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Mercoledì 30 Ottobre 2013 18:43

Quando la Giustizia minorile è solo una speranza!

avv. Gerardo Spira


E', questo, il caso emblematico di come la Giustizia minorile risulti un appannaggio di genere. Il caso, tutt'ora in corso, è trattato con le dovute cautele per la legge sulla privacy. Siamo a Roma, caput mundi e caput, almeno per quel che pensa la gente, della cultura e del suo concentrato burocratico, istituzionale e giurisdizionale. Nella Capitale il cittadino pensa di avere il massimo delle garanzie di diritto e la più elevata qualità della produzione giuridica, se non altro per le professionalità messe in campo e per la qualità delle competenze e del confronto. Invece proprio qui abbiamo visto una Giustizia a pezzi, con la testa abbassata e  nascosta tra le gambe. Ogni cittadino italiano ormai ne ha subito le conseguenze e si porta dentro lo sconforto di un sistema senza tutela. Quella minorile appartiene ad un mondo a parte, ad un mondo in cui non valgono più i principi e i valori del diritto, ma gli umori, le sensazioni, la cultura di provenienza e soprattutto  le conoscenze e la capacità di sapere adattarsi  con spirito servile.

Non sarà facile riformare questa Giustizia se non si avrà il coraggio di abbattere steccati e recinti, se non si inizia la rivoluzione cultuale dalla scuola che risente, purtroppo,  di vecchi influssi di vita di genere, di umori uterini, di risentimenti e frustrazioni che condizionano le interpretazioni e le decisioni.

 

La legge e la legalità sono bellissime parole, che però sono e restano  fondamento e valore ideale, solo di fede e di speranza. La nostra millenaria cultura è purtroppo ingabbiata in centri di poteri di casta che decidono delle sorti della società, calpestando diritti e leggi, in nome del popolo italiano. I principi di Giustizia sono invece un Valore che il cittadino sente come la  medicina che rasserena l'animo e la coscienza. Quando la giustizia produce stimoli di risentimento vuol dire che il giudice non ha colto la verità o l' ha stravolta con la logica di un ragionamento infedele. La coscienza pulita  mal digerisce una decisione ingiusta.

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Venerdì 18 Ottobre 2013 15:10

Genitori e semplici cittadini offesi dalle istituzioni  si mobilitano

Petizione popolare per chiedere il rispetto di una bambina


Lasciatemi in pace: voglio stare con mia nonna” era il grido della bambina che ha vissuto i suoi primi nove anni con il padre, poi deceduto, e con la nonna paterna è caduto nel vuoto.  Una bambina costretta a lasciare il suo unico punto di riferimento affettivo e morale di tutti questi lunghi anni dove la presenza della madre sarebbe stata indispensabile ma che, invece, per anni non l’ha mai cercata ed è stata intromessa nella sua esistenza solo negli ultimi anni e senza la dovuta accortezza psicologica.

Oggi, salutati i compagni di scuola e i volti familiari degli abitanti, all’uscita da scuola viene prelevata e trasferita, come un trofeo, presso l’abitazione materna. L’indifferenza – se non l’oltraggio - dell’assistente sociale è arrivata al punto di chiedere alle maestre della scuola e alla scuola di danza di inscenare una festa di “addio”, sapendo che la bambina non vuole lasciare il suo mondo. Le due istituzione hanno risposto bruscamente ai servizi sociali che “non c’era nulla da festeggiare”! Il saluto c’è stato ma molto intimo e non certamente trionfante come avrebbero voluto certe strutture finanziate, purtroppo, con i soldi pubblici.

Proprio da questi volti a lei noti è partita una petizione popolare per chiedere che il suo desiderio di stare con la nonna non venga “ucciso” dalla indifferenza delle istituzioni che, nonostante il suo disagio a frequentare persone sempre diverse, hanno ignorato tutto: comprese le puntuali e professionali  valutazioni di coloro che la conoscono da sempre.

C’è tanta solidarietà con questa minore e con questa nonna sia da parte di chi le conoscono bene sia da chi, pur non conoscendole, chiede il rispetto della “Carta dei Diritti del Fanciullo”.

 

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Venerdì 11 Ottobre 2013 18:15

Lasciatemi in pace: voglio stare con mia nonna!”

Fermiamo l'indifferenza delle istituzioni

dinanzi alla supplica di una bambina

La storia

Non c’è pace per una bambina di nove anni vissuta da sempre con la nonna paterna e con la quale ha un ottimo rapporto di affetto e di stima. Abbandonata – di fatto - dalla madre quasi subito dopo la nascita, con la separazione, visto che la madre era senza fissa dimora e frequentava ambienti discutibili,  è stata affidata al padre e la nonna paterna lo ha raggiunto per aiutarlo a crescere ed educare la figlia – che chiameremo convenzionalmente – Rachele. Molto legata al padre, dopo  alcuni anni il padre è morto ( sulla cui morte sarebbe opportuno riaprire le indagini) e la bambina tutte le settimane va al cimitero a portare i fiori.

Da circa quattro anni si è rifatta viva la madre genetica pretendendo di avere con sé la figlia. Il Tribunale per i Minorenni di Torino l’ha lasciata collocata presso la nonna paterna, vedova, considerato che la madre non aveva ben compreso cosa avrebbe voluto dire fare il genitore e, soprattutto, aveva da risolvere, ancora, gravi problematiche esistenziali. In tutti questi anni, la nonna che vive con una pensione modesta, ha provveduto al mantenimento della figlia senza il dovuto aiuto anche economico della madre – che ha sempre lavorato -  e del nonno materno impiegato nella pubblica amministrazione. Una famiglia di vicini ha sempre aiutato la nonna e la figlia è talmente legata a loro che li considera come la seconda nonna e l’unico nonno. Rachele vive in un paese dove tutti si conoscono e dove forte è la vera solidarietà fra le famiglie: una solidarietà che non è più facile ritrovare altrove.

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Lunedì 23 Settembre 2013 12:23

TRA LA GIUSTIZIA MINORILE E I  SERVIZI SOCIALI

Avv. Gerardo Spira

Sono poche le norme a disposizione della Giustizia minorile, in materia civile e quasi inesistenti quelle che regolano i servizi sociali, quando questi vengono impegnati nei percorsi e nei provvedimenti disposti dall' Autorità Giudiziaria. Abbiamo già affrontato il problema a proposito degli incontri protetti e abbiamo rilevato che il mancato coordinamento  tra gli Organi di Giustizia e quelli dei Servizi Sociali  mette in evidenza  tutte le contraddizioni del sistema.

Il rapporto funzionale si esaurisce in una pura formalità burocratica, restando in capo al giudice il potere della decisione, anche contro  l'operato degli addetti sociali. In buona sostanza la competenza professionale dei servizi degli Enti territoriali e locali non ha alcuna forza di fronte al convincimento del Giudice. Ciò accade perché gli Enti pubblici, individuati dalla legge per la competenza esclusiva in materia, non hanno saputo disciplinarla con disposizioni, accordi o direttive, aventi forza contrattuale o di legge. Il giudice minorile quindi, nei casi dei percorsi imposti, affida il mandato ai servizi del Comune o dell'ASL  riservandosi la decisione in piena indipendenza ed autonomia.

Alcune Regioni e qualche provincia speciale, per altri aspetti della complessa materia,  hanno già fatto ricorso ai Protocolli, collaborando alla stesura ed alla specifica disciplina in accordo tra le parti interessate.  In tal modo  la materia specificata e  regolamentata viene sottratta ai poteri generici e discrezionali e rimessa sul piano delle distinte competenze ed attribuzioni. I Servizi Sociali e dell'Asl non fanno parte dell'organizzazione della giustizia, tant'è che la spesa per il personale ricade sui bilanci dei Comuni, dell'ASL e della Provincia.

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Mercoledì 18 Settembre 2013 17:34

Tutela dell’uomo nelle separazioni

dalle false accuse  della ex-compagna

 

Con il d.l. n. 93 del 14.8.2013, il governo, per prevenire il fenomeno del femminicidio, ha inasprito la repressione penale dei fenomeni anche di maltrattamenti in famiglia, di violenza sessuale e di atti persecutori (stalking). Sono previste aggravanti se le violenze avvengono  in presenza di minori e se sono rivolte a donne in stato di gravidanza e quando il delitto viene commesso dal coniuge, anche se divorziato o separato, o dal partner. Le denunce possono essere anche anonime. La donna, indipendentemente dal reddito, usufruisce del patrocinio gratuito a spese dello Stato.. I parlamentari nei prossimi mesi sono chiamati a convertire questo decreto in legge, apportando eventuali modifiche. A tal fine si terrà, in Aosta, una

 

 

Pubblica Assemblea venerdì 27 settembre alle ore 20,30

presso la sala conferenze del  CSV ( Aosta - via Via Xavier de Maistre, n. 19 g.c.)

 

Nelle separazioni, come evidenziato dalle statistiche nazionali, quasi sempre si ricorre da parte delle ex-mogli e compagne a pretestuose e false denunce di  maltrattamenti in famiglia da parte degli ex-partner e padri dei loro figli. I tribunali, già con troppa sollecitudine e senza il doveroso riscontro, li condannano immediatamente.

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Giovedì 12 Settembre 2013 13:00

Ti buttano fuori di casa

e spariscono preziose opere d’arte!

 

Tanto zelo delle istituzioni nell’allontanare il padre ma nessuna garanzia per i suoi beni lasciati in casa

 

Da tempo l’associazione denuncia uno zelo “preoccupante” delle forze dell’ordine valdostane e del locale tribunale nell’emettere ammonizioni ed allontanare i padri dalla casa familiare per il solo fatto che chiedono di poter fare i genitori e che la moglie, non concorde, li denuncia.

Nei media regionali vengono riportate sistematicamente le condanne di padri per stalking, maltrattamenti in famiglia e altro. Costoro vengono immediatamente “prelevati” e allontanati dalla propria abitazione senza permettere loro di portarsi via gli effetti personali e le documentazioni di ciò che lasciano in casa. “Sono stato allontanato da casa con la 24 h – ci diceva un padre -  e nemmeno un avvocato mi ha potuto assistere, lasciando nella casa di mia proprietà tutti i miei averi, gli arredi di pregio e rari pezzi di antiquariato (collocati lì antecedentemente al matrimonio) valutati per molte decine di miglia di euro e di proprietà di mio padre”.

Dopo ben sette anni e dopo battaglie nei tribunali, il malcapitato padre, è rientrato in possesso della sua casa disabitata dalla moglie e dai figli da anni poiché lei si era stabilita presso il suo convivente che, dopo il lavoro, lo aiuta nella gestione delle sue attività commerciali. Tutto ciò, però, non era stato sufficiente per reintegrarlo nel suo diritto abitativo, come giurisprudenza al contrario ribadisce. Solo dopo aver accettato l’aumento di un terzo l’assegno di mantenimento dei figli – che stanno con lui per metà tempo -  il giudice, con il consenso della moglie, gli ha permesso di rientrare nella propria casa.

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Venerdì 30 Agosto 2013 18:38

Garanzia di legalità e non propaganda politica

 

Provvedimenti contro i maltrattamenti in famiglia:

Quali garanzie per il cittadino?

 

Il Decreto Legge 14.08.2013 n° 93 inasprisce la repressione penale dei fenomeni di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e di atti persecutori (stalking). Sono previste aggravanti se le violenze avvengono  in presenza di minori e se sono rivolte a donne in stato di gravidanza e quando il delitto vien commesso dal coniuge, anche se divorziato o separato, o dal partner. La querela per il delitto di atti persecutori, che contemplano anche la possibilità dell’arresto obbligatorio, è irrevocabile.

Il decreto prevede, infatti, che in presenza di gravi indizi di violenza sulle persone o di minaccia grave e/o di serio pericolo di reiterazione di tali condotte con gravi rischi per le persone offese, il pubblico ministero – su segnalazione della polizia giudiziaria - può richiedere al giudice di emettere un provvedimento inibitorio urgente, vietando all’indiziato la presenza nella casa familiare e di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa. Il decreto assicura, per i familiari e conviventi oggetto dei maltrattamenti, che le parti ritenute – provvisoriamente – offese siano costantemente informate relativamente ai procedimenti in corso.

In ossequio alla Convenzione di Instambul  non ancora entrata in vigore,  la vittima di questi delitti è ammessa al gratuito patrocinio anche se ha redditi che vanno oltre i limiti previsti abitualmente per l’accesso a questo istituto.

Infine è stato varato un piano straordinario di protezione delle vittime di violenza sessuale e di genere con interventi trasversali per prevenire il fenomeno, per potenziare i centri antiviolenza e i servizi di assistenza e per formare gli operatori.

*

Questo decreto, salutato come il vero rimedio contro la violenza domestica e di genere (contro le donne), così come formulato, sarà destinato a generare ulteriori confusioni sul delicato tema della violenza contro la persona. La violenza contro le donne è sempre esistita, soprattutto dopo la fine del matriarcato, ma per questo non  può essere in nessun meno tollerata e giustificata. Chi commette questi reati deve essere condannato senza nessun sconto. Il problema, però, non si risolve inasprendo solo le pene e dando vita ad una miriade di strutture (osservatori, centri di ascolto e accoglienza, ecc.) costose e di parte – che col tempo si rivelano quasi sempre veri e propri baracconi clientelari - così come è avvenuto per le Pari Opportunità che, in tutt’Italia, hanno finito per discriminare gli uomini e per portare avanti una arcaica politica femminista, danneggiando, di fatto, la stessa donna.

La violenza contro la persona è un fenomeno complesso, difficile da interpretare e da reprimere, che si manifesta con modalità diverse e con sofisticate sfaccettature e che, soprattutto, va ben oltre la pura sfera poliziesca e giudiziaria. E’ una cultura intera che deve cambiare e che deve rimettersi in discussione: una cultura dove anche la donna ha responsabilità non marginali.

La politica – che predilige l’apparire piuttosto che l’essere – deve fare scelte coraggiose di equità sociale, di rispetto della persona, di legalità e non può solo gettare fumo negli occhi dei cittadini con il solo fine di acquisire consensi elettorali e con il tacito e compiaciuto assenso di una certa informazione che punta al solo scoop e al gossip.

Le tragedie umane hanno sempre un retroscena spesso volutamente ignorato o mistificato. Alla radice di certi reati  esiste una rete di concause le cui responsabilità vanno ricercate soprattutto nella società. Certi episodi non si giustificano in nessun modo ma nemmeno si può pensare che gli artefici siano tutte persone fuori di senno o violenti di natura: cose queste che non restano quasi mai celate prima della tragedia. Certe predisposizioni alla violenza esistono fin dall’infanzia ma spesso è la società e il contesto familiare in cui il futuro reo cresce ad alimentarle ed ampliarle. La stessa donna, talvolta, vuole convivere col proprio carnefice e ciò è sintomo che in lei esistono reali difficoltà psicologiche. Tutte le istituzioni pubbliche e private, dinnanzi a fatti inaccettabili, non possono trincerarsi dietro al non sapevo, non vedevo, non pensavo.

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C’è da sperare che il Parlamento modifichi profondamente questo decreto legge nella parte in cui le accuse di violenza familiare e di genere non sono verificate dall’autorità giudiziaria poichè è indispensabile che sia garantito a tutti il diritto al contradditorio e alla certezza della difesa, prevedendo pesanti sanzioni e risarcimenti per chi dichiara il falso. In ogni caso, è indispensabile la verifica delle accuse e non si può punire sulle illazioni. Prevenire non vuol dire togliere arbitrariamente la libertà, soprattutto in uno Stato dove i giudici non hanno responsabilità civile e dove è quasi impossibile richiamare alle proprie responsabilità civili e penali alcuni membri delle forze dell’ordine che abusano del loro potere.

Le valutazioni che seguono si riferiscono alle lacune che si riscontrano nel decreto; non vogliono giustificare in alcun modo la violenza fisica, psicologica e sessuale, ma nemmeno vogliono che si usino due pesi e due misure nell’amministrazione della giustizia.

La certezza della colpa è alla base di qualsivoglia condanna preventiva e di qualsiasi provvedimento di restrizione della libertà. Preoccupazioni queste che non sembrano essere presenti  nel decreto governativo. In questo marasma politico era importante cavalcare temi cari ad una sinistra e ad una destra “forcaioli” e non tanto quello di tutelare la persona, indipendentemente dal sesso e dalla sua collocazione sociale.

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La donna viene trattata come oggetto e non come soggetto

 

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Mercoledì 28 Agosto 2013 16:00

Cosa pretendere da un legale


Caro avvocato, quanto costi?

 

Sono un genitore che, in dieci anni di procedimenti giudiziari, pensavo di vedere riconosciuto il mio diritto ad essere padre e ad avere una giustizia economica nel mantenimento dei figli. Ho speso inutilmente cifre con quattro zeri tra parcelle ai legali, CTU, consulenze varie proposte dal mio legale e dai servizi sociali. L’alternativa sarebbe stata quella di rinunciare al mio diritto alla paternità. Ho chiesto aiuto ai miei genitori, ai miei fratelli e ai cognati e così ho potuto sostenere queste spese poiché il mio stipendio, seppure fosse un buon stipendio, era insufficiente.

In tutti questi anni  ho cambiato tre legali (due matrimonialiste e un giovane professionista) senza vedere riconosciuti i miei diritti di genitore che chiedeva solo di poter fare il padre e stare con i propri figli. A ciascun legale ho sempre chiesto un preventivo di spesa per il procedimento, ma la risposta è stata sempre la stessa: “se lei ha fiducia in me non c’è bisogno di un preventivo. Non posso prevedere l’evoluzione della causa, la sua durata e gli atti da fare e non posso prevederne i costi. Comunque le verrò incontro e mi pagherà mensilmente con piccole rate. Non sono un cane e le darò una mano sui costi”. Per non urtare l’avvocato, trovandoti in una situazione difficile,  accetti tutto e non pensi alle somme che poi pretendono da te.

Puntualmente la mano mi è stata data ma per chiedere esose parcelle. Un legale mi ha perfino minacciato di farmi il pignoramento dello stipendio se non pagavo subito per un procedimento puntualmente perso, il quale, in caso di inadempienza, sarebbe stato aggravato anche delle ulteriori spese accessorie.

I figli, crescendo e valutando il comportamento materno, un bel giorno si sono presentati a casa mia per stare definitivamente  con me. Ciò ha comportato un nuovo procedimento poiché la madre non voleva rinunciare a ottocento euro al mese di mantenimento e non voleva mantenere i figli che non vivevano più con lei,  non voleva restituirmi la mia casa dove felicemente viveva con il suo amante. Il tribunale non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà dei miei figli ed ha stabilito un assegno di mantenimento a carico della madre di euro seicento al mese, oltre alle spese straordinarie al 50%. Preciso che la mia ex-moglie guadagnava, allora, sui tremila euro al mese; ha due appartamenti di sua proprietà, mentre io avevo solo un appartamento dove stava lei con i figli e l’amante e percepivo uno stipendio da statale di 1.600 euro al mese. Giustizia avrebbe voluto che lei mi versasse come assegno di mantenimento per i figli lo stesso importo mensile che io le versavo, pur avendo redditi che erano il doppio dei miei.

I figli hanno riacquistato quella loro serenità che nemmeno i servizi sociali avevano preso in considerazione e questo è quello che conta per me.

In questo ultimo anno ho incontrato tanti padri separati e sono venuto a conoscenza delle loro dolorose vicende familiari che sono, però, tanto simili fra loro. Ho deciso di fare una riflessione sui costi dei legali, sul fiorente mercato delle separazioni, sull’inutilità dei servizi sociali, sul business sull’evasione fiscale e sull’impossibilità per tanti genitori a far valere i propri diritti perché i legali costano tantissimo e perché le istituzioni sono latitanti su queste problematiche.

Prendo in esame solo l’aspetto legale e tengo a precisare che non tutti i legali si comportano allo stesso modo, ma la maggioranza di loro, in barba alla deontologia professionale, hanno un atteggiamento arrogante e vessatorio nei confronti del cliente separato o separando, sia esso uomo che donna, e al mal capitato cittadino non resta che organizzarsi affinché la giustizia sia un diritto per tutti ed affinché finiscano certe baronie professionali. Questo è il senso della riflessione-denuncia che segue. Per la professione che svolgo mi è stato possibile informarmi su quanto scrivo e  documentarmi sulle leggi e sulla giurisprudenza vigente. Allego alcuni documenti e fac-simili che potrebbero risultare utili a chi si trova in difficoltà.

 

a. Obbligatorio il preventivo dei costi del procedimento giudiziario

Vi sono dunque tre sistemi di tariffazione: a) a percentuale sull'esito della causa (patto di quota lite);  b) a forfait (sia come somma unica ma anche come somma annuale);  c) secondo la tariffa forense. In assenza di specifico accordo scritto, nonostante le disposizioni di legge, si continuano ad applicare le tariffe forensi che prevedevano un minimo ed un massimo per ogni attività professionale resa dall'avvocato, a seconda delle circostanze del caso concreto (difficoltà, impegno richiesto, importanza, condizioni patrimoniali dell'assistito, ecc.). Il tribunale, se chiamato a liquidare la vertenza, fa riferimento a tariffe nazionali stabilite per legge.

Le parcelle variano da legale a legale e sono pochissimi sono i professionisti che propongono al cliente un preventivo di spesa per ogni singolo procedimento giudiziario, che sia equo, trasparente e rispettoso di tutti i diritti del cliente stesso, compreso quello del recesso senza penale.

Il preventivo dei costi – a seguito del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività" - è obbligatorio a partire dal 25.1.2012 per tutti coloro che esercitano una professione regolamentata, i quali prima di ricevere l’incarico devono comunicare al cliente tutte le informazioni che riguardano i costi a vario titolo collegati alle singole attività professionali che prevedono di dover svolgere per adempiere l'incarico ricevuto (onorario, bolli, diritti, ecc., viaggi, vitto, alloggio) (vedi allegato)

Il preventivo verrà rilasciato in forma scritta solo se richiesto dal cliente. I professionisti dovranno comunicare ai clienti anche i dati della loro assicurazione per danni derivanti da attività professionale, se esistente. Chi non rispetterà tale obbligo, incorrerà in sanzioni disciplinari.

Le proposte di contratto - quasi tutte - contengono clausole capestro per il cliente e senza le dovute precisazioni scritte – come nel fac-simile allegato - non deve essere sottoscritto.  Vediamone alcune:

1. Il contratto di incarico deve

a. contenere dettagliatamente tutte le possibili attività da svolgere e i relativi costi, come pure le possibili spese vive

b. prevedere solo i costi dei singoli interventi (listino prezzi) e solo alla fine verrà compilata, in base alle voci del contratto, la parcella del professionista

c. deve risultare chiaramente chi seguirà in prima persona il procedimento

Il cliente non sa, di fatto, quale professionista seguirà il suo procedimento giudiziario poiché il contratto proposto dal legale prevede che “il professionista potrà delegare lo svolgimento della prestazione a terzi collaboratori o sostituti, sotto la sua responsabilità”. Quindi ogni udienza può essere seguita da un legale diverso, il quale, come sovente avviene anche oggi,  non sa quasi nulla del procedimento  e spesso viene solo informato verbalmente il giorno prima o la mattina stessa dell’udienza. Le sostituzioni vengono fatte, quasi sempre, perché il titolare del procedimento è impegnato, in quel giorno, in altri procedimenti da lui ritenuti più importanti.

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