentenze del tribunale e costringendo il padre ad ulteriori procedimenti giudiziari che gli hanno dato ragione dopo sei anni dalla nascita ma che lo hanno costretto a sostenere spese per varie migliaia di euro. Questi fatti non contano per i giudici del tribunale perugino.

Oggi il figlio ha sei anni e, a scuola iniziata, avrà lo stesso cognome del fratello. Nel frattempo però il minore  non vuole vedere il padre, che non ha mai frequentato, e si è ricorsi ad un centro di fuori provincia per incontri protetti padre-figlio, pur sapendo che esistono centri specializzati anche locali – che la madre ha sempre rifiutato -  e che ciò comporterà ulteriori spese per il genitore. La madre è l’unica responsabile di questa sindrome di alienazione genitoriale nel minore.

 

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Lunedì 10 Novembre 2014 19:42

Inefficienza dello Stato italiano


La Giustizia minorile

non ha alcun rispetto dei diritti e della dignità

della persona del minore!


Avv. Gerardo Spira

I genitori si separano, discutono e litigano per un euro di mantenimento in più al mese, per qualche ora in più di frequenza col figlio, mentre la Giustizia partecipa alla contesa parteggiando ora per  l'uno, ora per l'altro. Nessuno giudice ha pensato di imporre ad entrambi di svolgere il proprio ruolo assegnato dalla legge.

Di fronte ad una mancanza la giustizia decide di limitare i poteri al genitore o di togliergli il figlio, invece di incollarlo con la forza ad entrambi.

Con la crisi del matrimonio sono messi in discussione diritti, sentimenti e futuro di persone vittime  di puntigli, strumentalizzazioni e accanimenti giudiziari.

La volontà del  legislatore è affidata alla responsabilità di Istituzioni gestite e  rappresentate da soggetti che,  divenuti intoccabili ed inamovibili, hanno costruito un  potere più cancerogeno di quello criminale.

Nel mondo minorile, per il diffuso “ meticciato giudiziario-istituzionale “, il diritto assume toni, configurazioni e connotazioni propri di una cultura intrisa di ricatti, di vendette e di violenti stupri psicologici.

La giustizia minorile è finita per essere sottomessa  agli umori personali e famigliari di soggetti che  trattano i sentimenti, il dolore e i desideri di un bambino con il metodo di una pratica burocratica.

Il principio di snellimento e accelerazione delle procedure, tanto sostenuto dal legislatore, è usato su moduli o modelli prestampati, raffazzonati con  domande che non riguardano il minore, la sua vita e i suoi interessi, ma il costo di una concessione o autorizzazione di tempi di vita e di relazioni.

I tribunali per i minorenni, vanno soppressi e subito perché  non sono garanti della giustizia certa ed imparziale e  non riscuotono la fiducia del cittadino.

Bene la riforma in corso! speriamo che  l'avvocatura, individuata  al posto della  magistratura, sappia cogliere il momento per partire col piede giusto e con una visione diversa, ponendo al centro delle composizioni il minore e  i suoi diritti come riconosciuti e sanciti dalle Carte internazionali, ma soprattutto sappia tenere  Giudici e  Servizi socio-sanitari  lontani dalle questioni minorili.

La storia del caso, che seguo, come si è svolto tra Tribunale per i minorenni e Corte di appello di Roma non è solo un esempio di mala giustizia ma l'esempio classico di come la magistratura e i Servizi socio sanitari  nella Capitale d'Italia si siano accaniti, con perfidia inaudita contro un padre, riconosciuto dalla stessa moglie attento e corretto, per togliergli il figlio, contro la volontà  chiaramente espressa dal minore, senza alcun rispetto dei suoi diritti e della sua dignità, pur  in presenza di una malattia rara.

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Martedì 04 Novembre 2014 17:20

I Minori Invisibili nella tutela delle istituzioni


Il convegno I minori invisibili nella tutela delle istituzioni”, tenuto a Perugia sabato 25 ottobre, ha evidenziato la strada che le istituzioni - leggasi Tribunali e Servizi sociali – ancora debbano percorrere per adeguarsi nei fatti ai dettami della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, da tutti invocata e quasi sempre disattesa, di cui il 20 novembre ricorre il 55° anniversario della sua approvazione.

I minori restano “invisibili” perché le istituzioni e la società in genere non vogliono metterli al centro delle loro scelte. Le logiche degli adulti prevalgono sempre su quelle dei minori, inascoltati e mai considerati come persone con gli stessi diritti di tutti, cioè essere liberi e rispettati nelle loro esigenze ed aspirazioni.

L’assessore alle politiche sociali, alla Famiglia e alle Pari Opportunità, Edi Cecchi, nel portare  il saluto del Comune di Perugia - che aveva dato il proprio patrocinio al convegno - ha subito sottolineato la necessità di dare la stessa attenzione sia alle madri separate che ai padri, rivendendo l’operatività delle Pari Opportunità che troppo spesso si identificano con le pari opportunità di genere, trascurando le reali difficoltà degli uomini separati. La politica della nuova giunta comunale metterà in campo una serie di iniziative per affrontare le problematiche legate alla separazione e cercherà di creare un collegamento con le associazioni che operano nel territorio e che ben conoscono il vissuto dei separati.

Il Presidente dell’Ags, prof. Valentini ha invitato i Tribunali e le istituzioni sociali ad andare oltre la retorica al fine di dare risposte concrete, elementari talvolta, alle problematiche che coinvolgono i figli dei separati.

 

Lo psicologo-psicoterapeuta dott. Ezio Ciancibello si è soffermato sul funzionamento dei Tribunali e dei Servizi sociali sottolineando la bigenitorialità che non c’è. Ha messo in evidenza, partendo da  esempi concreti, la difficoltà a gestire l’aggressività e distruttività tipica della maggior parte delle separazioni con una ricaduta devastante sui genitori e sui loro rapporti con i figli perché sovente è alimentata anche da pregiudizi delle istituzioni che considerano la madre più idonea del padre a gestire i figli. Da qui la necessità che i giudici abbiano maggior capacità valutative delle singole situazioni familiari, che prendano decisioni chiare ed eque senza delegare i servizi sociali che quasi sempre peccano di scarsa trasparenza. Si è soffermato, in specifico, sul fenomeno dei “figli adultizzati”, sull’affido condiviso alternato e sull’alienazione genitoriale, assai diffusa e quasi mai riconosciuta da chi dovrebbe tutelare i minori nelle separazioni conflittuali.

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Venerdì 17 Ottobre 2014 15:36

 
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Venerdì 08 Agosto 2014 15:47

Le udienze presidenziali nelle separazioni giudiziali spesso si trasformano in un inferno per il genitore che si rimette al Tribunale, come suo diritto, per avere giustizia.

 

Il presidente gentiluomo!

 

Se non accetti di trasformare immediatamente la separazione da giudiziale in consensuale, fa capire ai malcapitati genitori, anche in modo esplicito, che il rifiuto avrà un peso quando emetterà i provvedimenti provvisori ed urgenti, soprattutto per il genitore che rimane fermo nei suoi diritti.

 

Nel bel paese dove scorrono limpide acqua, latte, miele e pregevole vino tra il tipico suono dei campanacci di mucche e capre succede di tutto, come in tanti altri tribunali italiani.

Ti rivolgi al tribunale per la separazione giudiziale, vista la impossibilità di accordarsi con la controparte, e il presidente - che spesso ha una conoscenza vaga dei motivi della tua richiesta di separazione (avendo visto il fascicolo completo in corso di udienza poiché era assente nei giorni precedenti) e una concezione del tutto personale dei diritti dei figli nelle separazioni e dell’affido condiviso  (un presidente pubblicamente affermava che lui non accettava questa legge!?!) – insiste che, seduta stante, si arrivi ad un accordo immediato e chiude in una stanza attigua genitori e legali per decidere subito, senza dar tempo per rifletterci su. Se non accetti, rinvia l’udienza e se nemmeno questo periodo è sufficiente per un accordo, stando la madre arroccata nelle proprie inique pretese, allora ti devi aspettare di tutto.

Il tuo legale – che spesso non vuole contraddire il presidente – insiste per l’accettazione dell’accordo proposto dal presidente che, a suo dire, è conveniente per te e per i figli. Al massimo concorda con il collega modifiche ininfluenti. Non ti avverte, però, che se rinunci alle pari opportunità genitoriali, così come ti viene proposto, dopo alcuni mesi sarai costretto a ritornare quasi sempre dinnanzi al giudice poiché la madre ti estromette dalla vita dei tuoi figli e/o perché non riesci a versare l’assegno di mantenimento e le spese straordinarie pattuite ( o meglio suggerite) troppo alte o perché hai constatato, dopo alcuni mesi, che non riesci a vivere con il tuo reddito spesso anche precario.

Il presidente o chi per lui, ovviamente, respingerà qualsiasi ricorso perché hai sottoscritto una consensuale.  In molti tribunali, e in quello in specifico, è prassi rigettare i ricorsi anche quando non hai più un reddito certo che ti permetta di vivere e di assolvere agli impegni di mantenimento dei figli o della tua ex. Se la madre non rispetta il tuo diritto di visita però, al giudice non interessa e mai emetterà i provvedimenti previsti dall’art.709 ter c.p.c. ma se tu non riesci a pagare aspettati immediatamente una condanna dalla solerte Procura della Repubblica per sottrazione agli obblighi degli alimenti. In quel tribunale è consolidata prassi dare sempre ragione, a priori, alla madre.

 

Le consensuali, se non chiare ed eque, sono un cappio per i figli e per il genitore non collocatario poiché gli accordi sottoscritti restano vincolanti quasi sempre anche per il divorzio, se giudiziale.

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Mercoledì 06 Agosto 2014 17:52

Tribunali per i Minorenni: la legge non sempre è di casa!

 

A Genova viene negato l’accesso agli atti


La soppressione dei tribunali dei minori - da tante associazioni invocata e da tanti genitori auspicata - è il nodo principale che il governo deve affrontare con urgenza, risparmiandoci la legge “farsa” come quella del divorzio breve. Lo sbandierato “divorzio breve” del governo Renzi accantona ancora una volta una indispensabile e improrogabile riforma del diritto di famiglia. I parlamentari - spesso indicatori di voto a comando -  non hanno avuto il coraggio di mettere mano ad una riforma che affrontasse seriamente e subito le urgenti problematiche di una infinità di minori “contesi” tra i genitori e tra i genitori e le istituzioni che, in teoria, dovrebbero tutelarli.

Le lobby forensi, gli ordini degli psicologi e dei servizi sociali, le cooperative sociali che gestiscono le case famiglia, le case protette, i centri per minori disadattati e tutte le “invenzioni” che un mondo para-politico permette loro di “assoldare”  (senza contenimento di fantasia e senza alcun monitoraggio scientifico sulla loro effettiva utilità) e che gravano pesantemente sulle casse pubbliche sono la ragione di leggi inique e sono la causa principale della mancata riforma della legge sul divorzio, garantendo - una volta per tutte – l’affido condiviso e le pari opportunità genitoriali, da tutti sbandierate e da nessuno applicate. A costoro sono da aggiungersi la casta dei magistrati, dei giudici onorari e di coloro che operano come ctu e talvolta anche senza la dovuta preparazione scientifica come attestano molte relazioni peritali e le sentenze o decreti di alcuni giudici.

La maggior parte di tutti questi “signori” è sensibili solo al loro portafoglio e dimenticano la deontologia professionale. Il lavoro di questi operatori e consulenti della giustizia non è monitorato da nessuno, nemmeno dal giudice che dà loro incarichi peritali e/o di supporto ai minori. Non esistono Protocolli d’intesa vincolanti giudici, servizi sociali, ctu ... a garanzia degli sfortunati utenti: i minori e il genitore più debole. I pregiudizi di genere, la superficialità nelle valutazioni condizionano la maggior parte delle decisioni e le giuste richieste del genitore più attento ai bisogni dei propri figli troppo spesso passano inosservate.

Questo mondo dorato sta bene a troppe persone e la voce dissonante di chi rivendica trasparenza, correttezza, competenza e rispetto della giustizia  - cioè in una parola richiede e pretende la giustizia e la verità - viene soppressa anche con il contributo di una informazione superficiale che cerca principalmente lo scoop giornalistico delle tragedie (purtroppo sempre crescenti) e dei vip. E il cittadino comune chi lo difende? Sicuramente non le istituzioni e la stampa quando nascondono le vere ragioni di certe tragedie che potevano essere evitate e quando ignora i veri problemi dei minori e del genitore più debole nelle separazioni!

 

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Martedì 06 Maggio 2014 16:42

La bufala del “divorzio breve”

di Ubaldo Valentini *

 

Il disegno di legge - bipartisan - per la modifica dell'art. 3 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, che il Parlamento andrà a dibattere ed approvare a breve tempo, prevede che lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio avvenga dopo un anno dalla presentazione della domanda di separazione o solo dopo 9 mesi per le separazioni consensuali e in assenza di figli.

Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, sempre in merito alla separazione e al divorzio, ha annunciato anche “una procedura di negoziazione assistita da un avvocato di parte" per ridurne i tempi e per semplificare le modalità burocratiche. Tale procedura - che potrebbe essere introdotta con un progetto di legge o per decreto entro il mese -  permette alle parti assistite dai rispettivi legali di raggiungere un accodo conciliativo senza il ricorso al giudice. Al giudice verranno demandati i casi con figli minori e con figli portatori di gravi handicap.

C’è da chiedersi perché solo ora i politici e il governo si accorgono dell’esistenza di tante cause giudiziali di separazione e divorzio inevase per la inefficienza dei giudici, per la farraginosità della procedura civile, per quei avvocati attenti più al proprio portafoglio che alla deontologia professionale e per le lungaggini delle indagini dei servizi sociali, quando coinvolti? Trasferire in sede arbitrale dei procedimenti di separazione e divorzio ancora pendenti dinnanzi all’autorità giudiziaria vorrebbe dire smaltire velocemente le cause ancora in piedi. Demagogia o ingenuità?

E’ sconvolgente ed inaccettabile che le vere vittime di questa conclamata inefficienza dei tribunali siano proprio i minori e che nessuno si occupi del loro malessere in modo  serio e con competente solerzia. Nemmeno i politici fanno ciò.

Se noi analizziamo bene sia il divorzio breve che la negoziazione assistita ci renderemmo conto che sono una bufala che favorisce solo le lobby forensi, esterne ed interne al Parlamento. Se non è stata fatta una riforma seria e non compromissoria del diritto di famiglia, la ragione va ricercata principalmente negli interessi della casta degli avvocati e degli uomini di legge – e non solo loro - presenti in modo massiccio in Parlamento, che sono ben consapevoli che i procedimenti legati alla separazione e ai divorzi sono linfa per le loro riservate casse.

Le altre  lobby e caste interessate a mantenere l’inefficienza dei tribunali e la conflittualità tra gli ex-coniugi sono quelle dei servizi sociali, spesso arroganti e professionalmente discutibili, che hanno dato vita ad una miriade di cooperative sociali, case famiglie, case protette e che hanno inventato la professione degli educatori familiari, ecc. Strutture mai controllate dall’autorità da cui politicamente dipendono per valutarne efficienza e competenza.

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