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Lunedì 13 Gennaio 2014 19:04

Era impossibile non conoscere il suo dramma


Un padre separato della bassa Valle, lunedì mattina 6 gennaio, si è tolto la vita.

Un gesto inquietante e, forse, meditato da tempo. Nessuno ne parla. Non sappiamo se questo silenzio significhi rispetto della sua disperazione o rimorso per non avergli prestato la dovuta attenzione; se manifesti rabbia contro chi si compiaceva delle sue difficoltà ad essere un padre a tempo pieno e delle sue problematiche economiche dovute alla drastica diminuzione dello stipendio di un terzo rispetto all’inizio dell’anno. Questa imponderata realtà non gli permetteva più di pagare puntualmente il mantenimento e le spese straordinarie dei figli, divenendo ciò fonte di discussioni e ritorsioni; di onorare i mutui a suo nome accesi per l’acquisto di due macchine per la famiglia e di versare il canone d’affitto per l’abitazione.

Tutto ciò, per una persona che da venti anni viveva e lavorava nella Vallata dove aveva fatto l’investimento affettivo della sua vita ed aveva costruito una famiglia, era una umiliazione che alimentava la sua solitudine, avendo genitori e parenti in altra regione.

Nel mese di ottobre aveva contattato il coordinatore regionale della nostra associazione e su sua indicazione mi aveva telefonato per illustrarmi questa sua difficile posizione di separato. Ci chiedeva chiarimenti legali per poter abbassare l’importo del mantenimento dei figli ancora piccoli, visto che lo stipendio non serviva nemmeno per versare alla loro madre gli assegni, e per pagarsi i mutui e l’affitto.

Gli consigliai di rivolgersi immediatamente al legale che lo aveva seguito nella separazione e fare ricorso al tribunale per chiedere una drastica riduzione dell’assegno di mantenimento, imponendo alla moglie di lavorare o, se benestante, di contribuire in modo prevalente al mantenimento dei figli. Mi rispose che era sua intenzione farlo, ma trovava una certa freddezza nel legale che avrebbe dovuto assisterlo. Riferiva, inoltre, che trovava pure difficoltà a relazionarsi con la controparte, a tutelare la sua persona e i suoi diritti di genitore per vedere i figli con regolarità e secondo i tempi stabiliti dalla separazione. Parlammo a lungo e chiese di poterci risentire verso Natale per l’effettiva revisione delle condizioni di separazione.

Era un padre addolorato, affranto e solo, che si sentiva affettivamente “emarginato” dai propri figli ma lucido, premuroso verso i figli e preoccupato per le conseguenze di una separazione non ponderata nelle sue condizioni economiche, consapevole dei spropri diritti e doveri coniugali e genitoriali.

Sotto le feste natalizie mi chiamò nuovamente per dirmi che la situazione stava peggiorando, che era stato denunciato e che doveva procedere alla riduzione del mantenimento dei figli. Non ricordo se passava un assegno anche alla moglie, nullafacente ma con familiari benestanti e conosciuti in tutta la Valle d’Aosta. Mi chiese di essere seguito dall’associazione e chiedeva anche come poter incidere e vegliare sulla educazione e crescita dei figli, essendo un padre a ore. Lo rassicurai che con la crescita dei figli le cose cambiano e gli chiesi che appena possibile doveva inviarmi in copia della sentenza di separazione e tutto il materiale inerente la separazione, la vita di coppia. Mi rassicurò che l’avrebbe fatto appena possibile e che una sera mi avrebbe richiamato al telefono per meglio informarsi sui suoi diritti e doveri di genitore e per concordare una data per incontrarci.

 

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Lunedì 13 Gennaio 2014 19:03

... Altrimenti ci arrabbiamo ...

 

Il giornale Gazzetta Matin, a seguito di un nostro comunicato stampa, aveva dato notizia di una petizione popolare a favore di una bambina della Bassa Valle che, dopo aver vissuto nove anni con la nonna paterna e il padre prima e con la sola nonna dopo la morte del padre, veniva tolta alla nonna per riconsegnarla alla madre che, di fatto, l’aveva abbandonata al padre dopo la nascita.

La dirigente regionali dei servizi sociali convocò il giornalista per sostenere che la decisione era stata presa dal Tribunale dei Minori di Torino e che loro si erano limitati solo ad eseguire le decisioni dell’autorità giudiziaria.

In realtà, il Tribunale aveva deciso in base alle relazioni dei servizi sociali del comune della bambina che ribadivano sempre l’urgenza di ridare la figlia alla madre che, nel frattempo, aveva compreso il proprio ruolo genitoriale e che non frequentava più il Sert.

Il centro di neuropsichiatria infantile, la pediatra della bambina (anch’essa neuropsichiatra infantile) e la psichiatra che seguiva la madre non erano concordi sul trasferimento della minore senza il suo consenso e senza averla preparata a questo profondo cambiamento di stile di vita, di amici, di figura di riferimento e della zona in cui era sempre vissuta e dove ora frequentava la scuola elementare.

Il consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta ha inviato la seguente lettera alla redazione del giornale per contestare il loro operato informativo e per insegnare loro il mestiere di giornalisti. La presunzione, indubbiamente, non ha limiti.

 

Lettera del Consiglio regionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali alla redazione della Gazzetta Matin


In riferimento agli articoli pubblicati dalla Gazzetta Matin inerenti alla vicenda di una minore contesa dai familiari l’Ordine degli Assistenti Sociali della Valle d’Aosta intende far presente alcune considerazioni.

Innanzitutto dispiace ancora una volta constatare in merito, lo scatenarsi da parte di alcuni mass-media, che con il loro atteggiamento non fanno che acuire ulteriormente i livelli di conflittualità già presenti tra i diversi soggetti coinvolti nelle delicate situazioni che interessano i minori e le loro famiglie.

Le situazioni suddette infatti, proprio in considerazione della loro complessità, sono prese in carico da più operatori che hanno compiti di analisi e comprensione delle difficoltà dei minori, aiuto e sostegno, valutazione complessiva “dell’interesse del minore”interesse che non coincide spesso con quello dei suoi familiari e per tale ragione fonte di conflitto.

 

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Mercoledì 30 Ottobre 2013 18:43

Quando la Giustizia minorile è solo una speranza!

avv. Gerardo Spira


E', questo, il caso emblematico di come la Giustizia minorile risulti un appannaggio di genere. Il caso, tutt'ora in corso, è trattato con le dovute cautele per la legge sulla privacy. Siamo a Roma, caput mundi e caput, almeno per quel che pensa la gente, della cultura e del suo concentrato burocratico, istituzionale e giurisdizionale. Nella Capitale il cittadino pensa di avere il massimo delle garanzie di diritto e la più elevata qualità della produzione giuridica, se non altro per le professionalità messe in campo e per la qualità delle competenze e del confronto. Invece proprio qui abbiamo visto una Giustizia a pezzi, con la testa abbassata e  nascosta tra le gambe. Ogni cittadino italiano ormai ne ha subito le conseguenze e si porta dentro lo sconforto di un sistema senza tutela. Quella minorile appartiene ad un mondo a parte, ad un mondo in cui non valgono più i principi e i valori del diritto, ma gli umori, le sensazioni, la cultura di provenienza e soprattutto  le conoscenze e la capacità di sapere adattarsi  con spirito servile.

Non sarà facile riformare questa Giustizia se non si avrà il coraggio di abbattere steccati e recinti, se non si inizia la rivoluzione cultuale dalla scuola che risente, purtroppo,  di vecchi influssi di vita di genere, di umori uterini, di risentimenti e frustrazioni che condizionano le interpretazioni e le decisioni.

 

La legge e la legalità sono bellissime parole, che però sono e restano  fondamento e valore ideale, solo di fede e di speranza. La nostra millenaria cultura è purtroppo ingabbiata in centri di poteri di casta che decidono delle sorti della società, calpestando diritti e leggi, in nome del popolo italiano. I principi di Giustizia sono invece un Valore che il cittadino sente come la  medicina che rasserena l'animo e la coscienza. Quando la giustizia produce stimoli di risentimento vuol dire che il giudice non ha colto la verità o l' ha stravolta con la logica di un ragionamento infedele. La coscienza pulita  mal digerisce una decisione ingiusta.

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Venerdì 18 Ottobre 2013 15:10

Genitori e semplici cittadini offesi dalle istituzioni  si mobilitano

Petizione popolare per chiedere il rispetto di una bambina


Lasciatemi in pace: voglio stare con mia nonna” era il grido della bambina che ha vissuto i suoi primi nove anni con il padre, poi deceduto, e con la nonna paterna è caduto nel vuoto.  Una bambina costretta a lasciare il suo unico punto di riferimento affettivo e morale di tutti questi lunghi anni dove la presenza della madre sarebbe stata indispensabile ma che, invece, per anni non l’ha mai cercata ed è stata intromessa nella sua esistenza solo negli ultimi anni e senza la dovuta accortezza psicologica.

Oggi, salutati i compagni di scuola e i volti familiari degli abitanti, all’uscita da scuola viene prelevata e trasferita, come un trofeo, presso l’abitazione materna. L’indifferenza – se non l’oltraggio - dell’assistente sociale è arrivata al punto di chiedere alle maestre della scuola e alla scuola di danza di inscenare una festa di “addio”, sapendo che la bambina non vuole lasciare il suo mondo. Le due istituzione hanno risposto bruscamente ai servizi sociali che “non c’era nulla da festeggiare”! Il saluto c’è stato ma molto intimo e non certamente trionfante come avrebbero voluto certe strutture finanziate, purtroppo, con i soldi pubblici.

Proprio da questi volti a lei noti è partita una petizione popolare per chiedere che il suo desiderio di stare con la nonna non venga “ucciso” dalla indifferenza delle istituzioni che, nonostante il suo disagio a frequentare persone sempre diverse, hanno ignorato tutto: comprese le puntuali e professionali  valutazioni di coloro che la conoscono da sempre.

C’è tanta solidarietà con questa minore e con questa nonna sia da parte di chi le conoscono bene sia da chi, pur non conoscendole, chiede il rispetto della “Carta dei Diritti del Fanciullo”.

 

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Venerdì 11 Ottobre 2013 18:15

Lasciatemi in pace: voglio stare con mia nonna!”

Fermiamo l'indifferenza delle istituzioni

dinanzi alla supplica di una bambina

La storia

Non c’è pace per una bambina di nove anni vissuta da sempre con la nonna paterna e con la quale ha un ottimo rapporto di affetto e di stima. Abbandonata – di fatto - dalla madre quasi subito dopo la nascita, con la separazione, visto che la madre era senza fissa dimora e frequentava ambienti discutibili,  è stata affidata al padre e la nonna paterna lo ha raggiunto per aiutarlo a crescere ed educare la figlia – che chiameremo convenzionalmente – Rachele. Molto legata al padre, dopo  alcuni anni il padre è morto ( sulla cui morte sarebbe opportuno riaprire le indagini) e la bambina tutte le settimane va al cimitero a portare i fiori.

Da circa quattro anni si è rifatta viva la madre genetica pretendendo di avere con sé la figlia. Il Tribunale per i Minorenni di Torino l’ha lasciata collocata presso la nonna paterna, vedova, considerato che la madre non aveva ben compreso cosa avrebbe voluto dire fare il genitore e, soprattutto, aveva da risolvere, ancora, gravi problematiche esistenziali. In tutti questi anni, la nonna che vive con una pensione modesta, ha provveduto al mantenimento della figlia senza il dovuto aiuto anche economico della madre – che ha sempre lavorato -  e del nonno materno impiegato nella pubblica amministrazione. Una famiglia di vicini ha sempre aiutato la nonna e la figlia è talmente legata a loro che li considera come la seconda nonna e l’unico nonno. Rachele vive in un paese dove tutti si conoscono e dove forte è la vera solidarietà fra le famiglie: una solidarietà che non è più facile ritrovare altrove.

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Lunedì 23 Settembre 2013 12:23

TRA LA GIUSTIZIA MINORILE E I  SERVIZI SOCIALI

Avv. Gerardo Spira

Sono poche le norme a disposizione della Giustizia minorile, in materia civile e quasi inesistenti quelle che regolano i servizi sociali, quando questi vengono impegnati nei percorsi e nei provvedimenti disposti dall' Autorità Giudiziaria. Abbiamo già affrontato il problema a proposito degli incontri protetti e abbiamo rilevato che il mancato coordinamento  tra gli Organi di Giustizia e quelli dei Servizi Sociali  mette in evidenza  tutte le contraddizioni del sistema.

Il rapporto funzionale si esaurisce in una pura formalità burocratica, restando in capo al giudice il potere della decisione, anche contro  l'operato degli addetti sociali. In buona sostanza la competenza professionale dei servizi degli Enti territoriali e locali non ha alcuna forza di fronte al convincimento del Giudice. Ciò accade perché gli Enti pubblici, individuati dalla legge per la competenza esclusiva in materia, non hanno saputo disciplinarla con disposizioni, accordi o direttive, aventi forza contrattuale o di legge. Il giudice minorile quindi, nei casi dei percorsi imposti, affida il mandato ai servizi del Comune o dell'ASL  riservandosi la decisione in piena indipendenza ed autonomia.

Alcune Regioni e qualche provincia speciale, per altri aspetti della complessa materia,  hanno già fatto ricorso ai Protocolli, collaborando alla stesura ed alla specifica disciplina in accordo tra le parti interessate.  In tal modo  la materia specificata e  regolamentata viene sottratta ai poteri generici e discrezionali e rimessa sul piano delle distinte competenze ed attribuzioni. I Servizi Sociali e dell'Asl non fanno parte dell'organizzazione della giustizia, tant'è che la spesa per il personale ricade sui bilanci dei Comuni, dell'ASL e della Provincia.

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Mercoledì 18 Settembre 2013 17:34

Tutela dell’uomo nelle separazioni

dalle false accuse  della ex-compagna

 

Con il d.l. n. 93 del 14.8.2013, il governo, per prevenire il fenomeno del femminicidio, ha inasprito la repressione penale dei fenomeni anche di maltrattamenti in famiglia, di violenza sessuale e di atti persecutori (stalking). Sono previste aggravanti se le violenze avvengono  in presenza di minori e se sono rivolte a donne in stato di gravidanza e quando il delitto viene commesso dal coniuge, anche se divorziato o separato, o dal partner. Le denunce possono essere anche anonime. La donna, indipendentemente dal reddito, usufruisce del patrocinio gratuito a spese dello Stato.. I parlamentari nei prossimi mesi sono chiamati a convertire questo decreto in legge, apportando eventuali modifiche. A tal fine si terrà, in Aosta, una

 

 

Pubblica Assemblea venerdì 27 settembre alle ore 20,30

presso la sala conferenze del  CSV ( Aosta - via Via Xavier de Maistre, n. 19 g.c.)

 

Nelle separazioni, come evidenziato dalle statistiche nazionali, quasi sempre si ricorre da parte delle ex-mogli e compagne a pretestuose e false denunce di  maltrattamenti in famiglia da parte degli ex-partner e padri dei loro figli. I tribunali, già con troppa sollecitudine e senza il doveroso riscontro, li condannano immediatamente.

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Giovedì 12 Settembre 2013 13:00

Ti buttano fuori di casa

e spariscono preziose opere d’arte!

 

Tanto zelo delle istituzioni nell’allontanare il padre ma nessuna garanzia per i suoi beni lasciati in casa

 

Da tempo l’associazione denuncia uno zelo “preoccupante” delle forze dell’ordine valdostane e del locale tribunale nell’emettere ammonizioni ed allontanare i padri dalla casa familiare per il solo fatto che chiedono di poter fare i genitori e che la moglie, non concorde, li denuncia.

Nei media regionali vengono riportate sistematicamente le condanne di padri per stalking, maltrattamenti in famiglia e altro. Costoro vengono immediatamente “prelevati” e allontanati dalla propria abitazione senza permettere loro di portarsi via gli effetti personali e le documentazioni di ciò che lasciano in casa. “Sono stato allontanato da casa con la 24 h – ci diceva un padre -  e nemmeno un avvocato mi ha potuto assistere, lasciando nella casa di mia proprietà tutti i miei averi, gli arredi di pregio e rari pezzi di antiquariato (collocati lì antecedentemente al matrimonio) valutati per molte decine di miglia di euro e di proprietà di mio padre”.

Dopo ben sette anni e dopo battaglie nei tribunali, il malcapitato padre, è rientrato in possesso della sua casa disabitata dalla moglie e dai figli da anni poiché lei si era stabilita presso il suo convivente che, dopo il lavoro, lo aiuta nella gestione delle sue attività commerciali. Tutto ciò, però, non era stato sufficiente per reintegrarlo nel suo diritto abitativo, come giurisprudenza al contrario ribadisce. Solo dopo aver accettato l’aumento di un terzo l’assegno di mantenimento dei figli – che stanno con lui per metà tempo -  il giudice, con il consenso della moglie, gli ha permesso di rientrare nella propria casa.

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